arsvenandi

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Per tutti noi...

"Discorso di Pericle agli ateniesi nel 461 sulla Democrazia, tratto da La guerra del Peloponneso di Tucidide :

”Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ora mi chiedo dove stiamo andando? "
 
Re: Un esempio dal passato

Caro Martino......innanzitutto grazie per averci rinfrescato co' il discorso di Pericle, quelli che erano e sono i presupposti di una democrazia!Certo il momento storico/politico che stiamo vivendo non aiuta a fare considerazioni su quelle che tu hai giustamente postato, come i fondamenti d'una democrazia degna di tale nome!Per cui il famoso motto del Buon Marchese,certamente riferito ad alcuni personaggi che animano il nostro parlamento,ci sta' sicuramente......ma il discorso e' sempre quello ogni popolo ha il governo che si merita!Evidentemente noi meritiamo questo e loro non sanno neppure dove stanno di casa i principi che animano una democrazia,ne tantomeno hanno un limite al loro malgoverno!Quindi per concludere,il tuo post m'ha ancor piu' evidenziato quanto sia grande il divario tra l'esigenze di questo nostro paese e l'ormai intollerabile e incredibile finta miopia di questa classe politico/dirigente che ci sta affossando(parlo del governo come dell'opposizione:per me pari sono!)!Un saluto.

P.s.Per approfondimenti sul dibattito e discussioni su idee per un rinnovamento politico rispondo in M:p.!!!Non vorrei essere indagato dalla digos :D :D :D !
 
Re: Un esempio dal passato

Il discorso di Pericle non va letto solo sotto l'aspetto politico ma anche sociale in tutte le sue manifestazioni, se avessi voluto stimolare una discussione politica l'avrei postato nella stanza apposita, non vi pare? :wink:
 
Re: Un esempio dal passato

Questo discorso fece scandalo e, se ricordo bene, fu censurato. Quando? Qualche anno fa, nell'era delle televisioni berlusconiane. L'Italia di oggi è figlia della battuta "io so' io, e voi nun siete un ****!" - battuta, fra l'altro, geniale. Tanti, troppi oggi si credono "io" e considerano il prossimo "un ****", nell'illusione che un'auto potente sotto il sedere apra le porte della felicità, che il sopruso sopra le regole sia un diritto.
 
Re: Un esempio dal passato

walker960walker ha scritto:
Appunto....io l'ho capito il tuo discorso,ma ti ripeto:
Qui in Italia Noi facciamo così.
E aggiungo;se ti piace bene,se no sei libero di ..........
Scusa walker960walker, noi chi? IO NO!!
P.S.
leggi la mia firma: etiam si omnes, ego non (Vangelo secondo Matteo). Cerca su internet il significato.
 
Re: Un esempio dal passato

Arsvenandi bellissimo il tuo post. come non ammirare la democrazia ateniese che pur con tutte le sue ipocrisie è stato il primo vero esempio di governo del popolo e probabilmente l'unico visto che la vastita di una nazione non consente una vera democrazia, mentre ad atene TUTTO era controllato dal popolo. Le modalita con cui cio veniva fatto potete tutti leggerle su un libro di storia e vi accorgerete del mirabile sistema che gia 2600 anni fa era stato adottato. vsto che sei appaasionato di classicismo voglio aggiungere un altro discorso, quello di calgaco capo dei caledoni. trovo una certa analogia nella lotta che noi cacciatori dobbiamo portare avanti per essere rispettato. Buona lettura.
.
Tacito Agr. 30-32
Discorso di Calgaco ai Caledoni

Quando considero le cause della guerra e le nostre condizioni, ho grande fiducia che questo giorno per il vostro unanime consenso segnerà per tutta la Britannia l’inizio della libertà. Voi infatti, che siete qui accorsi in massa, non sapete cosa sia la schiavitù; innanzi a voi non vi sono terre che offrano un rifugio sicuro ed anche il mare è sotto la minaccia della flotta romana. Così la guerra e le armi, fonte di gloria per i forti, sono anche la migliore difesa per gli imbelli. Quelli che con varia fortuna combatterono prima di noi contro i Romani potevano sperare nell’aiuto del nostro braccio, perché noi, i più nobili di tutta la Britannia, e perciò situati nelle sue parti più interne, lontani da ogni lido di popoli schiavi, non eravamo neppure contaminati dalla vista della servitù. La lontananza stessa e l’oscurità della nostra fama ci hanno fino ad oggi protetti: ora l’ultima parte della Britannia è scoperta e tutto ciò che non si conosce si ritiene meraviglioso. Ma più in là della nostra terra non vi sono che flutti e scogli e, ancor più pericolosi, i Romani, contro i quali a nulla varrebbero la sottomissione e l’obbedienza. Predatori del mondo, non avendo più terre da devastare, frugano il mare: avidi, se il nemico è ricco, arroganti, se povero, né l’oriente né l’occidente potrebbe saziarli. Furti, assassinii, rapine con falso nome essi chiamano impero e dicono pace, dove fanno il deserto.

(31) I figli e i parenti sono per natura quanto ciascuno ha di più caro: gli uni ci sono strappati con gli arruolamenti per servire altrove; le spose e le sorelle, anche se poterono sottrarsi alla violenza dei nemici, sono oltraggiate sotto la veste dell’amicizia e dell’ospitalità. Gli averi e i beni di fortuna ci sono consumati con i tributi, i raccolti annuali con le contribuzioni di frumento, le forze stesse e le mani ci sono logorate tra percosse e offese nella costruzione di strade attraverso foreste e paludi. Chi nasce schiavo è venduto una sola volta ed è inoltre nutrito dal padrone stesso: la Britannia ogni giorno compra la sua schiavitù, ogni giorno l’alimenta. E come tra gli schiavi di una casa l’ultimo arrivato è schernito anche dai compagni, così noi, disprezzati ed ultimi venuti in questa grande e vecchia famiglia di servi, siamo assaliti per essere sterminati, non avendo campi, miniere, porti, dove essere serbati a lavorare. Fierezza e valore non sono d’altra parte graditi ai padroni e la nostra remota solitudine, quanto più sicuri, tanto più ci rende sospetti. Non potendo dunque sperare di essere risparmiati, fatevi animo, quanti avete cara la vita, come quelli cui sta a cuore la gloria. Poterono i Briganti, guidati da una donna, incendiare la colonia, espugnare un accampamento; e, se l’ebbrezza della vittoria non li aveva infiacchiti, avevano scosso il giogo. Noi, integri di forze e non domati, pronti a combattere per la libertà, non per pentircene, facciamo subito vedere al primo scontro quali uomini abbia tenuto in serbo la Caledonia.

(32) Credete forse che i Romani siano tanto valorosi in guerra quanto sono arroganti in tempo di pace? Essi, facendosi belli a causa delle nostre discordie, volgono gli errori del nemico a gloria del loro esercito, accozzaglia di genti diverse, che i successi mantengono compatto, i rovesci smembreranno. A meno che non pensiate che Galli, Germani e – mi vergogno a dirlo – anche molti Britanni, benché offrano il loro sangue alla dominazione straniera, tuttavia più nemici che servi, siano ad essi legati da vincoli di fedeltà e simpatia. Fragili legami d’amicizia sono la paura e il terrore: non appena li avrete spezzati, chi non avrà più timore comincerà ad odiare. In nostro favore sono tutti gli incitamenti alla vittoria: i Romani non hanno spose che li infiammino alla battaglia, non genitori che, se fuggono, li svergognino; molti di essi non hanno patria oppure la loro patria è un’altra. Pochi di numero, pieni di paura per ignoranza dei luoghi, guardano inquieti questo cielo, il mare, le foreste, tutte cose a loro sconosciute, dagli Dei stessi consegnati nelle vostre mani e quasi incatenati. Né vi spaventi la vista di cose vane, come quel luccichio d’oro e d’argento, che non ferisce né difende. Nell’esercito stesso dei nemici noi troveremo alleati: i Britanni riconosceranno la loro causa, i Galli ricorderanno l’antica libertà, gli altri Germani, come poco fa gli Usipi, li abbandoneranno. Né poi vi sarà altro da temere: fortezza vuote, colonie piene di vecchi, municipi deboli e discordi per la scontentezza dei sudditi e la prepotenza dei governanti. Qui avete un capo e un esercito: là tributi, lavori nelle miniere e tutte le pene dei servi. Da questa battaglia dipende l’eterna schiavitù o la pronta vendetta: scendendo dunque in campo pensate ai vostri antenati e ai vostri posteri.
 

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