In Germania ad esempio è legale commercializzare la selvaggina , hanno i loro regolamenti e non c’è nulla di scandaloso , non mi risulta che abbiano sterminato per questo la selvaggina, piuttosto trovo ipocrita l’atteggiamento di nazioni come l’Italia che ne vieta il commercio ma poi consente l’importazione di selvaggina per uso alimentare dall’ estero .
p.s.: all’epoca di Niccolini & c. si viveva di caccia ancora, loro no visto il lignaggio ma altri ci sbarcavano il lunario.
La differenza fra Germania ed altri paesi senza Art. 842 ed Italia la selvaggina non appartiene allo stato ne' e' res nullius, ma appartiene al proprietario del latifondo sul quale la selvaggina nasce, cresce e muore ed e' vista come una risorsa commerciale che va coltivata con cura, protetta, e poi utilizzata. E' amministrata come un saggio investitore fa con le sue finanze: il capitale non si intacca mai, ed invece si gode e si usa l'interesse che scaturisce dal capitale--nella fattispecie della selvaggina, il sovrappiu'. E per far crescere capitale ed avere abbondante sovrappiu', il proprietario terriero di quei paesi investe in pratiche agriculturali che mantengono l'habitat idoneo a popolazioni ottimali di selvatici. Questo costa, ed e' naturale che il proprietario terriero possa vendere la selvaggina abbattuta sulla sua proprieta'.
In Italia non credo proprio che ci sia una saggia amministrazione delle risorse venatorie, ne' in generale (con eccezioni, naturalmente) dai proprietari di fondi, ne' dallo stato, che sebbene incameri grandi somme di denaro da licenze di caccia costosissime, non credo che faccia molto per ottimizzare le popolazioni di animali cacciabili e non cacciabili. Di parchi, oasi, e terreni proibiti alla caccia ne fa tanti, ma nulla e' fatto per valorizzare per i selvatici tali posti off limits ai cacciatori, ai pescatori, ecc. Un esempio recente e' Orbetello, da cio' che leggo qui, ed un altro posto che a me fu caro, Fogliano. Da quando Fogliano e' diventato parco, l'habitat si e' degradato. Invece quando era riserva (costosissima a divenirne soci), tutto era ben curato per l'ottimizzazione dell'arrivo e permanenza di anatidi e trampolieri.
Per quanto riguarda gli spezzettatissimi terreni privati cacciabili, perche' mai i proprietari dovrebber spendere soldi e fatica per valorizzarli al massimo dal punto di vista venatorio, se poi, grazie all'Art. 842, chiunque puo' andarci a cacciare senza dover pagare una quota o almeno dare al proprietario parte della selvaggina abbattuta da vendere per ammortizzare le spese fatte per favorire la selvaggina. Invece l'agricoltura intensiva e' per loro l'unica fonte di guadagno, e naturalmente tali pratiche agriculurali non solo non aiutano la selvaggina, ma in genere le sono deleterie. Nei terreni pubblici italiani cacciabili (ma non conosco il loro status legale ed amminstrativo e chiedo a voi se sul terreno demaniale si puo' cacciare o no--perche' non lo so affatto) vi risulta che lo stato, o la provincia, o l'entita' amministrativa che lo governa spenda gran parte dei proventi delle licenze, delle accise, ecc. per far si' che la selvaggina prosperi? A voi la risposta.
Ad ogni modo, tutto cio' che credo di sapere su questi aspetti della caccia italiana proviene da cio' che si scrive qui, e cio' che spigolo dai quotidiani italiani. Percio' io stesso ci faccio la tara del 25%. Dove sbaglio, correggetemi pure. Fatte in maniera civile (non col "ma tu kekkazzo ne sai?") le correzioni sono sempre ben viste ed utili.