In effetti è quello che da sempre si fà nelle tanto invidiate terre oltre confine ... dove non esiste ( a volte ) neanche un piccolo lembo di territorio libero.
Purtroppo da noi è successa una cosa contraria ..... per salvare la " libera caccia " si è prodotta la 152 con la parcomania che ne è derivata. La cementificazione del territorio ha fatto il resto .... la selvaggina martoriata in quei piccoli spazi liberi si rifugia dove rimane indisturbata o dove un attenta e limitata gestione venatoria privata la rende compatta e presente ed a volte fruibile anche a chi caccia fuori.
La legge 157\92 ( non 152, quindi ) fu partorita alle quattro di mattina dell'ultimo giorno disponibile, da un coacervo di forze politico-ambientaliste riprovevole: ergo non poteva che scaturire un aborto, quale è poi stato. Riguardo la caccia all'estero, non ne sono mai stato attratto, proprio per i motivi che elencavo nel mio precedente post, con l'ulteriore considerazione che i costi di tale speculazione sulla nostra passione sono talmente alti che, con le cifre richieste per un soggiorno venatorio di quattro - cinque giorni nelle mete più gettonate dai seguaci di Diana, ci si può permettere tre settimane di vacanze all inclusive con famiglia sulle Coste dell'Egeo, ad esempio. Ovviamente questa non è una critica a chi decide di alimentare la propria passione venatoria fuori confine, ci mancherebbe. E' soltanto un mio personalissimo punto di vista circa questa modalità di caccia che non mi vede affatto coinvolto. Cito un episodio accadutomi nei primi anni '80: mi trovavo a Londra per motivi di studio, alloggiato presso una famiglia di origine italiana, quando un giorno, un componente di questa mi propose di accompagnarlo a caccia. Avevo diciannove anni, e mi sembrava di sognare. Tuttavia dissi che non potevo poiché sprovvisto di tutto: licenza inglese, armi, munizioni. Questi mi sorrise e con un "no problem about it" mi portò con lui in un terreno ( saranno stati duemila metri quadrati, non di più ) a colombacci. Arrivati sul posto, stese una rete vecchia e consunta rete mimetica su un cespuglio, mise a terra ( stoppia di grano ) quattro-cinque stampe scolorite e dopo appena due minuti cominciarono ad arrivare a tiro frotte di colombacci confidenti come galline. Dopo un'ora di quella "esecuzione di massa", avevo il voltastomaco, sia per i numeri, sia perché non fu fatto il minimo sforzo per ottenerli; non c'era un briciolo di arte venatoria in quel che avevo vissuto: soltanto tiro a segno. Ad un certo punto, vidi, a cinquanta metri sulla sinistra rispetto a noi, che sopra uno stagno si stava buttando un branchetto di alzavole e proposi al mio compagno di cambiare oggetto di caccia. La risposta fu che là non potevamo andare, perché in tale area non aveva la concessione: "off limits2, mi disse ... Con questo non voglio dire che la caccia all'estero rispecchi nella sua interezza le modalità che ho esposto poco innanzi, ma l'episodio serve a far capire due cose: 1- l'inevitabile costrizione in stretti spazi predefiniti e 2 - la "deprimente" certezza di abbattimento di selvaggina, poiché, nella quasi totalità dei casi, nulla è legato al caso, all'abilità, insomma, alla destrezza del cacciatore, bensì soltanto allo spessore del portafogli. Concludo ribadendo che quanto sopra esposto è soltanto un mio personale punto di vista, avulso da qualsiasi velleità didattica o moralistica. Un saluto a tutti.