"Spigolature". No, non è il titolo di una nota rubrica dell'enigmistica che racconta di fatti curiosi o improbabili; è la descrizione della mattinata di sabato tra un bordo macchia per lo spollo e il girovagare tra un oliveto e l'altro per attese brevi "palpando" la consistenza di certi posti che nello stesso periodo, ma negli anni precedenti, avevano fruttato apprezzabili carnieri e visioni di traccheggi ancora robusti di alate e insaccate di bottacci.
La cosa non è riuscita poi molto ma la pazienza è andata un pò oltre le normali miserie di quest'annata davvero difficile. Alla fine un terzo delle cellette della cartucciera che contengono colpi numero dieci e dodici restano vuote e qualche bottaccio, al netto d'una padella o replica, finisce per giacere nella cacciatora.
"Che ffai qua mmezzo ? I turdi 'nce sctanno !". Sornione, il campagnolo chiuso in una tuta grigia, sentenzia che le olive non ci sono. "Nu li vidi i rami cancreniti ?".
Si amico mio, quei bozzi enfiati che pullulano tra i rami e i succhioni raccontano gli stenti che il gelo e la neve della fine dell'inverno scorso hanno affranto le piante.
Impietrite e in parte disossate, le rare drupe degli ulivi ancora attaccate agli alberi appaiono melanconiche, sofferenti e storpie come i dannati d'un girone dantesco.
Il contadino, cisposo nei sopraccigli, rubizzo sulle gote e ricciuto all'inverosimile sotto un cappellaccio striminzito di lana pare, più che umano, un dipinto policromo dell'Arcimboldo.
"Ma io ancora nu li poto", prosegue, "che la neve a dda fa e li succhioni li tengheno coperti". La neve, si ... l'aspettavo per vedere la calata di bottacci e sasselli, in altri tempi, quest'anno...chissà.
Certo, speriamo non sia. Mi spoglio dell'egoismo del predatore e stringo sodalizio nell'interesse del campagnolo. Sta neve non s'ha da fare.