Con riferimento al discorso di Alessio, non posso che esser d'accordo quasi su tutto. Un altro elemento fondamentale da analizzare rimane però - secondo me - l'aspetto "qualitativo" di ogni uscita a caccia, vale a dire ciò che un individuo si aspetta da una giornata schioppo in mano e tascapane a tracolla. Sarebbe triste infatti, oggigiorno, limitare il tutto ad un discorso di quantità. Se uno cerca soltanto quello, basta qualche migliaio di euro e c'è solo l'imbarazzo della scelta, dalla Crimea alla Spagna, alla Tunisia, insomma tutti i luoghi ove son possibili carnieri incredibili nella più totale legittimità. Ma a me piace pensare che anche per gli amici esterofili, val più un mazzetto di tordi conseguito sulle colline di casa che una balla di essi catturati con seicento schioppettate in una cornice naturale aliena, con l'adulatoria complicità di accompagnatori condiscendenti.
No, io invece credo che la maggior parte dei cacciatori, quelli veri, privilegi piuttosto il "come" è stato ottenuto un carniere. Vogliamo paragonare un mazzetto di dieci tordi o colombacci o cesene conseguiti dopo averne scoperto le pasture, frutto di ore e ore di osservazione "disarmata" con tutti i climi ... con lo stesso numero di capi abbattuti dietro "delazione" magari interessata dell'"amico" che non ti vuole tra le palle in altre zone, dove magari gli "appesti" la macchia con il tuo passaggio, selva che deve tener vergine per pasturare la scrofata di suidi individuata quattro giorni prima?
Sì, certo, il carniere è oggettivamente e parimenti pingue , ma poi, a sera, pulendo il fucile, ripensandoci, percepisci che una certa qual differenza esiste, fra le due modalità. O no?
Ancora, volendo parlare di caccia con il cane, si può forse paragonare la soddisfazione di aver incarnierato due vecchi fagiani maschi col tuo cucciolone, dopo ore di marcia in solitaria nella calura di fine settembre, con un più numeroso e appariscente carniere, ottenuto magari dopo che un amico ortolano prega i suoi tre amici al bar di far fuori quella brigata di gallinotti che gli rovina, becchettandoli, i pomodori, situati in un campo a duecento metri da una strada statale? E potrei continuare fino a domattina, ma il concetto rimarrebbe lo stesso: il piacere di tradurre una giornata libera, a caccia, in un condensato di emozioni frutto di esperienza, caparbietà, osservazione e sagacia. Per far sì che il sorriso che ti si leggerà in faccia la sera derivi non dal "quanto", ma dal "come".
N.B.: Toglietevi dalla mente che io sia uno dei predicatori del motto ormai troppo di moda "cacciare molto, uccidere poco". Anzi. Se c'è da darsi da fare, nella giornata giusta, sono il primo a far arroventare le canne del mio schioppaccio, fino al raggiungimento della quota di legge.
Ma lo devo fare come "soggetto attivo", mai come "speculatore passivo".
Almeno questo è il mio personalissimo, opinabilissimo, pensiero.
Un saluto a tutti ed un flacone di collirio omaggio a chi ha avuto il coraggio di bruciare occhi e pazienza per seguirmi fin qui. [35]