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Con la sentenza n. 941 del 27 dicembre 2023, la sezione staccata di Brescia del Tar Lombardia ha preso in esame il ricorso presentato da un cittadino, istruttore di Judo, che ha visto respinta dalla competente questura la richiesta di rinnovo del porto d'armi per uso venatorio, a causa di un procedimento penale derivante da una denuncia-querela successivamente ritirata. L'episodio è originato quando al ricorrente è stata affidata una bambina per una delle sue lezioni dalla madre, che aveva specificato il divieto di consegnare la piccola ad altri soggetti, soprattutto al padre coinvolto in una controversia giudiziaria riguardante l'affidamento. Durante la lezione, il padre si è presentato in classe cercando di portare via la figlia, scatenando uno scontro fisico con reciproche denunce (successivamente ritirate). Inizialmente, il cittadino ha presentato un ricorso gerarchico al prefetto, il quale ha confermato la legittimità dell'azione della questura sottolineando che il ricorrente era stato destinatario di un divieto di possesso d'armi della durata eccezionale di sei anni, mentre il provvedimento oggetto di discussione era durato solamente due mesi.
I magistrati hanno accolto il ricorso, argomentando che "il Collegio ritiene che la prognosi inferenziale effettuata dall'Amministrazione non sia adeguata dal punto di vista istruttorio-motivazionale: è evidente come l'Amministrazione, nel valutare gli eventi verificatisi il -OMISSIS- presso la palestra di judo e che portarono al procedimento penale, non abbia tenuto conto del fatto che fu il querelante a recarsi in palestra e interrompere la lezione di judo tenuta in quel momento dal ricorrente; né l'Amministrazione ha considerato che la controversia ebbe inizio proprio a causa della richiesta del querelante di prelevare sua figlia, contrariamente alla volontà della sua ex moglie.
Pertanto, tale circostanza è stata la causa del controverso dissenso che ha poi portato a violenze fisiche e si è poi trasformato in un procedimento penale, nel quale il ricorrente stesso è risultato essere la parte lesa. È stato altresì distorto chiaramente il periodo di validità del divieto di detenzione delle armi adottato nel -OMISSIS-, revocato dopo soli due mesi e non - come erroneamente sostenuto dalla Questura - dopo sei anni; errore che sarebbe stato evitabile tramite un'istruttoria accurata. Si rivela inoltre contraddittoria la considerazione di tale lontano elemento, se si tiene conto del fatto che il ricorrente detiene regolarmente un porto d'armi dal -OMISSIS- e che il divieto di detenzione è stato imposto a causa di una situazione conflittuale tra coniugi in fase di separazione. Di conseguenza, si rileva che il provvedimento impugnato manca di una valutazione caratterizzata da attualità e completezza istruttoria riguardante il rischio di abuso delle armi, poiché l'Amministrazione procedente non ha considerato l'archiviazione del procedimento penale né le circostanze soggettive ed oggettive dei fatti alla base dello stesso, né ha segnalato nuovi comportamenti idonei a generare dubbi sulla affidabilità attuale del ricorrente".

Di conseguenza, il provvedimento è stato annullato e l'amministrazione è stata condannata al pagamento delle spese.
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