Oggi ci ritroviam a dover raccogliere ali per poter sperare di cacciare ancora un selvatico che ha fatto la storia del migratorista e a incappare forse in un blackout che magari spegnerebbe anche i social per una volta e ritrovarci intorno ad una luce fioca...ma chi raccontera' cosa...... mah [14]?!?
Un saluto.
Mah, penso che come vanno le cose, uno dei racconti avvincenti potrebbe essere uno cosi':
Erano gia' le 10 di sera di un Venerdi' che era stato spossante, in ufficio. Neanche avevo caricato la sveglia perche' volevo dormire fino al mezzogiorno del Sabato. Avevo gia' spento la luce sul comodino, detto buonanotte a mia moglie, che stava leggendo un libro sulla sua tablet, quando il telefono squillo'. Era Arturo, il mio amico contadino che aveva un vasto podere in Sabina. "Peppi', che stevi a dormi'?" "No, non ti preoccupare, ero ancora sveglio." "Ah meno male... Domani che voi fa'? Ce voi i' a caccia? Oggi pomeriggio ne so' vista una ne lu maggese, de dietro a l'ulivetu. Era puro bella grossa. Che fai, venghi?"
Come potevo resistere alla tentazione? "D'accordo, Artu'. Ci vediamo alle sette davanti al casolare tuo."
Ormai ero bell'e sveglio. Mi alzai, e preparai vestiti, scarponi, schioppo e cartuccera. Tornato a letto non riuscii a chiudere un occhio tutta la notte. Ero troppo emozionato, immaginando una bellissima azione di caccia la mattina seguente. Erano ancora le cinque quando misi Fido in auto. La testa mi girava un po' per il sonno e la stanchezza. M'ero bevuto un'intera caffettiera da 12 di espresso ed avevo gia' fumato una decina di sigarette. Aprii la porta del garage ed uscii nel buio di una notte nuvolosa. Arrivai al casolare di Arturo con un'ora di anticipo. Un colpetto di claxon e cinque minuti dopo scese di casa. "Ammazza che si' venutu prestu!" esclamo' con la bocca impastata di sonno. "Mejo si venghi drentu a ffa' culazzione, che si vai mo' te la fai scappa' ch'e' ancora buio e nun la vedi!" Accettai perche' non avevo scelta. non c'era ancora neanche un po' di chiarore ad est. La Sora Emilia, gia' in piedi da tanto per impastare il pane, mi fece una frittata con cipolla e salsiccia, cotta nell'olio buono del loro uliveto. La trangugiai di fretta, con gli occhi fissi alla finestra per indovinare il primo chiarore. Finalmente cominciava a far luce. Ringraziai la Sora Emilia e uscii nell'aia. Arturo stava dando il becchime ai polli. "Vieni anche tu, Artu'?" gli chiesi sperando che dicesse di no. Se ce ne era una sola la volevo tutta per me, inquadrata nel mirino del mio automatico magnum e stroncata con una magistrale schioppettata, cosa da ricordi indelebili. "No, Peppi', tengo tantu da fa', e poi gia ce n'ho due ner surgelatore. vacce da solo e divertite." Non me lo feci dire due volte. Feci uscire Fido dalla macchina, aspettai che facesse i bisogni e si sbizzarrisse a correre sull'aia, inseguendo le galline e le oche. Poi tirai fuori il fucile dalla custodia, lo caricai con tre belle cartucce nuove fiammanti, e mi avviai verso il maggese attraverso l'uliveto. Arrivato ai margini del maggese sussurrai a Fido, "Cerca!" e lui comincio' a incrociare fra le zolle a testa alta, da campione. Ma per quanto incrociasse non riusciva a trovare l'usta della preda. Passammo un'ora cosi', un'ora infruttuosa quanto faticosa. Camminare in un maggese non e' mai una passeggiata... Poi finalmente Fido si irrigidi' ai margini del campo, al confine con un medicaio. Ventre a terra striscio' come un serpente, lento, inesorabile. Io lo seguivo pochi passi indietro. Si immobilizzo' in una ferma scultorea. Io gli andai avanti col cuore in gola e... mi schizzo' letteralmente da sotto i piedi.Tirai la prima cartuccia troppo presto, preso dalla paura di vederla andar via. Fece uno scarto che mi rubo' anche la seconda schioppettata, anche questa a vuoto. Ma la terza, ah, quella terza benedetta da Diana! la prese in pieno, rovesciandola. Fido me la porto' impeccabilmente, con uno sguardo che sembrava dicesse, "Bravo, padrone mio! Sei quasi bravo quanto me!" La presi dalla sua bocca e la soppesai, lisciandola. Richiamato dagli spari Arturo arrivo' sul suo scorreggiante quad, lasciandosi dietro una nuvola di polvere. Salto' giu' dal quad ed io gli porsi la mia preda per fargliela ammirare. "Che bella!" esclamo' . "Te l'eru dittu che era puro grossa. Se vede che era da mo' che magnava bene ne li campi mii. Magari ce ne fussero tante cosi'. Peccatu che manco de quelle piccole nun se ne vedenu piu'. Ce n'erano sortantu tre, e l'antre due le so' pijate io."
Tornai a casa ridendo e cantando in macchina come un ****. La stanchezza e il sonno erano spariti, spazzati via dalla gioia della preda inconsueta. Misi la macchina nel garage, Fido nel canile, e corsi su per le scale. "Maria! Mariaaa! Vieni a vedere che bell'allodola ho incarnierato!"