fucili caccia.jpg


In merito all’obbligo di presentare, ogni cinque anni, il certificato medico di idoneità psichica da parte dei meri detentori di armi, ci è giunta la segnalazione della iniziativa di una Questura (non ci risulta che altre abbiano seguito l’esempio), che, in caso di omissione, oltre alla prevista segnalazione al Prefetto per l’eventuale adozione del provvedimento di divieto di detenzione di armi di cui all’art. 39 del TULPS, provvede anche alla denuncia penale per l’art. 17 dello stesso testo unico (arresto fino a tre mesi o ammenda fino a euro 260).
Tale iniziativa punitiva, che sembra sia stata ispirata da una esigua dottrina (Iovino, Manuale in materia di armi, Torino, 2020, pag. 206), troverebbe la sua giustificazione nel fatto che, essendosi concluso il regime transitorio della disposizione prevista dal D.L.vo 104/2018, il mero detentore è obbligato a presentare il certificato, ogni cinque anni, o alla scadenza delle licenze di porto, se non rinnovate, senza obbligo da parte degli Uffici di Polizia o Comandi dei Carabinieri di inviare la prevista Diffida.
In merito al termine del regime transitorio, permetteteci di sollevare dubbi, tenuto anche conto che tutta la materia della certificazione medica deve trovare ancora, dal 2011, una regolamentazione definitiva con il decreto del Ministero della Salute, previsto dall’art. 6 del D.L.vo 204/2010, come peraltro richiamato nel vigente art. 38 del TULPS.
Riteniamo che una ricognizione storico/normativa della materia ci permetta meglio di fugare dubbi in merito.
La telenovela iniziò nel 2010, con il D.L.vo 204 (attuativo della direttiva 2008/51/CE) con il quale, per la prima volta, fu disposto che chiunque detiene armi, senza essere possessore di alcuna licenza di porto d’armi, deve presentare ogni sei anni la certificazione medica di cui all’art. 35 TULPS (art. 3).
Già tale decreto legislativo prevedeva come sanzione, in caso di mancata presentazione, la possibilità di applicazione, da parte del Prefetto, del provvedimento di divieto di detenzione di armi, di cui all’art. 39 del TULPS. Nessun riferimento alle procedure per la presentazione di tale certificato.
Con lo stesso D.L.vo veniva anche previsto che, il Ministro della Salute, di concerto con quello dell’Interno, avrebbe dovuto emettere un decreto con il quale rivedere le modalità di accertamento dei requisiti psicofisici, per le licenze in materia di armi prevedendo anche una specifica disciplina transitoria per coloro che già detengono armi (art. 6). In merito, il Ministero dell’Interno, con circolare del 24 giugno 2011, evidenziò che tale disposizione sarebbe entrata in vigore solo dopo l’emanazione del decreto del Ministro della Salute.
Nel 2013, con il D.L.vo 121, si prese atto della mancata adozione di tale decreto, disponendo ugualmente, una tantum, l’obbligo di presentazione del certificato, precisando, però, che è sempre possibile la presentazione del certificato nei 30 giorni successivi al ricevimento della diffida da parte dell’ufficio di pubblica sicurezza competente (art. 6). Per la prima volta veniva normata la possibilità di presentazione del certificato anche oltre il termine, senza previsioni di sanzioni, se non quella, già inserita nel D.L.vo 204, dell’applicazione dell’art. 39, come esplicitato nella Circolare del 29 aprile 2015.
Tale procedura è tuttora richiamata nel sito della Polizia di Stato (www.poliziadi stato.it/armi/new), purtroppo non ancora aggiornato con le successive variazioni. Anche in questa comunicazione ufficiale non si fa cenno ad alcuna sanzione, nel caso di mancata presentazione, oltre quella prevista dal D.L.vo 121, lasciando libero il detentore che potrà spontaneamente presentare il certificato, senza attendere il provvedimento di diffida.
Nel 2018, con il D.L.vo 104 (attuativo della direttiva 853/2017), il termine temporale dell’obbligo di presentazione del certificato fu ridotto da sei a cinque anni, con la solita previsione che nel caso di mancata presentazione il prefetto può vietare la detenzione delle armi ai sensi dell’art. 39 (art. 3), senza riferimento ad altre sanzioni, specificando, nel contempo, come doveva essere redatto e da chi tale certificato, fino all’adozione del decreto regolamentare previsto dall’art. 6 D.L.vo 204 (art. 12).
Inoltre, pur stabilendo che detto certificato doveva essere presentato entro il 14 settembre 2019, fu previsto che decorsi dodici mesi è sempre possibile la presentazione del certificato nei 60 giorni successivi al ricevimento della diffida (art. 14).
Relativamente al regime transitorio, alla procedura e alle sanzioni, sono particolarmente significative le Circolari del Ministero dell’Interno.
Infatti, con quella del 12 settembre 2018, pur riconoscendo che il regime transitorio è completato dall’art 13 del D.L.vo 104/2018, per cui l’obbligo deve essere adempiuto entro il 14 settembre 2019, tuttavia venne riconfermata la solita procedura per la quale decorso tale termine, gli uffici di polizia continueranno a diffidare i soggetti inadempienti a presentare il certificato medico entro 60 giorni dal ricevimento della diffida.
Anche con la Circolare del 19 novembre 2019 fu ribadito agli uffici periferici di seguire tale procedura, evidenziando che lo stesso legislatore ha stabilito che, decorsi 60 giorni dalla diffida, in caso di mancata presentazione del certificato medico, il prefetto può vietare la detenzione delle armi ai sensi dell’art. 39 TULPS, senza alcun riferimento ad altre sanzioni, pur riconoscendo terminato il periodo transitorio.
Considerate la normativa in materia e le direttive del Ministero, riesce difficile immaginare la possibilità di applicare agli inadempienti altre sanzioni, come l’art 17 del TULPS, oltre quella prevista dal legislatore, di cui all’art. 39, già presente nel D.L.vo 121 e ribadita nel D.L.vo 104 (in dottrina concorda Calesini, Leggi di pubblica sicurezza, Roma, 2019, pag. 202).
L’art. 17 è applicabile quando non sia prevista una pena o una sanzione amministrativa alle violazioni delle disposizioni del TULPS. Questa ipotesi non riguarda l’art. 38, siccome, in caso di mancata presentazione del certificato medico è prevista la sanzione amministrativa del ritiro delle armi, sanzione che, per l’appassionato del settore, sembra ben piu’ afflittiva della denuncia per l’art. 17.
Certo è che, se anche altre Questure seguissero la strada per l’applicazione della sanzione penale, oltre quella amministrativa prevista dalla legge, il Ministero dovrebbe intervenire con apposita circolare

Firenze 3 marzo 2024

ANGELO VICARI



Nota Mori:
Non è facile comprendere come ad un questore possa venire in mente una idea del genere e come si permetta di scavalcare prefetti e Ministero insegnando a tutti una interpretazione assurda della legge, tale da intasare uffici di Ps e giudiziari di denunzie sbagliate. E non si comprende come mai il prefetto non abbia fatto un salta sulla poltrona leggendo questa trovata, indirizzata come vincolante a tutte le autorità di polizia del territorio. Forse il prefetto avrà pensato: ci hanno mandato entrambi nell'ultima provincia della Sardegna; cosa può capitarci di peggio!

Sul piano pratico è vero che alla scadenza del certificato occorre presentarne uno aggiornato. Quindi è bene segnarsi sul calendario, sotto il proprio giorno di nascita, che scade il certificato; e si deve anche calcolare che per ottenere il certificato occorrono alcune settimane.-
Nel caso ci si dimenticasse la scadenza, occorre provvedere appena ci si accorge della omissione. Le questure, salvo quella sarda, hanno in genere la cortesia di invitare a consegnare il certificato. In teoria il Prefetto può procedere al ritiro delle armi, dando avviso di procedimento e termine per dedurre, ma si è di fronte ad una situazione sanabile poiché si tratta di una modesta omissione formale che non implica alcuna prova di inaffidabilità del detentore.

Fonte:https://www.earmi.it/
  • Like
Reazioni: Franuliv