Re: Uccelli e gusto: pareri a confronto...
Tratto da Biologia degli Uccelli di Hans Bergmann
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Un breve capitolo sull’olfatto di alcuni uccelli
Gli uccelli danno nell’occhio per le loro voci squillanti, per le loro variopinte colorazioni e per i loro movimenti, e comunicano tra loro soprattutto con mezzi acustici e visivi. Il fatto che molti di essi posseggano un senso olfattivo, con l’aiuto del quale riconoscono il cibo, si orientano nell’ambiente o possono perfino comunicare vicendevolmente, è un aspetto relativamente poco conosciuto, che per lungo tempo è stato perfino contestato dagli scienziati. All’inizio si sapeva solo del kiwi, sul cui lungo becco ricurvo a stecchino le aperture nasali trovavano stranamente posto sulla punta: “... I kiwi sono l’unica specie di uccelli con un dichiarato senso olfattivo...” (Ziswiler, 1976).
I cacciatori comunque lo hanno sempre saputo. Per cacciare le oche, bisogna avvicinarsi sottovento. Se si arriva dal lato sopravvento, gli animali percepiscono il pericolo, anche se non possono vederlo, e fuggono via molto prima che il cacciatore sia giunto alla distanza di tiro: lo hanno fiutato.
Gli uccelli hanno un naso?
Così come gli manca un padiglione auricolare visibile esternamente, gli uccelli non hanno neanche un vero e proprio “naso” sviluppato, paragonabile al nostro. Comunque il loro organo olfattivo interno si collega con l’esterno attraverso le due narici, che sono poste nella parte superiore del becco. Esse sono conformate diversamente nelle diverse specie di uccelli e a volte hanno perfino la possibilità di essere chiuse. Esiste inoltre una larga comunicazione fra la coana e la cavità orale. La cavità olfattiva è costituita su entrambi i lati di un atrio di tre camere, le cui pareti mostrano ispessimenti della superficie di rivestimento.
L’aria che entra nella prima camera attraverso le narici, nella camera centrale viene poi riscaldata ed umidificata in una sorta di padiglione a spirale ed infine è incanalata nella cavità faringea e nella trachea attraverso le coane che si trovano sul pavimento di questa cavità. La cavità olfattiva, la terza camera, è in comunicazione col retro della seconda camera come diverticolo a fondo cieco. L’epitelio olfattivo è su una piega rivolta in avanti in questa camera e a seconda delle specie può essere più o meno esteso.
Questo epitelio olfattivo è una diretta estensione del nervo olfattorio, il primo nervo cerebrale, che è collegato con il bulbo olfattorio dell’encefalo. Anche questa parte dell’encefalo è strutturata diversamente nei diversi uccelli.
Lo si vede chiaramente paragonando il diametro del bulbo olfattorio al diametro dell’encefalo: nel passero domestico si ottiene solo un valore del 5%. Bulbi maggiori si ritrovano già nei gallinacei (14-18%), nei rapaci (14-17%), negli strigiformi (circa il 18%) e nei piccioni (22%). Gli uccelli acquatici raggiungono valori ancora più alti, così per esempio le oche e le anatre fino al 24%, i rallidi fino al 26%, i podicipedi fino al 27% e infine gli albatros e i pelecanidi fino al 37%. A questa serie si deve aggiungere il kiwi col 33% (Bang & Cobb, 1968).
Di fatto, sulla base delle condizioni dell’organo olfattivo, negli uccelli la capacità di percezione olfattoria sembra dover essere molto diffusa. Questa tesi è confermata da esperimenti condotti valutando alterazioni della frequenza cardiaca in rapporto alla percezione di un odore o valutando le capacità di orientamento olfattivo, che sono state esaminate fino ad ora soprattutto nel piccione domestico (Papi, 1976).
La nota del profumo
A causa dell’assenza di ghiandole cutanee, la maggior parte degli uccelli non possiede un proprio odore normalmente percettibile. Esistono naturalmente alcune eccezioni. I podicipedi ed i procellariformi, per esempio, hanno un odore di “muschio” che impregna ogni singola penna e che anche per noi risulta molto forte. Grubb (1974) ha poi dimostrato nell’uccello procellaria codaforcuta delle tempeste (Oceanodroma leucorrhoa), un rappresentante dei procellariformi, un orientamento basato sul proprio odore. Questi uccelli sono in grado di ritrovare la tana coi piccoli anche al buio, seguendo solo le caratteristiche olfattive che ha il loro odore. Questa capacità cessa se agli uccelli si recidono i nervi olfattivi o si tappano le narici.
Le oche odorano il cibo e la tana
Le oche erbivore selezionano il loro cibo. Preferiscono certe erbe e ne rifiutano alcune altre. Se si impregnano alcune erbe del genere Poa, che esse mangiano normalmente volentieri, con odori, per esempio di amarella o di assenzio (Artemisia spec.), accade qualcosa di curioso. Ancor prima di prendere l’erba col becco, prima ancora di averla toccata, scuotono brevemente il capo e si allontanano. Devono aver inalato l’odore e averlo classificato come terribile. Le piante di assenzio vengono risparmiate anche se le oche sono costrette in un recinto. Attraverso alcuni esperimenti sul luogo del cibo condotti per alcuni giorni, Wùrdinger (1979) ha scoperto che la reazione di pulcini di oca selvatica e di oca domestica a diversi odori era diversa. Ciò indica l’esistenza di un potenziale olfattivo molto differenziato. I pulcini di oca mostravano il gesto di rifiuto col capo verso diversi odori già a 11, e al massimo 20, ore dopo essere usciti dall’uovo.
In questo caso non si possono presupporre dei processi di apprendimento, poichè non c’era stata alcuna occasione di precedente esperienza con gli odori. Al contrario, dopo una ripetuta offerta di un odore subentrava un adattamento: se ai pulcini era fatto fiutare un’ aroma di lavanda per 6-7 volte nell’arco di 2 giorni, dopo non ne erano più disturbati.
Un altro esperimento (Wùrdinger, 1982) evidenzia come i pulcini di oca possono mettere in relazione gli aromi con la loro tana preferita. Dei pulcini cresciuti artificialmente furono allevati in scatole rossicce e riscaldate, il cui pavimento era profumato con essenze di assenzio, lavanda, muschio, grasso d’oca
o olio di fegato di pesce. Quando dopo alcuni giorni i pulcini vollero ritrovare la loro tana abituale, trovarono invece due scatole all’apparenza completamente uguali, che però si distinguevano per l’odore, O avevano l’odore a cui erano già abituati, o uno diverso o non ne avevano alcuno. La maggioranza dei pulcini scelse la scatola con l’odore conosciuto. Non si sa se in seguito gli animali da esperimento abbiano usato la conoscenza acquisita dell’odore noto anche nella scelta del cibo.
La situazione che quei pulcini hanno incontrato è del tutto artificiosa. Tuttavia alle loro capacità di differenziazione olfattiva potrebbe corrispondere un significato biologico. Gli stessi esseri umani possono, in certe circostanze, distinguere il diverso odore di una femmina adulta e di un maschio di oca. Meraviglierebbe se i piccoli di oca non potessero riconoscere e distinguere i due genitori, oltre che per le caratteristiche esteriori udibili e visibili anche per il loro diverso odore.
L’odore della femmina come afrodisiaco per l’anatra maschio
Per il momento questo ha ancora poco a che fare con la comunicazione. Però sia nel maschio che nella femmina di germano reale si è riscontrato un odore
proprio differente, che è caratteristico solo della stagione degli amori e del periodo della cova, e che deriva dal secreto dell’uropigio. I giovani maschi possono
addirittura essere allenati ad accoppiarsi preferibilmente con femmine cosparse dell’odore artificiale che nella prima giovinezza avevano conosciuto come “odore
di anatra femmina”. Quando ai giovani maschi nella prima giovinezza vennero recisi i nervi olfattivi, questo non ebbe alcuna futura influenza sul loro comportamento aggressivo, ma si ripercosse drasticamente sul comportamento sessuale. Essi non compirono infatti pressochè nessun tentativo di corteggiamento, e nessuno dei maschi operati fece il benchè minimo tentativo di copulare con una femmina. Quando i maschi di volpoca (Tadorna tadorna) in certe stagioni nuotano dietro alle loro femmine e nel farlo immergono il becco a pelo d’acqua, si può verosimilmente presumere, che essi seguano la scia dell’odore della compagna.