L' aspetto

A differenza delle tecniche che richiedono azioni dinamiche, l’azione di pesca si deve praticare con un appostamento statico, esattamente come fanno tanti animali in natura. Con l’aspetto si vanno a sfruttare alcuni particolari punti deboli dei pesci, e cioè la loro grande curiosità ed il senso di proprietà e di controllo del territorio di alcuni predatori. I pesci, infatti, scelgono delle zone ben precise, e come tutti gli animali marcano territorio. In determinati periodi fissano i confini del territorio per l’alimentazione e l’accoppiamento. Mentre le tecniche dinamiche come l’agguato puntano sul fattore sorpresa, l’aspetto punta sul fattore curiosità: le microvibrazioni prodotte dal nostro corpo portano qualunque pesce ad allertarsi e controllare la loro provenienza qualora segnalino un’invasione nel loro territorio. La curiosità è innata in tutte le specie, non solo nei predatori, e non a caso è divenuta proverbiale.

E’ necessario distinguere la disciplina in due livelli, in base alle quote operative e le prede che si intendono insidiare:



L' aspetto nel bassofondo: si intende quello esercitato da 0 a 15 metri

Si pratica sia in superficie che a fondo, e la profondità massima d’esercizio può essere fissata in quindici metri. Nell’aspetto in bassofondo tante prede possono essere insidiate con successo anche evitando d’immergersi: anche se la maggior parte dei neofiti sono convinti che la cattura del pesce sia legata indissolubilmente alla profondità, questa convinzione può essere tranquillamente smentita da semplici appostamenti in emersione. La tecnica così praticata si rivolge alla regina del bassofondo, e cioè la spigola, che preferisce cacciare in poche spanne d’acqua e nei mesi più freddi fissa i confini del suo territorio in prossimità di sbocchi d’acqua dolce o in coste basse e preferibilmente frastagliate. Se si punta alla cattura della spigola, non sarà necessario operare in superficie, ma le catture si concentrano comunque in pochi metri di profondità.
Come la Spigola, anche altri pesci non predatori scelgono queste quote: Cefali, Saraghi Pizzuti, Maggiori e Fasciati e le Salpe. Prima di ogni tuffo si devono valutare tanti fattori e non sempre si riescono ad avvistare le prede in anticipo. Tanto con acqua limpida quanto in condizioni di visibilità precarie, a volte si dovranno sfruttare fattori diversi dall’avvistamento diretto, come ad esempio l’effettuare l’appostamento dove è presente una concentrazione di "mangianza", dove mulinella l’acqua oppure dove, semplicemente, il fondale si presenta adatto. Per questo motivo è indispensabile pianificare ogni tuffo; mentre si prepara l’immersione, si deve valutare il punto migliore per l’appostamento, che solitamente sarà quello che offre maggiore copertura alla nostra figura.
Si prestano maggiormente all’aspetto quei punti di fondale che presentano massi, pietre, scogli ed asperità, alghe e tutto ciò che può offrire un nascondiglio dove far sparire la nostra sagoma. Una volta raggiunto il fondo è preferibile assumere da nascosti una posizione un po’ alta del busto, in modo che le pinne restino basse e maggiormente nascoste.

Per quanto si operi ad un massimo di quindici metri di profondità l’incontro con prede di pregio e qualità non è raro. L’aspetto nel bassofondo può portare alla cattura di pesci pelagici come le grosse Lecce sopratutto nel periodo autunnale, dei Dentici di peso che nel periodo invernale da solitari si avvicinano al bassofondo. In prossimità di foci e porti non è raro l’incontro con uno dei pesci più combattivi in assoluto e cioè il pesce Serra. Sempre nel bassofondo sono sempre meno rari i Barracuda che a volte si presentano in grossi branchi.

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L' aspetto profondo: è quello praticato oltre i 15 metri

Si differenzia dall’aspetto del bassofondo per le quote di esercizio, che nell’aspetto profondo sono superiori ai quindici metri. In genere i grandi campioni sono in grado di praticare questa tecnica anche oltre i trenta metri. Come per l’agguato profondo il consiglio unico è DESISTERE qualora non si abbiano i requisiti necessari, vale a dire esperienza e tanto allenamento. Ad effettuare l’aspetto profondo in sicurezza sono pochi pescatori con grandi capacità atletiche ed un grosso bagaglio d’esperienza maturato in lunghi anni di attività. La difficoltà di questa tecnica risiede non solo nelle quote alle quali si deve operare, ma anche nella difficoltà delle prede che si vanno ad insidiare. Chi pratica l’aspetto profondo, infatti, ambisce in particolar modo alla cattura del Re dei fondali: sua maestà il Dentice. Nei mesi più caldi e con la presenza di sbalzi termici i dentici salgono dalle quote più profonde verso quote più accessibili al pescatore in apnea. L’habitat prescelto dal dentice è solitamente costituito da picchi e le secche isolate, e le quote di stazionamento dello sparide si aggirano sempre oltre i venti metri. Non è raro nel periodo più caldo -che parte da giugno- avvistare dei branchi con esemplari più o meno di mole. Solitamente, una volta raggiunto il fondo sono loro a farsi vedere, ma capita delle volte che si avvistino durante le ispezioni a mezz’acqua o nelle fasi di discesa. Altro fattore che porta tanti abili pescasub ad eseguire l’aspetto profondo è l’ambizione di cattura dei pelagici ed in particolar modo delle combattive ricciole. La ricciola e il dentice sono le prede più combattive ed ambite per un aspettista, anche se non sono rare le catture di altri pesci di minor valore come i saraghi pizzuti. Difficilmente un buon apettista profondo rivolgerà le sue attenzioni a prede di minor valore che garantirebbero un carniere valido ed ambito per i più. Il problema della sicurezza si amplifica enormemente con l’aumentare delle quote, e nel caso dell’aspetto profondo la presenza di un compagno con capacità di assistenza e soccorso deve essere considerato un vero obbligo. Tanti pescano in profondità con la presenza del barcaiolo, ma solo l’avere un compagno in acqua che rimane sulla verticale a vigilare con la massima concentrazione costituisce una garanzia di sicurezza. L’aspetto viene eseguito con una preparazione del tuffo minuziosa, ed in presenza di fattori fisici o emotivi che minano la nostra piena operatività è meglio evitare questa tecnica e rimandare ad un altra occasione. Il benessere fisico e termico sono condizioni determinanti, e qualunque avvisaglia di stanchezza e malessere deve portare a DESISTERE. Sempre ai fini della sicurezza, se le condizioni meteo-marine sono sfavorevoli si rinuncia e i motivi della rinuncia vanno sempre condivisi con il compagno, che dovrà sempre acconsentire e mai spingere a trasgredire la scelta. La "consapevolezza" ci deve portare a capire che il corpo e la mente sono strettamente coordinati. E’ importante imparare a rilassarci lasciando fuori pensieri, preoccupazioni e paure: prima di un’azione profonda bisogna liberarsi di ogni emotività, e la presenza di stress mentali e fisici sono campanelli che bisogna ascoltare. Ci si immerge solo e soltanto quando si è raggiunto un perfetto stato di rilassamento e ci si sente pronti.
Ecco un’acquisizione che deve entrare nel nostro bagaglio di esperienze: in mare siamo ospiti, e per quanta acquaticità e benessere possiamo raggiungere siamo pur sempre fuori dal nostro elemento naturale e lontano da tutte le sensazioni che produce. L’uomo è nato per respirare e l’apnea deve essere fatta in modo consapevole.Dopo avere effettuato una perfetta e silenziosa capovolta, ci si dirige verso il fondo. Durante la discesa, si superano la fase "positiva" [n.d.r. quella in cui si tende a galleggiare] e poi quella neutra ed infine si diventa negativi; a questo punto, la miglior cosa è lasciarsi andare in una planata verso la postazione prescelta, evitando al massimo i movimenti per risparmiare ossigeno.
La posta a fondo deve essere effettuata seguendo le indicazioni già offerte per l’aspetto nel bassofondo, e cioè sfruttando le asperità, mantenendo il busto un po’ alto e le pinne basse, ma sempre nascondendo la sagoma. Ruotando il capo si osserva tutto intorno, e qualora non si avvisti niente ci si deve concentrare su alcuni fattori, in particolare l’atteggiamento della minutaglia. Infatti, quando un predone avverte l’invasione e si avvicina incuriosito, la mangianza allertata dalla sua presenza si aprirà offrendogli un varco: sarà quello il punto in cui sicuramente il predone si materializzerà. Dopo l’avvistamento della preda, l’immobilismo e il puntamento sono elementi decisivi per la cattura, e la concentrazione richiesta è massima. Riguardo il tiro, solitamente l’ideale è riuscire ad anticipare la virata che i predatori effettuano con uno scatto al termine dell’avvicinamento; il momento migliore per premere il grilletto è proprio quello in cui il pesce, una volta a tiro, accenna ad offrire il fianco. Per questo tipo di tecnica bisogna scegliere un’arma sufficientemente lunga che offre maggiori garanzie di successo, come arbalete o oleopneumatici preferibilmente di misure pari o superiori ai 100 centimetri.


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