Tordi spagnoli, per dare vita a questa importante discussione
vi posto un mio articolo uscito su Sentieri di Caccia nel numero di agosto 2008:
ZORZALES !
Dopo l’annata difficile dell’anno scorso i tordi sono tornati dove sono sempre stati.
Nella Extremadura spagnola i i tordi ( zorzales in spagnolo) sono i protagonisti di una cacciata di gran fascino in un paesaggio da sogno.
“ Che ci vai a fare ?” oppure“ Non hai sentito che fregature hanno preso l’anno scorso ?”.
Erano queste le frasi che mi sono sentito pronunciare da quei simpaticoni dei amici cacciatori quando lo scorso fine gennaio ho deciso con pochi fidati compagni di caccia di andare a tordi in Spagna.
In realtà, mi sono fidato dell’amico Josè che mi assicurava che una media discreta era sempre stata tenuta per tutta la annata con picchi davvero interessanti alla apertura di novembre, perciò sapevo che “pacchi” clamorosi non ne avrei presi.
Ho avuto ragione io e torto chi è restato malpensante a casa.
Chi va a caccia all’estero sa però che per raggiungere il posto dei propri personali sogni è necessario sottoporsi, oserei dire distruggersi, all’estenuante rito del giorno di viaggio immancabilmente contrassegnato da lungaggini burocratiche, code, nebbia, controllo armi, aeroporti e lunghi trasferimenti in auto.
Insomma spesso si arriva alla méta già cotti, come quest’anno quando ho posteggiato finalmente l’auto nella bellissima piazza principale di Talarrubias in Extremadura, dove, oltre alle bellissime cicogne che abitano 365 giorni all’anno sul tetto della chiesa del paese, ho trovato un Josè sorridente che come prima cosa mi ha detto: “Armando, andiamo a fare il rientro !”
Pronti via, vestiti da aeroporto e con le valigie in macchina abbiamo approfittato dell’ultima ora di luce per insidiare i primi tordi.
E’ stato l’unico sera che, non reggendomi in piedi dalla stanchezza, ho sparato veramente male, ma la voglia del tordo ha superato tutto e tutti.
Il mattino successivo, dopo una dormita ristoratrice, finalmente l’uliveto, la vera caccia, le poste, il primo zirlo, la figura amica, amata, odiata e rispettata in lontananza, vola veloce, sto ben coperto, è alta, imbraccio, ho il tempo di pensare “ mettigliela davanti tanto ! ”, la cartuccia spagnola da 32 grammi con rigoroso piombo del 9 come usa da quelle parti, fa il suo dovere, il tordo si ferma un milionesimo di secondo in cielo, cade a pancia all’aria sotto un piccolo ulivo, corro e l’ho in mano, lo guardo, lo rispetto, lo soppeso con la mano è un bottaccio davvero grosso, reso obeso dalla favolosa dieta a base di olive spagnole.
Sono finalmente di nuovo a caccia.
E ora non mi fermo più.
E’ bella la caccia ai tordi, bella e difficile perché in Spagna è vietato qualunque tipo di richiamo e le sanzioni pecuniarie sono davvero salate per i trasgressori, perciò è inutile rischiare perché pochi o tanti i tordi ci sono. Si trova sia l’ingenuo a 15 metri che lo smaliziato a 80 metri che sembra salutare i cacciatori con il gesto dell’ombrello.
In Spagna i tordi sono diventati “capricciosi”: ma la presenza del selvatico negli anni buoni è oramai direttamente proporzionale alla pressione a cui viene sotto posto nelle riserve, qui denominate coto de caza.
Per la caccia al tordo questa caratteristica è semplicemente fondamentale.
Se una zona prescelta per la battuta è stata sfruttata 5 giorni prima, i risultati non saranno di certo uguali rispetto a un posto in cui nessuno spara da 15 giorni.
Di conseguenza, vitale per la buona riuscita della caccia deve essere la preparazione e la serietà del nostro referente in Spagna. Questi, oltre ad organizzare tutta la logistica locale, ha il compito di gestire le zone delle riserve, comprare gli alberi di ulivo dai coltivatori locali per lasciare il frutto sulla pianta per attirare i selvatici e fare tutto ciò che è possibile per gestire bene il gruppo in modo che tutti si divertano, sia a caccia che nelle ore libere.
Negli anni la caccia in Spagna è lentamente evoluta.
Un motivo del cambiamento è stato l’enorme sviluppo che la Spagna ha realizzato negli ultimi 15 anni, con conseguente maggiore ricchezza delle popolazioni locali, che venti anni fa dovevano trascurare questo tipo di selvaggina, ma che ora invece è intensamente cercata.
La Spagna in questi ultimi venti anni ha messo la freccia a sinistra, ha prodotto, ha lavorato intensamente e in pochi anni ha raggiunto e superato nel reddito molti paese europei. Gli spazi sono enormi, la burocrazia meno assillante e i risultati sono concreti e visibili a tutti. Quando si attraversa un paesino o una grande città si vedono lavori dappertutto, tante, tantissime gru in azione, la gente lavora, produce, migliora e la conseguenza naturale e logica è l’avere più soldi in tasca.
Con l’aumento del reddito medio, con la vastità di zone rurali, con la presenza di selvatici veri, la caccia in Spagna tra gli spagnoli ha avuto un vero e proprio boom, un po’ come in Italia negli anni settanta.
Perciò per gli italiani, che da molti anni invadono la terra iberica per la caccia, le cose sono molto cambiate. Non è più terra di conquista, ma di uso corretto, non siamo più invasori, ma ospiti accettati.
Ospiti che gradiscono ancora stupirsi, fotografare per documentare e ricordare lo spettacolo della natura allo stato puro che ci regala la Extremadura, con oliveti sterminati, strade provinciali dove passa una macchina ogni mezz’ora, tante gru, questa volta non dell’edilizia, ma i maestosi uccelli presenti ai lati della strada, paesini bianchi da presepio, ottimi ristoranti e prezzi ancora possibili.
Tutto questo fa tornare di anno in anno centinaia di cacciatori italiani da novembre a tutto febbraio, che resta insieme alla apertura di novembre il periodo migliore per la caccia al tordo.
Ma so che a chi mi legge, più che i massimi sistemi interessano i risultati nel concreto per vedere e riflettere se nei prossimi mesi la Spagna – tordi sia una meta da riprendere in considerazione per una gita venatoria fuori dai nostri confini nazionali.
Quest’anno, personalmente sparando meno bene di quanto faccio di solito, ho tenuto la media di un…medio fucile, con circa 35 tordi giornalieri.
E’ troppo difficile però buttare dei numeri in pasto, perché le variabili in questi campo sono troppe: il posto, la posta, il tempo, il vento, il tipo di cacciatore, di fucile, di cartucce. Molte di queste variabili sono imprevedibili e rimandano alla fortuna individuale, ponderabile invece, anzi fondamentale deve essere l’organizzazione locale. Questo è uno dei pochi paesi in cui si può ancora fare il cacciatore “fai da te”, cosa che poteva essere bene attuata fino a dieci o quindici anni fa, ma che ora è assolutamente da sconsigliare se non si vogliono incontrare brutte sorprese.
Non è mia intenzione fare pubblicità, ma il consiglio che posso dare a chi già ha fatto esperienze all’estero o ancora di più a chi non è mai partito, è di affidarsi ad agenzie serie, qui sulle pagine di Sentieri di Caccia, dove anche la pubblicità non annoia, ma spesso aiuta, ne troverete di ottime.
La caccia all’estero è la ricerca di emozioni perdute, quelle dei nostri ricordi e che per un modo o per l’altro non riusciamo più a rivivere in Italia.
Non è solamente un puro inseguimento di numeri in carniere, ma la fuga dal nostro quotidiano, la ricerca di qualcosa di perduto, di lontano, la voglia di rivivere vecchie giornate.
Non è però una medicina che calma la voglia di caccia, anzi è l’esatto contrario, è un induttore di caccia. Torni sei contento della tua vacanza, ma già con la mente navighi nel futuro per vedere come e quando si può ripartire per rilavare la tua mente troppo oppressa dai mille pensieri grandi e piccoli che la vita ci pone davanti.
Sì, la caccia lontano da casa è una lavatrice della quotidianità, dello stress che la vita di tutti i giorni ci propone, è lo stare insieme sempre con il proprio fidato gruppo di amici, è la ricerca della libertà piena e della assenza di pensieri.
Non ricordo bene chi l’ha scritto, ma ricordo di aver letto che la vita di un uomo è fatta di montagne e di caverne: montagne che dobbiamo scalare e caverne in cui ci rifugiamo quando non siamo capaci di affrontare le montagne. La caccia è una delle nostre caverne che la vita ci offre per essere pronti a ritornare a scalare, dunque, personalmente affermo che una esperienza di caccia all’estero, dovunque ci porti la selvaggina del cuore, è da consigliare.
Ma per poter vivere fino in fondo l’emozione bisogna essere cacciatori veri e non saltuari, bisogna avere dentro la voglia della preda e del risultato, i cacciatori annacquati non riescono ad apprezzare fino in fondo la bellezza della novità.
Bisogna essere cacciatori, specie per un selvatico come il tordo, dove al piccolo movimento del cacciatore nella posta o al solo lieve vociare alza la sua quota di passaggio di dieci metri e va fuori tiro, bisogna volerla la preda e la preda si prende se si vuole fortissimamente, se siamo disposti a soffrire un po’ per raggiungerla.
Noi migratoristi veri siamo abituati a questa piccola dolce sofferenza, specie in Italia: ore al freddo per una posta di rientro, sveglie antelucane per raggiungere un alto valico, noi riusciamo ancora a restare ancora a bocca aperta se e quando una posta ci riesce a far bruciare la spalla e finire presto una scatola di cartucce.
Ma tutto è relativo. Se poi si parla coi cacciatori spagnoli o con gli amici tordaioli pugliesi abituati alla abbondanza si sente che, nonostante tutto, si lamentano come e più di noi rinchiusi nelle gabbie strette del personale A.T.C. magari poco adatto alla selvaggina che amiamo.
Allora la domanda sorge spontanea.
Dove è il confine tra il giusto e lo sbagliato, tra il poco e il tanto ?
Ognuno di noi ha la sua risposta che non sta in un numero, ma nel come, nello spirito in cui viviamo una giornata di caccia.
Di come ognuno di noi interpreta quel piccolo pezzo di DNA, di cui tanto siamo orgogliosi, in cui c’è scritto cacciatore.
A voi, alla vostra intimità, la risposta a questa domanda che qualunque migratorista si è posto negli anni
Se rispondete tanto vi accuseranno di essere sparatore, se ponete il confine sul poco vi diranno che non valete niente come cacciatore, insomma ora più che mai è veritiera quella vecchia canzone del lontano Sanremo 1967 intitolata “Pietre” e che diceva così: “ Tu sei buono e ti tirano le pietre. Sei cattivo e ti tirano le pietre. Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, sempre pietre in faccia prenderai.”
Ad maiora.
Armando T.