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Soul food. Cibo dell'anima. Niente a che vedere con la religione. Si tratta di certi cibi particolari legati alle tradizioni del paese di nascita e della famiglia. Sono cibi il cui aroma ci riporta alle nostre origini, alla nostra storia, ad un eta' innocente, ed il cui sapore ci fa ricordare convivi di una volta, quando ancora si pranzava e si cenava tutti insieme, quando i padri tornavano a casa per il pranzo--prima dell'aberrazione dell'orario unico, che insieme al consumismo parossistico e al conseguente bisogno della moglie di aiutare il bilancio famiiare con il suo salario, ha contribuito alla disgregazione della famiglia.
Cibo che nutre il corpo e lo spirito. Ognuno di noi ne ha alcuni, in genere semplici, poco costosi, di un'Italia che era piu' piccola, piu' italiana, piu' povera di cose materiali, ma molto piu' ricca delle cose che contano veramente e che oggi sono in via d'estinzione, se non gia' estinte.
Oggi ho celebrato la mia infanzia ed adolescenza, l'amore che accomunava i miei genitori, mio fatello e me con uno di quei cibi "sacri." Quasi ogni Venerdi', Papa' prima di tornare a casa a pranzo dall'ufficio, si fermava alla friggitoria a Via Santa Maria Ausiliatrice e poi veniva a casa con un grosso cartoccio unto d'olio dal quale si sprigionava un aroma squisito. Erano i semplici, proletari filetti di baccala', tagliati a strisce lunghe e abbastanza sottili, poi passati in una pastella di farina e fritti. Si saltava il primo e si mangiavano immediatamente, ancora caldissimi e croccanti.
Saranno stati quasi sessant'anni che non ne assaggiavo. Nel 1969 ci trasferimmo a Grottafrerata, Papa' era andato in pensione, e la friggitoria era stata chiusa, soppiantata gia' dai cibi surgelati di supermercato racchiusi in pacchetti asettici variopinti, come i vili "bastoncini di pesce," che con i filetti di baccala' fritti non hanno niente a che fare, incrostati come sono non in una pastella odorosa di pane ma in una roba granulosa che mi fa pensare alla lettiera dei miei gatti.
L'altro ieri ho comprato dei filetti di baccala' importati dal Portogallo. Belli, bianchi, in una busta trasparente, sotto sale. Li ho sciacquati a lungo. poi li ho messi a bagno in acqua fredda, nel frigo, cambiando l'acqua tre volte, usando ogni volta acqua ben refrigerata. Stasera ho preso della farina che gia' contiene del lievito, vi ho aggiunto acqua, alcuni condimenti, ho mescolato il tutto e vi ho immerso i pezzi di filetto, che poi ho fritto in olio d'oliva bollente finche' la pastella non e' divenuta dorata. Poi, applicando il principio napoletano del "frienn' e magnann'" (cotto e mangiato) me li sono goduti. E son tornato bambino, Papa' e Mamma e mio fratello erano con me e ancora non avevo conosciuto le brutture della vita. Tiemp' bell' 'e na vota, ma pecche' nun turnate?
 
Che , te li sei magnati tutti da solo ???
Almeno una foto dei tuoi, potevi mettere a tavola :)
Ero da solo. Mia moglie e' a Reno, dove la sorella e' stata operata d'urgenza per un'occlusione intestinale. E percio' me li sono mangiati quasi tutti. Una parte l'ho dovuta mettere in frigo. Nel frigo ho anche un altro po' di baccala' ancora non cucinato. Domani lo cucinero' in una maniera tale che come sapore assomigliera' all'aragosta. Lo meti in acqua fredda a fuoco bassissimo fino a che la temperatura non arriva a 140 gradi Fahrenheit (l'acqua bolle a 212 gradi Fahrenheit). lo togli dal fuoco e lo lasci nell'acqua di cottura finche' non raggiunge la temperatura ambiente. Poi lo condisci col burro fuso, un po' di sale, e te lo mangi. E' ancora meglio se usi il merluzzo fresco o il vero stoccafisso napoletano "rinvenuto" in acqua corrente per parecchio tempo. Ma anche il baccala' vero e proprio funziona, se e' stato tenuto a bagno in diverse acque per tre o quattro giorni.
Una volta il baccala' era il cibo dei poveri. Hai visto quanto costa adesso? Anche qui non scherza...
 
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