“Ti rcordi Elena?” La voce di Marco era appena udibile pr via della pioggia che scrosciava sul tetto del capanno. Era ancora quasi buio, l’ora che porta ricordi di altri tempi, di gente e giorni ormai svaniti nelle nebbie del passato. Gli stampi ballonzolavano sulle acque increspate della laguna, ma soltanto alcuni gabbiani si intravedevano appena mentre sfioravano l’acqua grigia sotto un cielo plumbeo, lamentandosi come anime dannate.

“Come no?” risose Giorgio. “Mi ricordo la prima volta che la portasti a casa mia. Era il mio diciottesimo compleanno. Mi venne un’invidia tale a vederti con lei. Sembrava una supermodella.”

“Eh, si’. E tu non eri l’unico ad invidiarmi… L’ho rivsta l’altro ieri, sai?”

“Ma no, dai! Dove?

“A casa di suo fratello. Ero andato a Genova per l’inaugurazione di una mia mostra. Antonio lesse sul giornale che sarei stato presente, e venne al ricevimento. Siamo sempre rimasti amici , anche se non ci sentiamo o scriviamo quasi mai. Mi invito’ a cena a casa sua, e mi disse che anche Elena sarebbe venuta, con suo marito.”

“Vittorio, no?”

“Si’, Vittorio… il Vittorioso.”

“Certo che non fu un momento piacevole.”

“Si’, pensavo che non mi sarei mai ripreso dalla batosta.”

“Ma tua moglie sa niente di Elena?”

“Si’, lo sa. Ma non e’ che ne parliamo mai. Non credo che sappia quanto Elena sia stata importante , o forse ha sempre pensato che se non se ne fosse parlato mai io me ne sarei prima o poi dimenticato. Maria non l’ha mai incontrata, e io ho bruciato tutte le fotografie. Non s’e’ mai resa conto–o almeno ha sempre fatto finta di non rendersi conto–che la donna che appare in tanti dei miei dipinti e’ Elena. Elena di tanti anni fa.”

Scout, seduta sulla panca fra Marco e Giorgio, uggiolo’. Sei o sette folaghe ammararono goffamente vicino agli stampi, strombettando. Ma i due cacciatori le guardarono appena.

“Dai, Marco, che i tempi belli sono venuti dopo Elena.”

“Non lo nego, Giorgio. Io amo Maria. L’ho sempre amata, anche se non quanto avrei dovuto o potuto. Mi ha dato due figlie meravigliose. Ma Elena era molto di piu’ del primo vero amore. Elena era la gioventu’ che se ne e’ andata. Era sempre stata per me come il simbolo delle speranze, dei sogni, delle illusioni di una volta…”

“Zitto, Marco. Uccelli bianchi. Verso la foce,” lo interruppe bruscamente Giorgio. Una punta di uccelli grossi, germani o fischioni, filava veloce a pelo d’acqua, dirigendosi verso gli stampi. Uccelli nuovi, creduloni. Erano fischioni. Girarono sugli stampi una volta sola, per ammarare controvento. Appena abbassarono le zampe Marco e Giorgio si alzarono in piedi. Una scarica breve, serrata, ne abbatte’ quattro. Un altro allungo’, ma cadde in acqua appena fuori tiro. I due uccelli superstiti guadagnarono quota disperatamente e quasi immediatamente sparirono alla vista nella bruma. Le folaghe corsero freneticamente sull’acqua e spiccarono il volo altrettanto goffamente di come erano ammarate.
Scout si tuffo’ in acqua e ignorando gli uccelli che galleggiavano inerti si diresse velocemente verso il fischione ferito.. Lo riporto’ ancora vivo e Marco dovette finirlo–un dovere che trovava sempre spiacevole. Poi, uno alla volta, Scout riporto’ gli altri uccelli, si sgrullo’ ben fuori dal capanno e ritorno’ a sedersi fra i due cacciatori.

Marco tacque per parecchio tempo, forse rivivendo nella sua mente le immagini recenti dei fischioni che si abbassavano sugli stampi e che capitombolavano in acqua e dei riporti impeccabili della vecchia Scout–o forse ritornando ad immagini di tanto tempo fa.
“I tempi belli,” Marco finalmente riprese a parlare mentre Giorgio sorseggiava una tazza di caffe’, “sono quelli che ancora non sono nati.”

“Che vuoi dire?”

“Voglio dire che i tempi belli arrivano quando ripulisci il ripostiglio della roba vecchia e fai spazio per quella nuova. Se non fai cosi’, quando arriva non te ne accorgi , e la lasci fuori, e viene sprecata.”

“Non ti capisco, Marco. Non fare troppo il profondo con me. Sono un misero insegnante di matematica. Numeri. Radici quadrate. Fatti. Roba solida, roba reale. Mica le seghe mentali che voi artisti vi fate ogni momento!”

Marco sorrise. “Lo so che tu sei un testone ignorante. Lasciami spiegare meglio cosi’ forse capirai anche tu. In tutti questi anni che sono passati da quando Elena mi lascio’ per mettersi con Vittorio io non ho fatto che pensare a come sarebbe stata la mia vita con Elena. Me la sognavo spesso, e ogni volta che pensavo a lei mi veniva in mente la canzone di Battisti: ‘Mi ritorni in mente, bella come sei, forse ancor di piu’…” e mi veniva il magone, e lasciavo che il ricordo di Elena rubasse a Maria cio’ a cui aveva pieno diritto, tutto il mio amore, tutta la mia fedelta’. Lo sai che a una donna che ti ama veramente, senza limiti, senza condizioni, le corna le puoi fare anche con un ricordo? Lo sai che quando pensi a come sarebbe potuta essere la tua vita con una donna del passato tu neghi parte del tuo amore anche a cio’ che ti ha dato la donna del presente? E’ come se mettendo su un piatto della bilancia un fantasma e sull’altro tua moglie e due figlie, il fantasma avesse piu’ peso. Soltanto adesso, dopo aver rivisto Elena, mi sono reso conto di quanto pesino poco i fantasmi. Ma aspetta un momento. La seconda puntata di questa telenovela verra’ trasmessa dopo una breve interruzione dovuta ad un germano che ne’ tu’ ne’ io, ne’ Scout avevamo visto.”

Il germano, arrivato forse a nuoto, era al lato estremo degli stampi, e si era gia’ addormentato col capino sotto l’ala, assicurato dalla presenza tranquilla dei suoi fratelli di plastica dipinta. Marco e Giorgio si alzaron in piedi, e Giorgio busso’ forte sulla parete del capanno per svegliare l’uccello addormentato. Destato dal rumore, il germano si guardo’ intorno, confuso, indeciso. “Scio’! Vola! Va’ via!” gli gridarono i due cacciatori, ma l’uccello, sebbene nuotasse nervosamente in circolo non si decideva a partire. Poi, improvvisamente, spicco’ dritto in aria in una cascata di goccioline d’acqua, prendendo poi il vento di coda , e allontanandosi a razzo. Sei spari furiosi riempirono la valle di tuoni profondi, ma il germano prosegui’ illeso, sparendo rapidamente alla vista. I due amici si guardarono in faccia e scoppiarono a ridere. Scout invece era visibilmente delusa non riuscendo a capire come tante schioppettate non avessero lasciato in acqua qualcosa da ghermire e riportare orgogliosamente al padrone.

“Allora? Questa seconda puntata?”

“Molto meno interessante della prima, ti assicuro. Quando arrivai a casa di Antonio non ti nascondo che ero veramente preoccupato. Avevo paura che Elena mi guardasse e si accorgesse subito dei miei capelli grigi, della mia pancetta da sedentario, delle mie rughe. Chissa’, forse nel retrobottega della mia mente ancora c’era una vecchia scatola di speranza, non so. So che quando Gabriella, la moglie di Antonio, apri’ la porta per lasciarmi entrare il cuore mi palpitava come al primo appuntamento con Elena. Poi quando entrai in salotto, dove c’erano gia’ parecchi invitati, una donna sconosciuta mi venne incontro, mi sorrise e mi abbraccio’. Era molto grassa, aveva un paio di occhiali dalle lenti spesse , e soltanto quando ne sentii la voce mi resi conto che si trattava di Elena. Una vera delusioe, credimi.”

“Be’ il tempo e’ passato anche per te, per me… e anche per Maria, permettimi di dirlo. Non siamo piu’ giovincelli, no?”

“No, guarda che mi fraintendi. Non e’ il fatto che fosse grassa. Certo che non mi aspettavo che Elena sembrasse ancora una supermodella, dopo tanti anni. Cio’ che non mi aspettavo proprio e’ che non l’avrei riconosciuta immediatamente. Te ne rendi conto? Questa era la donna il cui ricordo aveva derubato di cosi’ tanto me e Maria e le mie figlie, e se ci fossimo incontrati per caso, per strada, senza parlarci, io di certo non l’avrei riconosciuta e forse lei stessa non avrebbe riconosciuto me. E poi non e’ tutto. Quando ci sedemmo a tavola mi resi conto, forse per la prima volta, di quanto Elena sia superficiale, quasi volgare. Non parlava che di sciocchezze inutili, punteggiando le sue parole con una risatina isterica, stridula, che forse avevo dimenticato di proposito ma che adesso mi ritornava in mente… brutta ancor di piu’. La sua bellezza fisica mi aveva accecato al punto di non lasciarmi vedere le cose essenziali. Se Maria dovesse perdere denti e capelli e pesare due quintali, sarebbe sempre Maria, capace di parlare di musica e letteratura, arte e politica. Io l’amerei lo stesso, lo so. E lei mi amerebbe lo stesso se io fossi un rottame inutile a tutti gli altri.
Adesso capisci? Capisci perche’ ho detto che i tempi belli sono quelli che non sono ancora nati? La roba vecchia finalmente e’ stata tirata fuori dal ripostiglio e gettata via, e adesso c’e’ molto piu’ spazio per cio’ che avrei dovuto conservare da quando ho incontrato Maria. Sono ancora in tempo, grazie a Dio. Anna e Giulia verranno a passare le vacanze di Natale con noi. Sara’ un Natale perfetto. Poi dopo Capodanno Maria ed io andremo a farci un paio di settimane di vacanza in Messico, al caldo e al sole. Come una nuova luna di miele. Veramente nuova.”

La pioggia era cessata, ed il sole si affacciava fra le nuvole, lacerandole con un ventaglio di raggi e dipingendo la laguna, il falasco, e tutto cio’ che toccava, di colori caldi e brillanti. Marco tacque a lungo, godendosi con i suoi occhi d’artista e con il suo cuore di cacciatore cio’ che la natura gli offriva, “Giorgio,” disse finalmente al suo amico, “che ne dici, smontiamo? Cinque fischioni sono un bel carniere, ed e’ tanto che non si vede una penna. E poi non vedo l’ora di tornare a casa.”

(Nota: anche questo racconto fa parte della collezione “I Racconti dall’Osteria,” come “La Migliore Medicina”)

 

 

 

Autore del racconto
Giovanni Tallino

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