Secondo un rapporto elaborato dall'agenzia dell'OCSE per l'energia nucleare (AEN) e dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (IAEA), pubblicato nel 1999, si stima che la quantità di uranio disponibile sul pianeta ammonti a 4 milione tonnellate (
http://www.nea.fr,
http://www.francenuc.org ). Nel 1998, nel mondo, il consumo annuale di uranio delle centrali nucleari è stato valutato pari a circa 60.000 tonnellate. A questo ritmo l'uranio sarà esaurito prima della conclusione di questo secolo.
Oggi, la potenza nucleare installata è di 350 gigawatts, cioè circa il 3 % dell'energia prodotta nel mondo. Per ridurre del 50% le emissioni di anidride carbonica, sarebbe necessario costruire parecchie migliaia di nuovi reattori.
Questi esaurirebbero le riserve mondiali di uranio, in meno di cinque anni ed annualmente produrrebbero 150.000 tonnellate di rifiuti radioattivi, comprese 1.500 tonnellate di plutonio.
Secondo le valutazioni più ottimiste, nel 2025 l'energia nucleare non dovrebbe fornire più del 10 % del consumo di corrente di energia. Il relativo contributo per ridurre l'effetto della serra quindi sarà molto ridotto. Inoltre, secondo un rapporto della Commissione Europea, i paesi EU hanno soltanto 2 % delle riserve di uranio del mondo. Come si può parlare quindi di indipendenza energetica? L'accumulo delle scorie radioattive è poi un problema ancora maggiore. Si aumentano di centinaia di migliaia delle tonnellate depositate senza sapere ancora come trattarle. Una soluzione possibile proposta ultimamente è quella dell'irradiazione tramite flussi di protoni, ma ad un costo che sarà certamente molto alto e con tempi di sperimentazione ancora lunghi prima di essere considerato affidabile. Lo smantellamento dei reattori dopo il loro arresto definitivo è anch'esso un procedimento lungo e costoso, della durata di decine di anni. Ad esempio, il costo complessivo dell'arresto del reattore Eccellente-Phenix è stato valutato in 2.4 miliardi euro.
L'Argentina è passata da una condizione di prosperità invidiabile all'inizio del XX° secolo, ad una catastrofe finanziaria. Immaginiamo che, come la Francia, questo paese abbia la gestione di parecchie decine di reattori nucleari? Dove troverebbe i soldi per smantellarli? Nessun paese può essere certo di una stabilità finanziaria di parecchie decadi. Investire su questa scala, significa ipotecare il futuro in un senso egoistico ed irresponsabile.
La Spagna nel 1984 ha decretato una moratoria sull'energia nucleare, rinnovata nel 1992. L'Austria ha abbandonato l'energia nucleare nel 1987 e la Germania nel 1989. Gli Stati Uniti non hanno costruito un reattore dal 1979, anche se Bush e Cheney ne stanno riproponendo l'utilizzo.
In conclusione, l'energia nucleare probabilmente non ha futuro (tranne forse sul fronte della fusione controllata, la cui la realizzazione sembra ancora abbastanza ipotetica). L'internazionalizzazione dei gruppi produttori di energia, l'apertura alla concorrenza e l'alta sensibilità ambientale presente nell'opinione pubblica dei maggiori paesi industrializzati, fa si che oggi le energie rinnovabili abbiano le maggiori chances di fornire secondo un report dell'ONU, nel 2055 più del 50 % del fabbisogno energetico del pianeta, senza inquinare l'atmosfera di gas e della terra di scorie nucleari. E soprattutto senza ipotecare il futuro delle generazioni che verranno...