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SERCHIO: ARGINI COME GROVIERA PER LE TANE DI NUTRIE, IGNORATI GLI APPELLI DELLA FIDC DI LUCCA, MA È ANCHE UN PROBLEMA DI FINANZIAMENTI
Postato il 06 Gennaio 2010 da DdC
“Nell’adozione del piano faunistico venatorio provinciale che scadrà nel 2010 - ha dichiarato il presidente della Federcaccia lucchese, Carlo Martinelli, in un articolo de Il Tirreno del 31 dicembre scorso - feci presente che era doveroso contenere quelle specie in esubero e dannose sia all’agricoltura che alle altre specie faunistiche, e che era necessaria l’eradicazione dal territorio di tutte quelle specie non autoctone fra queste la nutria. La specie è in forte aumento e la creazione delle tane di rifugio avrebbero potuto mettere a repentaglio la sicurezza degli argini dei fossi e del fiume”.
E così - purtroppo - è stato, dal momento che, secondo Martinelli, tra i fattori che hanno contribuito alla rottura degli argini a S. Maria a Colle ci sono anche le numerose tane di nutrie e volpi. Da tempo la sezione lucchese di Federcaccia aveva chiesto all’Amministrazione provinciale di autorizzare squadre di cacciatori per contenere l’esubero di queste specie animali, nell’ottica di “mettere a disposizione persone tecnicamente specializzate e senza alcun aggravio economico per l’amministrazione stessa, senza mai perdere di vista il bene comune”. Ma l’istanza, purtroppo, non aveva ricevuto alcuna risposta. “Almeno si fossero degnati di fare verifiche in loco - ha dichiarato Martinelli - Forse si sarebbero resi conto della gravità del problema. Solo ora mandano il personale a tamponare i buchi sugli argini, quando ormai i buoi sono scappati dalla stalla”. “Non voglio dire - ha specificato il presidente della sezione lucchese di Federcaccia - che la causa principale dell’esondazione del Serchio siano state le tane delle nutrie, tassi e volpi, ma sicuramente, dato che alcuni argini sono un groviera, ciò ha contribuito al grave fatto”.
Tuttavia, secondo un altro articolo, pubblicato il 31 dicembre dal Corriere della Sera, “non basta prendersela con le tane delle nutrie” o con “la neve che si sarebbe sciolta repentinamente lassù, sulle Apuane. Troppo facile”. Nelle parole del segretario generale dell’Autorità di Bacino del Serchio, Raffaello Nardi, “la verità è che tanta gente che ora grida per gli argini caduti faceva pressioni per costruire. Questa è l’Italia: abusivismi, condoni e conflitti di competenze l’hanno rovinata. Lo stesso è accaduto nel bacino del Serchio”. Il piano di assetto idrogeologico era stato presentato dal professor Nardi nel 2001 e prevedeva rinforzi degli argini, casse di espansione e bacini di laminazione delle piene, per un progetto da realizzare in 10 anni e un investimento di 500 milioni di euro. Secondo Nardi, massimo pontefice di questo corso d’acqua lungo 142 chilometri dalla Garfagnana al mare, però, sono stati stanziati appena 4 milioni di euro, e dal 2003 non “avrebbe visto più niente”. “Ha ragione il professore - ha dichiarato al Corriere della Sera il sindaco di Vecchiano, Rodolfo Pardini - Quei finanziamenti non sono mai arrivati. Ci si è dovuti affidare, via via, solo ai fondi stanziati dal ministero dell’Ambiente. Ma senza più alcuna pianificazione generale…”. I 250 mila euro versati dalla Regione per la manutenzione del Serchio all’Ufficio di Difesa del Suolo della Provincia di Pisa, insomma, sembrerebbero non essere sufficienti. “Noi la manutenzione, infatti, la facciamo - ha dichiarato Giovanni Bracci, dirigente dell’Ufficio - Due volte l’anno. Ma non basta…”.
Arianna Biagi