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Allodole alla cacciatora con polenta(di Luciano Scarselli)
Ho praticato spesso, fino a che è stato possibile la caccia alle allodole con la civetta.
La civetta l'addestravo personalmente, sia perché, da studente, non avevo grandi disponibilità, sia perché mi divertivo immensamente ad allevarla ed abituarla al gioco di richiamo.
Gli amici erano informati.
Capitava che mi portavano dei civettoli di nido caduti dalla canna del camino oppure mi indicavano il nido, in una crepa del muro di un casolare, da cui prelevavo il nidiaceo più robusto, ancora con gli "scanocchi" e la lanugine.
Di norma allevavo due civette che, appena possibile incalzettavo e sistemavo, ognuna, su un posatoio di sughero fissato ad un corto bastone rizzato al centro di un secchio colmo di sabbia.
Le calzette erano collegate ad un pezzo di cordicella sufficientemente lunga da permettere alla civetta di volare a terra.
Le civette (i maschi con la testa più grossa e più bellicosi) venivano abituate a prendere, direttamente dalle mie mani, dei pezzettini di "pina di cuore" (la parte del cuore verso la punta), che mi procuravo sempre fresca dal macellaio.
Più volte al giorno mi dedicavo a questo esercizio, all'inizio aprendo quasi a forza il becco del soggetto e poi, dopo vari tentativi, facendo in modo che la civetta, con un piccolo volo, venisse a prendere il pezzetto di carne sanguinolenta, posandosi sul palmo della mia mano.
Un vecchio addestratore mi diceva di non dare acqua da bere alle civette in quanto i liquidi naturali delle prede o del cuore erano sufficienti.
Portavo loro qualche uccelletto e mai i colli dei polli macellati, che avrebbero potuto provocare un'infestazione di pidocchi pollini.
Le abituavo ad essere docili, le facevo posare sulle spalle e sulla testa senza che mai mi ferissero con gli artigli.
Mi divertivo a vederle inchinarsi di scatto ripetutamente, in cima alla canna, con gli occhi gialli e tondi puntati verso di me. Si usava dire che la civetta stava "cuccando", o che "faceva la cucca".

Rinforzate le ali, ponevo le civette ognuna su di una lunga canna flessibile e di tanto in tanto le costringevo a staccarsi dal posatoio, strattonando una cordicella.
A volte, sul principio, la civetta rimaneva penzoloni a capo in giù e mi costringeva riprenderla delicatamente e deporla di nuovo sulla gruccia, ma dopo qualche tentativo, non cadeva più e invece si librava al di sopra della gruccia appollaiandosi con un leggero frullo di ali.
A quel punto eravamo pronti, io e la civetta, ad affrontare il passo delle allodole.
Dal 15 di ottobre in poi, fino a tutto novembre, quando potevo, cacciavo le allodole che venivano credulone sopra la civetta e si facevano sparare più volte. L'uso delle gabbie con allodole da richiamo, tecnica introdotta credo dagli Emiliani e dai Lucchesi, era ancora sconosciuto.
Col fischio in bocca, azionando un artigianale modello di specchietto fabbricato in casa, trapelando con lo sguardo il bordo superiore del capanno, aspettavo che le allodole venissero a tiro richiamandole con lo svolazzio della civetta e le colpivo imbracciando rapidamente il fucile, che tenevo appoggiato in un angolo del capanno.
I primi anni non andavo molto lontano da casa (avevamo casa e tabaccheria/armeria in via Provinciale Pisana a Livorno): in Campo Lungo davanti a Camp Darby, a Calambrone o in Arnino dietro le pinete di Tirrenia erano posti dove si potevano fare da 30 a 50 allodole solo con la civetta.
Quando le allodole non entravano, ma ve ne erano di posate nei campi a causa di una precedente entratura, staccavo l'ultimo pezzo della canna col posatoio, allungavo lo spago che collegava le calzette della civetta alla canna e andavo in giro per le praterie cacciando allodole "alla pisana".
In pratica, camminavo nei campi e facevo alzare "criolando" le allodole apposate tra l'erba. Allora, spingendo rapidamente in avanti la canna e descrivendo un ampio semicerchio verso il basso, provocavo il distacco della civetta dalla gruccia. Mantenevo la gruccia sempre in vista e davanti alla civetta che nel tentativo di recuperare la sua posizione descriveva un lungo e leggero volo, con evoluzioni.
Le allodole venivano attratte, come ipnotizzate, dall'elegante svolazzio della civetta e cambiavano direzione tornando sopra la mia testa ad ali aperte e tremolanti, quasi ferme, per cui costituivano un facile bersaglio.
Non era difficile incernierare 15/20 allodole in una mezz'ora di tale caccia.
In Maremma questa forma di caccia era molto diffusa e vi erano uomini o ragazzi che facevano i civettai, per arrotondare la giornata, al servizio dei cacciatori che arrivavano dalla Toscana e dal Lazio.
Oggi, le civette, a norma di legge, non possono essere più utilizzate a scopo di aucupio (richiamo) . Tale divieto non credo possa essere motivato da rischi di estinzione, in quanto i cacciatori e gli addestratori usavano liberare le civette a fine caccia.
Ciò ha però condannato una manifestazione veramente caratteristica "La Fiera delle Civette di Crespina", in quel di Pisa, che richiamava numerosi appassionati per vedere le gare di volo delle civette addestrate da civettai di mestiere.
Trasferitomi a Lucca per lavoro, ho provato a mettere su una dozzina di allodole, che grazie ai consigli dell'amico Enrico e del barbiere del paese, ho chiusato per due o tre anni. Ho frequentato le piane della Bonifica di Massarosa, La California dopo San Vincenzo, Lumiere, Rio Torto e Lupo non sempre realizzando grandi carnieri.Con occasionali compagni di caccia, forniti di numerosi richiami, ho avuto modo di fare carnieri impensabili a Pescia Romana e nel Casertano. Sono state esperienze molto belle!
Ma non posso fare a meno di tornare con la mente a quando, manovrando la civetta e con qualche colpo di fischietto, riuscivo a far venire a tiro di fucile un branchetto, ormai defilato e lontano, di allodole entrate basse sulla brughiera di Rio Torto e, dopo averle sparate, le facevo tornare ancora una o due volte sulla civetta.

La ricetta - Allodole alla cacciatora con polenta.

Ingredienti: allodole un bel numero; sale e pepe macinato, un pizzico di spezie in polvere, carota; cipolla, 1 o 2 foglie di alloro; aglio, una costa di sedano, una fetta di pancetta (in alternativa: una salsiccia), 1 bicchiere di vino bianco, pepe in grani, olio extra vergine di oliva, 1 kg. pomodori pelati in scatola.

Preparazione e cottura: Pelare e fiammeggiare gli uccelli,togliere le interiora lasciando i fegatini.Salare e pepare all'interno con moderazione.
In un tegame appropriato versare l'olio e fate rosolare la pancetta tagliata a cubetti o la salsiccia disfatta (o entrambe in equilibrio).
Aggiungete le allodole e fate insaporire per alcuni minuti, quindi aggiungete il vino e fate svaporare.
Scolate le allodole, che deporrete in un piatto a parte, e preparate un trito grossolano degli odori (lasciate le foglie di alloro intere). Fate appassire il battuto nel tegame ed aggiungete il pomodoro pelato schiacciandolo con una forchetta.
Fate andare per un po' il sugo da solo prima di aggiungere le allodole affinché queste non si sfacciano prima che il sugo raggiunga la giusta consistenza.Aggiustare di sale.
Come variazione, quasi a fine cottura, si possono aggiungere al sugo olive indolcite alla lucchese.
A parte, secondo le proprie abitudini, si prepari la polenta da servire insieme alle allodole sia a "pallette" ancora calda, sia, dopo averla fatta raffreddare ed assodare, a grosse fette passate alla griglia.

Vino: mi ricordo di aver bevuto dello Syrah e di averlo trovato molto appropriato. Il piatto ha un gusto deciso ed il vino deve essere all'altezza.

 
grande suzigargano e magari ci siamo anche incontrati visto che le ho cacciate per tantissimo tempo anch'io proprio nei piani delle Pianacce, di Riotorto e di Poggio all'Agnello. Bei tempi !!!! Naturalmente con la civetta viva !
 
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