Importanti documenti storici, un riassunto di come eravamo che attivano miei ricordi da giovanetto che mi fanno frugare nella memoria, un mio vissuto molto vicino a queste immagini, i volti sono ormai sfuocati come queste immagini, ma le emozioni e le sensazioni sono forti come allora, dal lavoro dei cani a quando ero sorretto al mio primo colpo di spingarda. Cosa rimane oggi nel confronto, una tristezza fatta di sconforto e malinconia pienamente giustificata, il cui effetto è la sensazione fisica di un peso allo stomaco e un nodo in gola.
 
Sono felicissimo di averti fatto rivivere bei ricordi...:D

GRAZIE ALBERTO!!Hai risvegliato in me ricordi sfuocati dal tempo ma sempre vivi nel cuore..Grazie ancora per queste immagini del tempo che fù e che non tornerà ma rimarrà dentro di noi fino all'ultimo dei nostri giorni..tempi romantici quando la caccia era caccia non un surrogato che abbiamo adesso..tutto cambia,noi stessi cambiamo,la magia della caccia rimarrà sempre anche se adesso non si può più chiamare tale ...almeno in italia. GRAZIE di CUORE!
 
Cacciatori di Voltago Agordino un comune italiano di 940 abitanti della provincia di Belluno in Veneto, 1930.
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Gli scatti veneti di Hemingway
«Lascerò in Veneto il mio cuore»


Le battute di caccia, la storia di un grande amore
«Sono un fanatico di questa terra»


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Lo scrittore all'isola di Torcello. Gentile concessione archivio Arici



«Sono un vecchio fanatico del Veneto ed qui che lascerò il mio cuore». Così nel 1948 Ernest Hemingway esprimeva tutto il suo affetto per la terra veneta, in una lettera a Bernard Berenson. Un amore che era iniziato nella primavera del 1918 quando, volontario della croce rossa americana (Arc), saliva con la Fiat da Schio sul Pasubio per raccogliere i soldati feriti. Ma nella città dell’alto vicentino, costretto a lunghe pause, si annoiava. Ed eccolo, quindi, sul Piave a Fossalta all’inizio di luglio a rifornire di sigarette e cioccolato i militari italiani. Un’attività che durò solo pochi giorni, perché la sera dell’8 luglio, schegge di un proiettile di mortaio lo colpirono in più parti del corpo. All’ospedale americano ARC di Milano, dove venne ricoverato, conoscerà l’infermiera Agnes von Kurowsky, che diventerà Catherine Barkley in Addio alle armi.
Nel settembre del 1948 Hemingway, con la quarta moglie Mary, lasciò Cuba per tornare nuovamente in Italia, dove voleva rivedere i luoghi della guerra. Da Genova, con la sua Buick decappottabile, raggiunse Cortina, dove era già stato nel 1923. Qui fece amicizia con il grande proprietario terriero Federico Kechler, che lo inviterà nelle sue residenze a San Martino di Codroipo e a Fraforeano. All’inizio di ottobre, mentre stava traducendo Addio alle armi, Fernanda Pivano ricevette una cartolina: «Sono a Cortina, vorrei vedervi», firmato Hemingway. Incredula, buttò la cartolina, commentando: «Ma guarda che stronzi. Che scherzo mi hanno fatto». Dopo una settimana, Hemingway si fece nuovamente vivo: «Se non volete venire a Cortina, vengo io a Torino, ma devo parlarvi ». Allora, in stato di trance, ella corse di primo mattino alla stazione di Torino. Alle dieci di sera del 10 ottobre era a Cortina sulla porta dell’Albergo Concordia ma, appena vide Hemingway seduto a tavola, rimase «inebetita dall’emozione (…) Le prime parole che mi ha detto sono state Tell me about the nazi». Sempre in questo periodo, Hemingway andò a Fossalta di Piave per rivedere i luoghi del suo ferimento e farli conoscere a Pivano. Il 30 ottobre, con la Buick, Ernest,Mary e Fernanda, scesero a Venezia.
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A pesca nelle valli.
All’inizio di novembre scoprì la Locanda Cipriani a Torcello, dove si trasferì con Mary, vivendo uno dei momenti più felici della sua vita. Cominciò anche ad andare a caccia di anatre nella valle San Gaetano (in Laguna di Carole) del barone Nanuk Franchetti, donandoci la più emozionante descrizione di una laguna veneta, che narratore americano abbia scritto. Qui, all’inizio di dicembre, conobbe la diciannovenne Adriana Ivancich, più tardi «scandalosamente» ispiratrice e protagonista (Renata) di Di là dal fiume e tra gli alberi, come lo era stata la prozia Yole Biaggini Moschini, che ispirò a Fogazzaro il personaggio di Jeanne Dessalle in Piccolo Mondo Moderno. Questa storia d’amore tra la giovane Adriana e l’«attempato» Ernest (allora aveva 49 anni) suscitò non poco scandalo. Ma ha probabilmente ragione il fratello Gianfranco quando afferma che tra la sorella ed Hemingwaysi consumò un amore semplicemente platonico. In quegli anni, infatti, l’alcol cominciava a mostrare i suoi effetti devastanti sul corpo e sulla mente del romanziere americano (arrivava a bere due o tre bottiglie di whisky al giorno). Anche la sua vita sessuale era diventata precaria, come ebbe a dichiarare in seguito la moglie Mary. Cosicché Hemingway prese a corteggiare platonicamente donne giovani e giovanissime chiamandole «figlie».
Essendo stata la vita di Hemingway un’eterna vacanza, finita la caccia, era arrivato il momento dello sci: nella prima metà di dicembre, Mary affittò, a Cortina in località Doneà, Villa Aprile. Terminato l’inverno, Ernest tornò a Venezia all’Hotel Gritti. In questo periodo diceva ai suoi amici di venire in Veneto, perché «qui sì sanno come vivere». Ritornerà a Venezia nel 1950 e per l’ultima volta nel 1954, continuando a incontrare sempre Adriana: nell’aprile dello stesso anno le scriverà «Ti amo tantissimo e ti amerò per sempre». In quel 1954 vinse il premio Nobel. Da allora la sua salute continuò ad aggravarsi irreversibilmente, fino a portarlo al suicidio nel 1961. Anche Adriana concluse la propria vita allo stesso modo, suicidandosi 22 anni dopo nella sua casa di Orbetello.
 

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