"Piacere, sono Giuseppe", "Io Stefano, ciao...m'era parso di vedere un lumino tra le foglie". Sorride. "No, no Ste, ho acceso una sigaretta. Ne porgo il pacchetto mentre sto per smorzare la mia.
Do' fastidio qui ?" "No ma tiriamo verso l'alto che siamo un po' stretti". Prosegue il giovane.
Più sopra qualcuno cerca l'affilo per la posta. La sagoma, appena percepita, offre a stento un contorno al primo chiarore. Sta lì, dinoccolata, mortificata in tanto sinistro silenzio. Stamattina, però, le fate non voleranno verso i loro manieri.
Poca pioggia tinge la terra sgrondata di grigio, di poche ghiande appese, di foglie sempre più del tono della paglia.
Piove da tanti giorni in tanta parte di giorno e tra i "calchi" di passi delle settimane scorse s'acciottola liquido; di pioggia, d'umore d'erbe, di chiocciole senza dimore, raspate e unghiate d'irsuti. Una spoglia di questi olezza, fetida e macabra, bordo macchia e il groviglio di minugia e visceri, così sparsi, rende vana la gloria e la fierezza di chi l'aveva.
Una sboccata di fumo "s'avvolge" verso nord. E' ora ! Credo. Nel pensarlo traluce il primo volo. Sulle sue piume il fardello della notte e il rumore di nessun suono.
Uno, due, poi ancora. E ancora ! Ma i doni meravigliosi non hanno a durar troppo. I miei, oggi, appesi sul tronco d'olivo, paion in un dipinto del Quadrone.
Tra barbule, vessilli e penne non portan neppure il peso d'una goccia di sangue.