Si celebra oggi in tutto il mondo la Giornata Mondiale della Biodiversità, che trae la sua origine dalla firma nel 1992 della Convenzione sulla Diversità Biologica di Nairobi. Lo scopo è quello di sensibilizzare sui temi della conservazione della biodiversità e della promozione di un suo uso sostenibile. Un obbiettivo verso cui è indirizzata anche l’attività venatoria
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“Essere parte del Piano” è il tema scelto nel 2024 per celebrare questa giornata, ed è un invito all’azione rivolto a tutte le parti interessate per arrestare e invertire la perdita di biodiversità sostenendo l’attuazione del Quadro globale sulla biodiversità di Kunming-Montreal.

In Italia assistiamo da anni a un utilizzo sempre più enfatizzato di questo termine, molto spesso fuori contesto e ancor più frequentemente non supportato da dati di fatto e scelte istituzionali indirizzate correttamente.

Salvaguardare la biodiversità significa “decidere” cosa si vuole conservare, quali habitat e quali specie, e possibilmente non in modo “puntiforme”, ma attraverso una strategia territoriale globale. Invece, troppo spesso troviamo che la salvaguardia della “diversità biologica” non è preceduta da un’analisi specifica degli obbiettivi da raggiungere e ancora oggi si pensa alla “protezione” tout court e non alla conservazione e gestione.

Un esempio su tutti è la difficoltà ad attuare i piani di controllo di specie aliene invasive (a esempio l’ibis sacro o il parrocchetto), ma anche dei predatori opportunisti (volpe, corvidi, gabbiano reale, alcuni ardeidi) che impattano su specie a maggiore priorità di conservazione, come la pavoncella, la tortora e molte specie legate agli habitat agricoli.

In parole semplici, in Italia la “gestione” fatica a farsi strada in nome di una “protezione” che in realtà non consente di agire in modo efficace sulle specie prioritarie.

Il mondo venatorio è protagonista della conservazione di habitat e specie: dalla creazione e conservazione di zone umide alla realizzazione di siepi, dal mantenimento delle radure alpine alle colture a perdere, oltre a essere i principali collaboratori nel controllo di specie aliene e opportuniste. In alcuni casi i cacciatori hanno collaborato alla reintroduzione di specie, anche non di interesse venatorio, scomparse da determinati areali.

Per approfondire questi aspetti vi invitiamo a consultare il sito https://www.biodiversitymanifesto.com/.

Il nostro intento in questa giornata non vuole essere però autocelebrativo. Intendiamo piuttosto chiedere alle Istituzioni italiane ed europee un approccio nuovo, che si fondi su questi due concetti:

  • Considerare la caccia e i cacciatori quali strumenti per la conservazione della biodiversità
  • Agire urgentemente sulle specie degli habitat agricoli con finanziamenti specie-specifici.
I cacciatori già sono “parte del Piano”, che lo si voglia ammettere o meno. Chiediamo solo che il nostro impegno venga riconosciuto e di essere messi in grado di svolgere più e meglio quello che già spesso mettiamo in campo volontariamente a tutela di un bene prezioso per tutti.

Ufficio Stampa Federazione Italiana della Caccia
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