Brescia, i cacciatori scendo sotto i 25mila
6 maggio 2013
Federcaccia: «Sotto i 25mila colpa della crisi e dei politici»
L’ASSEMBLEA. Il dato si riferisce ai cacciatori bresciani ed è stato diffuso durante l’assemblea annuale alla Ca’ Noa
Il presidente provinciale Bruni annuncia iniziative pubbliche per sensibilizzare sul tema e il varo di un ufficio legale «agguerrito»
Per la prima volta i cacciatori bresciani accusano un «calo mostruoso» e scendono sotto quota 25 mila. La crisi economica avrà di certo parte in causa, ma per le doppiette nostrane gran parte della debacle va attribuita a una classe politica considerata incapace di risolvere i problemi. Incapace a Roma di modificare l’articolo 19 bis della 157/92 e incapace a Bruxelles di ottenere il riconoscimento delle cacce tradizionali.
LA RELAZIONE del presidente provinciale Federcaccia Marco Bruni è un lungo atto di accusa contro deputati ed europarlamentari nostrani. Ieri pomeriggio, di fronte alle 246 sezioni di città e provincia riunite per la consueta assemblea anuale alla Ca’ Noa, Bruni non ha fatto sconti a nessuno, deciso a incalzare i politici fino in fondo. L’Atc unico di Brescia chiude il 2012 con duemila iscritti in meno. E se qualcuno non può più permettersi il «lusso» di un’attività superflua, un ruolo decisivo Bruni lo attribuisce alla «mancata promulgazione di un provvedimento che autorizzasse il prelievo in deroga della piccola migratoria». Negli ultimi due o tre lustri «il prelievo in deroga è stato concesso in virtù di un patto elettorale tra cacciatori e rappresentanti politici bresciani – sottolinea il presidente provinciale -, e qualcuno mi smentisca se è in grado». La solfa è andata avanti per anni, ma la Corte di Giustizia europea vi ha messo fine, e ha reso «inutile e persino un po’ **** continuare a chiedere a Regione Lombardia una delibera o una legge per attuare il prelievo».
Dunque, per Bruni i nodi da sciogliere diventano la riscrittura del 19 bis e il riconoscimento delle cacce tradizionali, entrambi «figli dell’incapacità della classe politica di affrontare e risolvere i problemi». E ORA CHE le scorciatoie con la Regione si sono rivelate impraticabili, i cacciatori incalzano il Parlamento. «A dicembre dello scorso anno la Provincia di Brescia con l’ausilio dell’assessore Aurelio Guarneri ha presentato una proposta di modifica del 19 bis – sottolinea Bruni -, insieme a Molgora lo hanno firmato solo due parlamentari bresciani, Volpi e Romele».
Ma ora Federcaccia ha deciso di stanarli. Bruni annuncia che comprerà una pagina dei giornali locali per pubblicare una lettera a eurodeputati e parlamentari con la quale chiede il loro impegno a difendere le cacce tradizionali. «Dopo un mese ne acquisterò un’altra per spiegare cos’hanno risposto, e continuerò per quattro mesi consecutivi. Sarà una campagna costosa, ma i nostri soci hanno diritto di sapere come si muove la politica su un tema per noi molto importante». PRIMA CHE scada il suo mandato, l’anno prossimo, Bruni ha in mente pure di affiancarsi ai 200 mila «piezeurs» francesi (cacciatori con trappole), anche loro bocciati dalla Direttiva europea ma decisi a chiedere che le loro pratiche tradizionali siano riconosciute patrimonio culturale dell’umanità dall’Unesco. «Ditemi voi se non sono degni di entrare in quel patrimonio i nostri roccoli», sbotta. E’ un’idea, peraltro, già lanciata dal presidente nazionale Federcaccia Gianluca Dall’Olio, ieri presente alle assise bresciane insieme al vice Lorenzo Carnacina, al presidente regionale Mauro Cavallari, al consigliere al Pirellone Alessandro Sala e all’assessore provinciale Aurelio Guarneri. E se non bastesse per invertire la tendenza ad appendere la doppietta al chiodo, Bruni annuncia pure il varo di un ufficio legale «competente e agguerrito», per difendere i cacciatori dai continui ricorsi al Tar.
Scotta ancora l’interpretazione restrittiva della norma da parte del procuratore reggente Fabio Salamone, che ha condiviso l’applicazione della sanzione penale anche per l’abbattimento di un solo fringuellide. E poi, «i nostri cacciatori vanno difesi anche dallo strapotere delle guardie volontarie – aggiunge -, che scorrazzano impunite e autorizzate a qualunque intervento». Infine, Bruni avverte che l’unificazione del mondo venatorio in atto deve puntare a una «nuova idea di associazionismo come sta facendo Federcaccia». Sarà un processo «difficile», ma anch’esso utile a invertire una tendenza all’abbandono della cultura venatoria, che sembra non avere fine