Questa era una BELLA LEGGE, peccato non è stata approvata, ma trovate a sinistra un qualcosa di così interessante per la caccia e i cacciatori ?
(merita di essere riletta)
Francesco ONNIS (AN), relatore,
La legge-quadro in questione, il cui impianto peraltro si intende preservare e migliorare, non ha saputo conseguire l'obiettivo di fondo che il legislatore si era prefisso: non solo ha scontentato e penalizzato senza ragione il mondo venatorio, ma non ha creato i presupposti per la salvaguardia, la ricostituzione, la diffusione ed il potenziamento del patrimonio faunistico, prezioso bene ambientale che la collettività ha il dovere di tutelare nell'interesse di tutti, e non certo dei soli cacciatori.
La crociata accanita contro il "nomadismo venatorio", la cieca parcellizzazione del territorio agro-silvo-pastorale in ambiti territoriali di dimensioni irrisorie e inadeguate, l'esasperata propensione per l'attuazione del principio del legame tra cacciatore e territorio, pur condivisibile e irrinunciabile, hanno gravemente compromesso la gestione delle ricchezze faunistiche e l'esercizio possibile e compatibile dell'attività venatoria e del relativo prelievo.
I tempi ingiustificatamente ridotti di tale prelievo, con la chiusura dell'annata venatoria il 31 gennaio mentre la fauna selvatica è presente, specie nell'Italia centrale e meridionale, per tutto febbraio ed anche a marzo, hanno per un verso concentrato l'esercizio venatorio nei pochi mesi di apertura della caccia e, per altro verso, spinto legioni di cacciatori italiani a spostarsi verso altri paesi, specie dell'Africa del Nord, per esercitarvi la caccia a febbraio, abbattendo quegli stessi volatili che poi avrebbero risalito l'Italia e le isole trattenendovisi ancora a lungo a svernare.
Il quadro degli effetti negativi disegnato dall'applicazione della legge-quadro è stato aggravata dal fatto che, con non poca miopia, la regolamentazione della caccia alla fauna stanziale è stata equiparata alla regolamentazione della caccia alla fauna migratoria. Ciò, nonostante sia incontestabile che, mentre il legame cacciatore-territorio costituisce un collante positivo per la più oculata gestione programmata della caccia alla fauna stanziale, non altrettanto avviene per la caccia alla fauna migratoria che passa, sosta e si trattiene per effetto di fattori e contingenze né prevedibili, né programmabili, né influenzabili da parte dell'uomo.
La legge n. 157 del 1992 si è portata e si porta dietro quei vizi d'origine che ne avevano minato la nascita, nel clima di suggestione "ambientalista" e di avversione preconcetta alla caccia creato dal lacerante referendum anticaccia del 1990. In quel clima, in un contesto di sospetto e di irrazionale e acritico contrasto al mondo venatorio, il legislatore, pur essendo meritoriamente riuscito a qualificare la legge-quadro grazie ad alcune scelte ampiamente condivisibili (come quella del principio della programmazione venatoria e quella del recepimento delle norme internazionali ed "europee"), si indusse ad introdurre previsioni e regole non congrue, non sentite e non approvate dalla coscienza popolare, nella quale, in Italia, l'attività venatoria rappresenta un capitolo incancellabile, di fortissimo impatto sociale, ricco di civiltà, di tradizione, di socializzazione e carico di rilevanti implicazioni e ricadute economiche ed occupazionali.
Ora, dopo tanti anni, la legge-quadro può essere emendata e migliorata, pur mantenendo fermo il suo corpus giuridico ed il suo assetto normativo di fondo. I tempi sono maturi, il mondo venatorio è molto più responsabile ed è attento e sensibile, più che nei primi anni '90, alle tematiche della preservazione dell'ambiente e della tutela della natura. Lo stesso pianeta ambientalista si atteggia e si muove, per la maggior parte, non da ieri, con più moderazione e comprensione, perché è maturato nella consapevolezza di aver talvolta ecceduto, ma di aver vinto molte delle sue battaglie di sensibilizzazione e di coinvolgi mento dei cittadini.
L'Italia merita di avere una regolamentazione dell'attività venatoria più vicina alle popolazioni ed agli enti territoriali, anche in chiave federalista; merita di avere un codice venatorio civile, attuale, "europeo" che, omologandoci agli altri Stati della Comunità, consenta, nel rispetto delle regole internazionali e comunitarie, di godere degli inestimabili vantaggi sociali, sociologici, economici, sportivi, occupazionali che il prelievo venatorio, modulato dalla legge e finalizzato in primo luogo alla conservazione della fauna, può procurare alla società.
Questi obiettivi saranno raggiunti, si augura in piena concordia, approvando le proposte all'esame della Commissione.
La proposta di legge C. 27 Stefani, attraverso la modifica dell'articolo 1 della legge n. 157 del 1992, suggerisce la modifica del regime giuridico della fauna selvatica: quella stanziale non allevata diverrebbe patrimonio indisponibile dei comprensori provinciali di caccia (che verrebbero istituiti in luogo degli ambiti territoriali di caccia previsti dalla legge-quadro), mentre quella migratoria, ripristinando la previsione della legge del 1978, tornerebbe ad essere res nullius.
Gli articoli 2, 3 e 5 di tale proposta di legge, attraverso la soppressione degli ATC, introducono e regolamentano il comprensorio, una nuova struttura di dimensione provinciale, finanziata dalle quote di partecipazione dei cacciatori e deputata alla gestione venatoria della sola fauna stanziale.
L'articolo 3, in particolare, riduce ad una superficie non superiore al 15 per cento la percentuale del territorio di ogni comprensorio destinato a protezione faunistica.
L'articolo 4 introduce tra le forme di esercizio venatorio, unitamente all'appostamento fisso, quello "temporaneo senza limitazioni temporali e territoriali".
L'articolo 6 attribuisce alle regioni la facoltà di autorizzare la gestione, da parte degli allevatori, di recinti di addestramento di cani aventi superficie inferiore ai tre ettari.
L'articolo 7 stabilisce che anche i cacciatori residenti nei comuni ricompresi nelle zone vietate alla caccia possano partecipare all'attuazione di piani di abbattimento selettivo.
Con l'articolo 8 si modificano i divieti di cui alle lettere t) e bb) della legge n. 157, prevedendosi sia l'esclusione del divieto di commercio della fauna selvatica morta della quale è consentito l'abbattimento ai sensi del comma 1 dell'articolo 18, sia l'esclusione del divieto di commercio di uccelli vivi o morti delle specie delle quali è consentito l'abbattimento ai sensi del citato articolo 18, comma 1, della suddetta legge.
La proposta di legge C. 291 Massidda, già reiterata nella XIII legislatura, riproduce esattamente il contenuto della proposta n. 2161, da lui presentata nel corso della XII legislatura unitamente a quarantadue deputati.
La proposta di legge C. 498 Bono sollecita la modifica degli articoli 24 e 34 della legge-quadro in tema di associazioni venatorie, prevedendo il riconoscimento di quelle regionali e riequilibrando, a favore di queste ultime, la ripartizione e la disponibilità del fondo istituito presso il Ministero del tesoro, utilizzato e gestito, secondo le norme vigenti, dalle sole associazioni riconosciute a carattere nazionale.
La proposta di legge C. 1417 Onnis mira a risolvere i delicati problemi e conflitti sottesi alla tematica venatoria e ambientale italiana attraverso una regolamentazione normativa più equilibrata, centrata e realista. Si suggeriscono modifiche ed integrazioni dettate da un approccio più attuale e oggettivo della materia, con l'obiettivo di scaricare, nel rispetto dell'impianto e della filosofia di fondo della legge n. 157 del 1992, le forti tensioni, spesso incontrollabili, che si sprigionano dall'impatto sociale determinato dalla cogenza di previsioni radicalmente innovative e talvolta fortemente penalizzanti.
L'articolo 1 introduce alcune modifiche all'articolo 10 della legge n. 157. Si prevede una irrisoria riduzione della percentuale massima della quota del territorio agro-pastorale da destinare a protezione della fauna selvatica. Il correttivo trova ragione sia nel rilievo che il territorio agro-silvo-pastolare si è ormai marcatamente ridotto, e va riducendosi progressivamente, con correlativo automatico aumento della quota di protezione della fauna selvatica, sia nel fatto che la "riserva" di tale quota di protezione dovrà effettuarsi per provincia e non già con riferimento alla complessiva superficie del territorio della regione.
L'obiettivo è quello di evitare che le regioni possano localizzare la quota di protezione concentrandola nel territorio di una o più province che risulterebbero danneggiate, con pregiudizio dei residenti. D'altro canto, l'individuazione in ogni provincia di una porzione dal 20 al 25 per cento del territorio agro-silvo-pastorale destinato a protezione sarà garanzia di distribuzione molto più uniforme e molto più funzionale ai fini di tutela voluti dalla legge.
Si chiarisce poi meglio, e si definisce in termini tali da evitare equivoci interpretativi che potrebbero ricollegarsi a possibili conflitti tra le previsioni della legge n. 394 del 1991 in materia di parchi e la successiva legge n. 157 del 1992, quali territori debbano essere ricompresi nella quota di protezione, precisando che vi dovranno rientrare i parchi la cui estensione complessiva non potrà, pertanto, superare il 25 per cento del territorio agro-silvo-pastorale regionale.
Attraverso la modifica del comma 5 dell'articolo 10 si suggerisce, poi, di elevare dal 15 al 20 per cento la percentuale massima del territorio agro-silvo-pastorale da riservare a gestione privata ai sensi dell'articolo 16.
In un contesto europeo ed italiano di crescita imponente del turismo venatorio, l'obiettivo è soprattutto quello di potenziare le aziende agrituristiche-venatorie, dal cui decollo in Italia è assai ragionevole attendersi una importante ricaduta favorevole sul piano economico ed occupazionale.
Il nuovo testo del comma 6 dell'articolo 10 dovrà prevedere l'assoggettabilità alla gestione programmata della caccia, fatti salvi eventuali divieti previsti dalla legge, delle foreste e dei territori del demanio statale e regionale e degli enti pubblici. Non sarebbe, infatti, giustificato un regime diverso da quello dei fondi privati sui quali la gestione programmata della caccia, alle condizioni e secondo le modalità di cui alla legge n. 157, è prevista ope legis.
L'articolo 2 introduce modifiche ai commi 1 e 5 dell'articolo 14 della legge n. 157. Con la prima modifica si prevede che gli ATC possano avere dimensioni non inferiori a quelle della provincia e possano essere costituiti anche sul territorio di più province o della stessa regione. Si sono, inoltre, volute tutelare quelle regioni che, sprovviste per ragioni geografiche di continuità territoriale con altri territori nazionali (isole, regioni di confine) si vedrebbero di fatto preclusa la possibilità, prevista dal comma 2 del citato articolo 14, di costituire ambiti interessanti proprie province e province appartenenti ad una regione confinante.
La seconda modifica, sempre con il fine di rendere più democratica, egualitaria e giusta l'attuazione della legge n. 157, evitando disparità di trattamento, introduce la previsione secondo cui per l'esercizio della caccia alla fauna migratoria ogni cacciatore ha diritto di accesso in tutti gli ATC costituiti entro i confini della regione di residenza, ovvero può praticare tale tipo di caccia in tutto il territorio della regione in cui risiede.
Con l'articolo 3 si propone la modifica del comma 8 dell'articolo 15 della legge-quadro. Il comma 8 dovrà prevedere che l'altezza minima del "muro, rete metallica o altra chiusura" necessaria perché in fondo possa considerasi "chiuso" debba essere non inferiore a 1,80 metri.
L'articolo 4 rimodula, in ossequio alle oggettive situazioni di fatto ed in aderenza alle nuove tendenze europee, successive alla emanazione della legge n. 157 del 1992, i tempi del prelievo venatorio con particolare riferimento alla fauna migratoria ed alle diverse specie di tale fauna.
L'articolo 5 si fa carico di ovviare ai gravi rischi, anche per la incolumità e la stessa vita delle persone, che può innescare nella caccia al cinghiale l'uso della "palla singola" in territori scoscesi, rocciosi ed altamente boscati. Avviene frequentemente che, in occasione di battute al cinghiale in zone impervie la palla, impattando contro la roccia, gli alberi, i costoni od altri ostacoli non assorbenti, si frantumi in schegge impazzite che colpiscono uomini ed animali. Le regioni, pertanto, potranno consentire per la caccia al cinghiale in territori "pericolosi" l'uso di cartucce a pallettoni caricate con non più di nove pezzi.
Ritiene opportuno sottolineare, affinché si possa cogliere meglio il senso della modifica, che l'uso della "palla singola" causa una maggiore distruzione di cinghiali, essendo notorio che molti capi, colpiti ma non fermati dalla palla, vanno a morire lontano e non vengono recuperati dai cacciatori.
Gli articoli 6, 7 e 8 introducono un nuovo assetto del sistema sanzionatorio delle condotte venatorie illecite. Si tratta di condotte che, pur gravi, avversate e censurate dalla coscienza sociale, solo in particolari ed eccezionali fattispecie sembrano potersi caricare di rilevanza penale, anche se nel novero dei reati contravvenzionali, sanzionati con l'arresto o con l'ammenda. D'altro canto, la forte, progressiva e ormai irreversibile tendenza verso la depenalizzazione, intesa anche come sperato rimedio alla inefficienza della giustizia penale, non può non suggerire che molte ipotesi contravvenzionali introdotte dalla legge n. 157 vengano riqualificate come illeciti amministrativi.
In questo contesto, si propone una modifica agli articoli 30, 31 e 32 della legge-quadro con la prospettiva di ridurre a sole quattro fattispecie, quelle più allarmanti e di un più acuto disvalore, la figura di reato venatorio (contravvenzionale). In tutti gli altri casi la responsabilità per l'illecito venatorio avrà come contropartita la rapida applicazione di sanzioni amministrative di entità elevata.
Peraltro, gli effetti di deterrenza della previsione e della applicazione di sanzioni amministrative "pesanti" sono spesso assai più concreti dei risultati di prevenzione ricollegabili alla sanzione penale prevista per reati contravvenzionali. Comunque, con la riscrittura del combinato disposto degli articoli 31 e 32, il ricorso alla punizione amministrativa è potenziato dalla previsione della sospensione, per lunghi periodi, della revoca e del divieto di rilascio della licenza di porto di fucile da caccia: una vera e propria sanzione aggiuntiva capace di indurre insperati risultati di dissuasione.
La proposta di legge C. 1418 Onnis intende colmare, anche a seguito della pronunzia di incostituzionalità dell'articolo 25 della legge 157 del 1992, un inammissibile e preoccupante vuoto normativo, suscettibile di danneggiare gravemente le "vittime della caccia" e gli stessi esercenti l'attività venatoria.
L'articolo 25 citato, infatti, istitutivo del "Fondo di garanzia per le vittime della caccia", non prevede nessuna copertura allorquando il cacciatore sia assicurato con società successivamente posta in liquidazione coatta amministrativa. Si propone, pertanto, di estendere anche a tale fattispecie l'intervento risarcitorio del Fondo di garanzia, che sarà soggetto all'azione diretta del danneggiato secondo lo schema normativo previsto dalla legge a favore delle "vittime della strada".
Intervenendo incisivamente sulle previsioni di cui al comma 5 della legge n. 157, la proposta di legge C. 2016 Benedetti Valentini propone, affrontando il nodo cruciale della gestione programmata della caccia, di differenziare la facoltà di accesso e di movimento del cacciatore a seconda che l'attività venatoria abbia ad oggetto il prelievo di fauna stanziale o migratoria. Nel primo caso, la caccia sarà consentita, previo attestato di "accettazione" e versamento di una "quota compensatoria", all'interno di uno o più ambiti compresi nella regione di residenza o in altre regioni. Nel secondo caso, invece, il cacciatore potrà esercitare la caccia, senza limiti di movimento, in tutto il territorio nazionale.
La proposta C. 2314 Serena ribadisce i contenuti e l'articolato della proposta di legge C. 27 dell'onorevole Stefani.
L'organica proposta C. 3067 Rizzo, pur tenendo fermo l'impianto generale della legge n. 157, introduce pregnanti modifiche volte a modificare ed emendare quelle norme che "hanno reso praticamente ingestibile ed inattuabile" la legge-quadro, fonte di un "contenzioso giuridico-legislativo tra le regioni da una parte, commissari del Governo e singoli ministeri dell'altra", un contenzioso "non soltanto interpretativo ma che ha prodotto norme difformi da regione a regione con il risultato di una crescente confusione sia sull'attività venatoria sia sull'attuazione degli interventi, di tutela e di salvaguardia ambientali".
L'articolo 1, intervenendo sulle previsioni di cui al comma 5 dell'articolo 1 della legge n. 157, prevede che le rotte di migrazione dell'avifauna siano individuate dalle regioni e province autonome con proprie leggi, da emanare entro sei mesi, e che all'interno delle aree coincidenti con le rotte di migrazione, rientranti comunque nel criterio della programmazione del territorio anche a fini venatori, sia autorizzata la caccia alla sola selvaggina stanziale con l'ausilio del cane.
L'articolo 2 modifica in termini di scarsa rilevanza l'elenco delle specie protette di cui all'articolo 2 della legge n. 157.
L'articolo 3 amplia le specie catturabili a fini di richiamo, ricomprendendovi anche la peppola e il fringuello, e attribuisce alle regioni la facoltà alla cattura, a fini di allevamento in cattività, di un numero limitato di specie di uccelli.
L'articolo 4 stabilisce la priorità degli invalidi e degli ultrasessantenni nell'ottenimento della autorizzazione per gli appostamenti fissi previsti dall'articolo 5 della legge n. 157, e regolamenta l'accesso all'appostamento fisso, prevedendo che il titolare possa autorizzare altri e che possa disporre di dieci giornate per l'ospitalità a cacciatori non titolari dell'autorizzazione.
L'articolo 5, meglio precisando il contenuto dell'articolo 10 della legge vigente, specifica che nella percentuale del territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione destinato a protezione della fauna debbano essere ricompresi "i parchi naturali, le oasi, i rifugi faunistici, le zone di ripopolamento e cattura, i centri pubblici di produzione di fauna selvatica, i fondi chiusi ed i territori ove sia comunque vietata l'attività venatoria (...) incluse le aree urbanizzate e le vie di comunicazione".
Si prevede poi la gestione programmata della caccia, nelle forme della "promozione e autogestione", nelle foreste demaniali ed in tutte le proprietà pubbliche della regione, delle comunità montane e degli enti pubblici in genere. Si stabilisce, quindi, che per la pianificazione generale del territorio le province debbano sentire gli ATC nonché le associazioni venatorie, le organizzazioni professionali agricole e le associazioni ambientaliste riconosciute.
I piani faunistico-venatori, secondo il proponente, dovranno ricomprendere anche i parchi e le riserve naturali, i fondi chiusi, i rifugi faunistici, tutte le zone precluse alla attività venatoria, il demanio agricolo-forestale statale e regionale.
L'articolo 6 razionalizza la stesura del comma 5 dell'articolo 12 della legge n. 157.
L'articolo 7 sopprime la previsione delle dimensioni "subprovinciali" degli ambiti territoriali di caccia di cui al comma 1 dell'articolo 14 della legge-quadro e sancisce che la ripartizione del territorio da parte delle regioni avvenga previo parere rilasciato anche dalle strutture regionali delle associazioni venatorie e ambientaliste. Introduce, poi, una sostanziale modifica in tema di circolazione dei cacciatori, prevedendo che la caccia da appostamento temporaneo alla selvaggina migratoria è consentita su tutto il territorio nazionale, previa domanda alla amministrazione regionale competente, con regolamentazione da parte delle regioni delle modalità della caccia alla beccaccia.
Gli articoli 8 e 9 prevedono, rispettivamente, l'operatività su tutto il territorio nazionale delle disposizioni di cui al primo comma dell'articolo 842 del codice civile e la riduzione ad un quarto delle tasse inerenti le aziende faunistico-venatorie situate in zone dimesse o ad agricoltura svantaggiata.
Con l'articolo 10 si propone la modifica dell'articolo 18 della legge n. 157 (specie cacciabili e periodi di attività venatoria) e, segnatamente, l'inclusione tra le specie cacciabili dell'oca granaiola, dell'oca selvatica, dell'oca lambordella e della donnola; lo spostamento dal 30 novembre alla seconda domenica di dicembre dei tempi di caccia alle specie previste dalla lettera c) del comma 1 e l'ampliamento dei termini dell'attività venatoria che, devono comunque essere contenuti tra la terza domenica di agosto ed il 28 febbraio dell'anno.
L'articolo 12 stabilisce che anche le associazioni venatorie possono essere coinvolte dalle amministrazioni provinciali nella attuazione dei piani di abbattimento previsti dall'articolo 19 della legge n. 157 per il controllo della fauna selvatica.
L'articolo 13 propone un nuovo testo di alcuni dei divieti sanciti dall'articolo 21 della legge-quadro.
L'articolo 14 ritocca marginalmente le regole introdotte dall'articolo 22 della legge n. 157, in materia di esame per l'abilitazione all'esercizio venatorio.
Con l'articolo 15 si propone una leggera riduzione della tassa di concessione regionale per il rilascio dell'abilitazione all'esercizio venatorio.
L'articolo 16 suggerisce l'espunzione dal testo dell'articolo 25 della legge in vigore dell'espressione "per le vittime della caccia".
L'articolo 17 detta nuove regole per gli agenti addetti al controllo della attività venatoria e prospetta la depenalizzazione di specificate condotte delle guardie o degli addetti alla vigilanza "nei periodi di caccia aperta".
Attraverso l'articolo 18 si propone, in tema di sanzioni penali previste dall'articolo 30 della legge n. 157, la soppressione della parola "penali" e, con riferimento al tipo di sanzione, la soppressione dell'arresto. L'articolo 19 sopprime l'aggettivo "penali" dal testo del comma 1 dell'articolo 32 della legge-quadro.
La proposta C. 3146 Gibelli, considerato il pericoloso diffondersi, su tutto il territorio nazionale e particolarmente in Lombardia, della presenza della nutria (myocastor cofpus), roditore originario del Sud America particolarmente pericoloso per la salute dell'uomo (alcuni esemplari sono stati riscontrati positivi alla leptospirosi) e dannoso per le opere idraulico-agrarie, ne sollecita l'inclusione tra le specie alle quali "non si applicano le norme della presente legge", secondo la previsione di cui al comma 2 dell'articolo 2 della legge n. 157. Ritiene che non possa contestarsi l'esigenza di equiparare le nutrie alle talpe, ai ratti, ai topi ed alle arvicole, animali tutti pericolosi e dannosi, non protetti dalla legge-quadro, al fine di arginarne la presenza e neutralizzare il gravissimo pericolo che rappresentano.
Concludendo, auspica la migliore, più puntuale e più rispondente riuscita di questo percorso legislativo, il contributo fattivo di tutte le forze rappresentate in Parlamento e, in particolare, anche quello della componente ambientalista