Discussione avviata sul "segna posto" per tortore che però fa esprimere riflessioni. E' selvatico che ha mutato alcuni comportamenti in funzione dei cambiamenti naturali (in gran parte determinati dall'uomo).
Il clima ha fatto subire un lieve aumento generale delle temperature e quindi delle condizioni meteorologiche che, modificate anch'esse, provocano cambiamenti di venti e struttura dei temporali. Quelli di fine estate di tanti anni fa erano precipitazioni che non somigliavano ai monsoni. Oggi grandinate a fine giugno e luglio determinano addirittura consistenti perdite di tortorotti e nidiacei di ogni specie.
Credo che buona parte degli estatini siano un pò in sofferenza; i gruccioni invece nidificano nelle cavità delle pareti mentre i colombacci hanno la loro forza nella colonizzazione di molti territori una volta non frequentati. Il "monsone è molto più attivo nei paesi mediterranei per cui le specie che nidificano più a nord sono almeno parzialmente preservate. Sulla pastura il discorso si fa più complesso. Le aperture, fino a 25 anni fa circa, da noi nel centro sud, si programmavano su stoppie, granturcheti e, addirittura, cardare (piante di cardo). Oggi le stoppie sono spesso "rigirate" ben prima della preapertura e i granturchi disertati in favore del girasole che, come pastura, è pleonastico ricordarlo, fagocitano del tutto l'appetito e il gusto della tortora. Solo chi non si adegua è destinato ad estinguersi. Dove sono più i periodi di una giornata tipica alla tortora ? Spollo, pastura, abbeverata, riposo all'ombra, pastura pomeridiana e rientro serale ? I vecchi testi elencavano tali movimenti fino alla determinazione di orari e fasi solari da suggerire al cacciatore come risolvere il dilemma di una possibile felice apertura. Siamo oggi ben lontani da tutto ciò ; alla "falcidia" delle prime due o tre ore di caccia seguono vuoti mostruosi e arrivi in orari inaspettati. La caccia su una o pochissime specie accentra l'attenzione di tutti.
Chi va più al "beverino" nelle ore centrali della giornata ? E nei pioppeti lungo i corsi d'acqua nel meriggio afoso ? Il rientro è roba per pochi su un selvatico molto nervoso che spesso, nella stessa giornata d'apertura, cambia anche luogo di pernotto. Non da sottovalutare il fatto che spesso intorno alla zona di caccia si trovino ambienti preclusi all'attività venatoria cosicché la tortora che salva le penne dalle fucilate delle prime ore, trovando tranquillità in un posto non frequentato da cacciatori, si risolve in un riposo duraturo che spesso spariglia le successive scorribande sulle ghiotte e insidiose pasture.
A tal guisa, il cacciatore, "incollato" alla propria posta fissa, mal si rende conto della reale consistenza dei selvatici. C'è da aggiungere che molte zone ricche di ambiente e pastura non sono esplorate dal cacciatore che non avrà, quindi, interesse a praticarli per la caccia.
Anche quelle "consistenze" sfuggono quindi ai conteggi sulla quantità.
Si suppone, con un alto grado di certezza, inoltre, che la predazione praticata da una maggiore quantità di corvidi presenti, sulle specie (quindi anche sui nidiacei di tortora) incida ancor più negativamente sulla salvaguardia delle medesime.
Gli studi degli ultimi anni classificano, numericamente, la specie Tortora come sappiamo: spec.3, quindi in generale declino ma, c'è da aggiungere, nel nostro Paese questa tendenza è inversa rispetto alle flessioni subite in Spagna e Portogallo.
La Caccia non è più attività e tradizione da praticarsi sui grandi abbattimenti in termini di carniere.
Immaginiamola come una tavola imbandita dove di ogni cibo occorre solo "assaggiare".
Si avrà il piacere di praticare con parsimonia tanti modi di caccia su tante specie ma indifferibilmente su pochi capi disponibili e ...ben cacciati, aggiungo io.
La tortora è un selvatico che appaga molti desideri del nembrotte. Raccoglie gli ultimi scampoli di tante cacce d'una volta che sull'estate calavano il sipario.
L'uccellinaio porterà nella mente, dopo, sempre, le rughe degli occhi ancor più raggrinzite dal sole che cuoce attese disperate, per pochi colpi, su quelle ali falcate che raccontano cicale, raggi, sudore e Africa.
Vi abbraccio tutti.