axel69

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Il Comitato Direttiva 477, pur conscio dei grandi miglioramenti ottenuti rispetto alle proposte iniziali, non essendo state eliminate le enormi criticità già sottolineate durante il "Trilogo" considera in modo del tutto negativo il testo di modifica della Direttiva 91/477 approvato dall'Imco il 26 gennaio.



Portare in categoria "A" moltissime armi, peraltro mai usate in attentati terroristici, avrà effetti mortali sul mercato armiero, su molti produttori e soprattutto per gli utilizzatori; demenziale è inoltre il considerare pericolose le repliche di armi antiche solo perché costruite con utensili moderni così come è ulteriormente demenziale il continuare ad affidare la classificazione di armi a soggettivi criteri di somiglianza ad armi automatiche.



Ci rendiamo conto che l'avvicinarsi della fine del percorso legislativo diminuisce i tempi e le modalità di contrasto utilizzabili, per questo motivo siamo determinati più che mai a intensificare al massimo gli sforzi per ridurre ulteriormente l'erosione dei diritti dei cittadini europei.

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Cosa cambia se viene approvata?



Scarica gli allegati:
http://www.armietiro.it/moduli/articoli/attachments/8/1/9/3/imco.pdf


Dopo il voto del comitato Imco e in vista del voto da parte del plenum del Parlamento europeo, previsto per metà marzo, sono in molti a chiedersi che cosa potrà cambiare nella pratica per gli appassionati e per gli operatori del settore italiani, nel caso in cui la bozza di direttiva europea venisse effettivamente promulgata nella forma in cui è stata sottoposta al voto dell’Imco (che trovate in allegato). Ecco alcuni scenari.



Per i produttori e distributori, si preannunciano numerose difficoltà e una sensibile lievitazione dei costi, perché la direttiva prescrive che ogni parte fondamentale dell’arma dovrà essere contrassegnata con una marcatura che preveda determinate indicazioni (produttore, Paese, matricola eccetera, in caso di parte di piccole dimensioni almeno la matricola). È importante sottolineare che quest’obbligo competerà non solo ai produttori, ma anche agli importatori, quando le armi siano state prodotte fuori dalla Ue. Per l’attrezzamento delle opportune macchine e l’aggravio dei processi produttivi, si è stimata una spesa per il settore di diverse centinaia di migliaia di euro, a fronte di una utilità del provvedimento veramente modesta per quanto riguarda il contrasto alla criminalità o al terrorismo;

Per quanto riguarda i possessori di autorizzazioni in materia di armi (porto d’armi), desta una certa inquietudine la previsione che gli Stati membri debbano dotarsi di “un sistema di monitoraggio che operi su base continuativa o non continuativa, per assicurare che le condizioni di autorizzazione stabilite dalla normativa nazionale siano rispettate per l’intera durata dell’autorizzazione e che, tra l’altro, siano disponibili informazioni mediche e psicologiche”. Il problema è che la vaghezza di questa statuizione apre una serie di scenari piuttosto foschi in particolare per l’Italia, là dove già da anni si vorrebbe introdurre una visita psichiatrica obbligatoria per tutti i richiedenti un porto d’armi. Il punto è che tale visita, ovviamente utile e doverosa in teoria, nella pratica non solo non ha alcuna utilità per rilevare eventuali patologie mentali in atto o in fase di sviluppo, ma risulta anche impraticabile guardando al numero di professionisti abilitati in rapporto al numero di porti d’arma rilasciati. Quindi, si può anche prevedere una paralisi del sistema;

Per quanto riguarda la durata delle autorizzazioni in materia di armi, si stabilisce un limite generale massimo di 5 anni: il che ovviamente farà sì che le attuali normative sul porto di fucile (per esempio) per caccia o tiro a volo passino da 6 a 5 anni, ma potrebbe anche far sì che le licenze di collezione per armi comuni e per armi antiche non siano più permanenti, bensì quinquennali. Con i relativi costi annessi.

Per quanto riguarda le armi demilitarizzate, vengono portate nella categoria A6, il che significa che in linea generale ne è proibito il possesso. Sarà prevista una deroga solo per i tiratori sportivi che possano dimostrare di praticare effettivamente l’attività agonistica. Non sono previste deroghe per i collezionisti, salvi quei collezionisti autorizzati in generale alla detenzione di tutte le armi di categoria A (cioè quelle da guerra), categoria però che in Italia è assolutamente residuale, visto che è dal 1975 che non vengono rilasciate licenze di collezione per armi da guerra. Attenzione: per chi già detiene armi demilitarizzate al momento dell’entrata in vigore della normativa, è prevista una clausola di salvaguardia: continuerà a poterle detenere e, probabilmente, sarà possibile anche continuare ad acquistarle o venderle ad altri soggetti autorizzati (parliamo, però, solo delle armi già presenti in commercio alla data dell’entrata in vigore della legge).

Viene istituita la categoria A7 per le armi corte dotate di caricatore con oltre 20 colpi e per le armi lunghe dotate di caricatore con oltre 10 colpi. Il fatto che in teoria una determinata arma possa montare un tale caricatore NON implica il passaggio in categoria A7, bisogna che il caricatore sia materialmente installato. Anche in questo caso sono previste deroghe per i tiratori sportivi. La normativa sul punto non è chiara, ma è possibile prevedere che, come per le demilitarizzate, chi ha acquistato caricatori ad alta capacità prima dell’entrata in vigore della legge continui a essere autorizzato alla loro detenzione. Il punto è che, comunque, il caricatore non è parte fondamentale d’arma secondo la normativa europea (anche nella nuova stesura), quindi a parte l’Italia sarà molto complicato per le autorità nazionali capire chi possiede cosa.

Viene istituita la categoria A8 per le armi lunghe semiautomatiche che possono essere ridotte a una lunghezza inferiore a 60 cm mantenendo intatto il loro funzionamento. Attenzione: per tali armi NON sono previste deroghe per gli sportivi, quindi saranno proibite e basta (anche in questo caso, è logico prevedere una deroga per le armi già circolanti sul mercato al momento dell’approvazione della normativa).

Per le armi sceniche, cioè le “acoustic” o “salute” weapons, in pratica le armi vere convertite per sparare a salve, si prevede che continuino a essere sottoposte agli stessi vincoli di quando non erano modificate: quindi, un’arma da guerra trasformata a salve continuerà a essere da guerra (come già avviene in Italia).



Conclusioni:

la normativa prevede di introdurre pesanti restrizioni sull’acquisto di armi demilitarizzate e sull’acquisto di caricatori ad alta capacità, proponendo però scenari incostituzionali (in contrasto con il principio di eguaglianza) ma, soprattutto, risultando del tutto inutile per il contrasto al terrorismo o alla criminalità. La normativa, nella forma in cui è proposta, causerà notevoli problemi applicativi alle autorità preposte e soprattutto agli appassionati, mentre non avrà influenza alcuna sui rischi reali per la pubblica sicurezza. Anche l’industria pagherà un conto salatissimo.

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Il comunicato congiunto di Anpam, Conarmi e Assoarmieri

Dopo il voto del comitato Imco sulla bozza di revisione delle direttive europee in materia di armi, le associazioni del nostro comparto produttivo Anpam, Conarmi e Assoarmieri hanno rilasciato un comunicato congiunto, nel quale commentano l'accaduto: "Le associazioni italiane di categoria della filiera, Anpam, Conarmi e Assoarmieri, prendono atto del fatto che il Consiglio e il Parlamento hanno apportato alcune migliorie al testo iniziale proposto dalla Commissione europea, che conteneva numerose e immotivate restrizioni, prive di alcun supporto scientifico, che danneggiavano gli operatori del comparto e gli utilizzatori, ma desiderano sottolineare che nel testo continuano a permanere chiare criticità. Appare corretta la volontà di uniformare a livello UE le regole sulla disattivazione delle armi sul territorio europeo e i criteri di costruzione delle armi a salve, che non devono essere convertite dalla criminalità in armi funzionanti. Si ritiene invece non appropriata la volontà di invadere la competenza esclusiva dei Paesi membri su questioni importanti, come per esempio la determinazione dei requisiti psicofisici per il rilascio dei porti d’arma, i criteri per la custodia domestica delle armi o l’informatizzazione dei registri degli armieri, e ciò in considerazione dell’eterogeneità delle situazioni di fatto in relazione alle diverse esigenze di pubblica sicurezza nei vari Paesi europei. Non si condivide inoltre l’imposizione di prescrizioni aggiuntive in materia di marcatura delle armi non contemplate dai trattati internazionali firmati dai Paesi membri e non previste in nessun Paese del mondo, secondo un modello che a suo tempo la stessa Onu aveva rigettato. La misura non avrà rilevanti effetti positivi sulla tracciabilità ma penalizzerà sensibilmente gli operatori europei, a tutto vantaggio dei competitor esteri. Ciò comporterà inoltre apprezzabili difficoltà per le istituzioni nazionali, che dovranno sviluppare nuovi sistemi informatizzati che comprendano i dati non solo delle armi, ma anche di tutte le loro parti essenziali, causando un considerevole aggravio degli adempimenti e un conseguente maggiore rischio di errore. I trattati internazionali e la direttiva stessa escludono dal loro campo di applicazione le armi antiche, prodotte prima del 1890; non si condivide pertanto l’equiparazione alle moderne armi da caccia, tiro e difesa delle riproduzioni di armi antiche, in tutto e per tutto identiche agli originali, e, come tali, oggettivamente prive di pericolosità sociale. Una misura, quest’ultima, che apporta un immotivato danno al comparto armiero. Anche tale prescrizione dovrebbe essere lasciata alla discrezionalità degli Stati membri. Non risultano inoltre giuridicamente sostenibili altre prescrizioni, come l’inclusione immotivata di alcune tipologie di armi civili nelle categorie proibite, che lascia agli Stati membri discrezionalità sulle esenzioni: invece di armonizzare, il sistema comporterà discipline assai differenti nei diversi Paesi, con ovvie difficoltà di carattere applicativo, anche con riferimento al trasferimento di armi e munizioni all’interno del territorio dell’Unione Europea. Anpam, Assoarmieri e Conarmi ritengono che affrontare tematiche così delicate senza i necessari approfondimenti e consensi non solo comporterà una ulteriore difformità di applicazione della disciplina sul territorio europeo, ma restringerà i diritti di cittadini e imprese senza che a tali sacrifici corrisponda un apprezzabile e proporzionato incremento della sicurezza. Sarebbe stato certamente più utile che la UE procedesse a una reale verifica dell’implementazione della direttiva modificata nel 2008 prima di proporre una riforma ulteriore, destinata in queste circostanze a creare ulteriore disomogeneità normativa e applicativa tra Paesi più e meno virtuosi, senza benefici rilevanti di pubblica sicurezza, ma creando decise penalizzazioni nei confronti di operatori e utilizzatori. Il terrorismo si combatte controllando il territorio e le frontiere, e non creando burocrazia e restrizioni ai legittimi operatori del comparto. A conferma di ciò un recente studio di Transcrime (</title> <title>FIRE Project Data Explorer), primo nel suo genere a livello europeo, evidenzia che il numero di fatti delittuosi con l’utilizzo di armi legalmente detenute è assolutamente risibile. Le Associazioni desiderano rivolgere un particolare ringraziamento ai parlamentari europei ed alle istituzioni che si sono confrontate periodicamente e si sono adoperate per evitare quante più restrizioni possibili. L’impatto del testo risultante non è privo di criticità per un comparto che in Europa conta circa 1.800 aziende, 200 distributori, 14.000 armerie, 300.000 collezionisti e oltre 12 milioni di appassionati, che genera un fatturato annuo di oltre 40 Miliardi di euro e impiega oltre 580.000 mila posti di lavoro".
 
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