Nulla di nuove ....1 frullata e una canterina . Visti i primi gruccioni e da terra partite due Tortorelle d'Africa stupende ....forse arrivate stanotte visto che sono partite da terra quando ero a un paio di metri da loro .....
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Riccardo, non credo affatto che il "grosso" sia passato, anzi ! Nel Lazio le date cruciali sono sempre state le prime due decadi di maggio.
Dico, a scanso di equivoci, che non ho mai praticato cacce primaverili (ovviamente, per requisiti anagrafici) né sono stato mai sulla costa ad osservare le giornate di passo. Ho, tuttavia, letto molto a tale proposito poiché molti autori di cose venatorie dell'ambiente romano hanno scritto pagine "storiche" sui loro testi in merito al passo delle quaglie e sulla loro caccia attiva.
Ho i libri del marchese Franco Sacchetti ( Ricordi di caccia ), Tito Pagliari ( Vecchi cacciatori ), Nino Cantalamessa ( Cacciatori si diventa ), Pietro Chilanti ( Un fucile e una capanna ), Alberto Noghera ( Dal mio diario di caccia ) e , non ultimo, il testo di Giacomo Cretti ( Emozioni di caccia ) che, oltre a dare indicazioni su questa che era una vera caccia romana, molto sentita, ha fatto un "summa" di tutti i volumi descritti prima. Anche il libro scientifico "Migratori Alati" di Mario Rotondi raccoglie i suoi studi di oltre un ventennio di catture del selvatico in oggetto nell'osservatorio naturalistico di Pratica di Mare (anni 50 e 60 del vecchio secolo).
Libri speciali che, ovviamente, hanno il sapore di cacce "antiche" ma che al lettore di oggi non possono non trasmettere un fascino incondizionato né non far desiderare di poter esserci stato.
Le riserve dei nobili aprivano a questa caccia al 20/25 aprile per chiudere alla fine di maggio. Le forme di caccia esercitate dai nembrotti si distinguevano in quelladi attesa : gli "stampini" si appostavano sull'arenile a pochi metri dalla battigia nascosti dietro un piccolo riparo; o con il cane nei campi coltivati retrodunali e comunque entro due chilometri dalla riva del mare. Sogno di ogni cacciatore romano era quello di fare lo "sballo" ossia di raggiungere il carniere di almeno cento quaglie nell'ambito della giornata di caccia
Ogni autore ha descritto l'enorme fermento dei cacciatori dell'epoca, in quelle settimane, nel darsi da fare per l'esercizio di quella tradizione.
Automobili, poche, carretti (dei lattaroli), carrozze, cavalli e i treni erano i mezzi utilizzati per raggiungere le spiagge da Roma e dintorni.
Il telegrafo, negli anni 30 e 40, permetteva di far giungere notizie alla casa reale dove ogni mattina veniva stilato un "bollettino" sullo stato di migrazione delle quaglie; negli anni 50 tutto veniva, invece, riportato da una radio regionale ed infine, un numero telefonico a tre cifre, diramava quotidianamente la situazione del passo: " Civitavecchia assenti, Ostia qualcuna abbondante , Nettuno buon volo, e così a seguire."
Giornate ideali tra gli ultimi di aprile fino almeno al venti maggio; vento gradito, per "l'atterraggio" delle piccole coturne sulle spiagge laziali, il levante ( da qui il proverbio: levante quaglie tante, ponente quaglie niente ).
Scusate per la piccola digressione rispetto al tema centrale che è il passo al giorno d'oggi e le poche possibilità che ancora abbiamo (solo osservandolo) di incontrare questo selvatico ma resta pur sempre essenziale fare qualche percorso a ritroso al fine di dare qualche altro contributo anche alle attuali "esigenze" che sono quelle di creare qualche opportunità in più per i nostri cani.
Auguro a tutti un buon fine settimana.
Io, sia per il tempo a disposizione e la fobia dei forasacchi,sono uscito solo una volta. Aspetto agosto.