“Non ci credo!” – esclamò Giovi…
“Ma come hai fatto?”- urlai girandomi di scatto verso di lui…
“Non lo so ragazzi, ma è successo” – sussurrò fievolemente Davide senza nemmeno voltarsi…
Rimanemmo immobili, i nostri volti pietrificati guardavano la scena, quello che era appena accaduto davanti ad i nostri occhi.
Di fronte a noi scrutavamo quello che mai avremmo pensato di vedere in vita nostra…
Nessuno ebbe il coraggio di parlare, nessuno ebbe la forza di distogliere la sguardo da quello che era appena accaduto…
 
Ma partiamo dall’inizio…
Era una fresca giornata di ottobre, una di quelle giornate in cui gli ultimi sforzi dell’estate sembrano voler opporre strenua resistenza all’autunno ormai sempre più padrone della scena…
Come al solito io e il mio socio di caccia Giovi eravamo combattuti sul da farsi per la mattinata seguente; la giornata appena trascorsa non ci aveva regalato grosse soddisfazioni e le allodole apparivano ancora lontane dal loro arrivo…
Poi, all’improvviso, mentre stanchi e sfiduciati ripercorrevamo la strada del ritorno verso casa il telefono squillò: era Davide, grande amico e cacciatore ferrarese, che con voce sognate ci diede la notizia che da tempo attendevamo…
“Ragazzi ho trovato un posto pieno di storni” – esordì Davide – “ce ne saranno alcune migliaia”
“Che spettacolo, sai che è la nostra caccia preferita” – affermai trepidante io…
“Lo so ragazzi infatti vi volevo invitare a caccia con me domattina” – disse lui…
Quelle parole risuonarono come una dolce melodia per le mie orecchie ed anche Giovi non stava nella pelle: un occasione del genere non ce la saremmo potuta far scappare per nulla al mondo.
 
La notte dormii poco, la fantasia sulla cacciata ormai imminente rapiva il mio sonno.
E così, sonnecchiando e sognando le splendide “curate” degli storni arrivarono le quattro del mattino…
 
Giovi non tardò all’appuntamento, anche lui non era riuscito a chiudere occhio eccitato dalle promesse del mitico Davide…
In poco tempo fummo sul posto di caccia.
In lontananza notavamo una flebile luce che si muoveva nel buio della campagna: era Davide che stava gia iniziando ad approntare il gioco…
Lo raggiungemmo ed insieme a lui continuammo l’opera già intrapresa; ogni stampo, ogni giostra era posizionata ascoltando attentamente i consigli di Davide…
Senza nemmeno accorgercene l’alba ci illuminò: dovevamo ancora mimetizzare il capanno e gia i primi stuoli di storni arrivavano a scrutare le immense risaie…
In fretta e furia entrammo dentro al capanno tutti e tre; purtroppo uno dei tre non poteva usare il fucile, queste insensate leggi non ci consentivano di poter esercitare l’arte di Diana tutti e tre contemporaneamente…
La mattinata fu spettacolare: decine e decine di branchi entrarono in pastura nel nostro inganno, inganno da noi preparato con tanta cura ed amore…
Ci divertimmo molto, ma all’improvviso in lontananza notammo minacciose nubi nere muoversi verso di noi…
“Sta per piovere” – esclamò Davide…
“Forse ci conviene raccogliere il gioco ed andare via” – disse amareggiato Giovi…
“No, restiamo ancora” – risposi io con un po’ di sana incoscienza venatoria…
Non sarei mai voluto andare via da quel posto: nessuna pioggia, nessun temporale, nessun diluvio mi avrebbero allontanato da quelle fantastiche emozioni che solo un branco di storni che cura il gioco può darti…
Poi all’improvviso Davide ci fece una proposta che mise in crisi anche la mia giovane ed ardente voglia di cacciare gli storni…
“Perché non venite al chiaro con me?” – ci propose – “con questo tempaccio potremmo fare chiusura alle anatre…”
Io e Giovi ci guardammo negli occhi un istante, nessuno di noi due era mai stato a caccia di anatre…
“Si, va benissimo!” – rispondemmo tutti e due contemporaneamente…
Purtroppo queste insensate leggi ancora una volta storpiavano la voglia di cacciare insieme in amicizia: non essendo nel nostro ambito territoriale di caccia non ci era concesso di cacciare le anatre, stupide leggi insensate…
Poco male, ci saremmo goduti comunque lo spettacolo di assistere Davide nel capanno…
 In poco tempo smontammo tutto il gioco per gli storni e partimmo in direzione del chiaro…
Le nuvole si erano fatte sempre più minacciose ed arrivati al chiaro iniziò a piovere…
Scendemmo dall’auto e vidi gli occhi di Davide rapiti dalla bellezza del lago in lontananza: lo vidi assaporare la pioggia che lentamente gli bagnò il viso e con la mente presagire le curate delle anatre sopra gli stampi…
“Mi raccomando fate piano e state zitti quando entriamo nel capanno dentro al chiaro” – ci intimò portandosi il dito alla bocca…
“Se ci fossero delle anatre in pastura al minimo rumore ce le saremmo giocate per sempre” – ribadì incamminandosi sul sentiero che conduce al capanno sul chiaro…
Io e Giovi ci guardammo e con un cenno d’intesa partimmo anche noi; seguivamo Davide, attentissimi a dove mettevamo i nostri piedi ad ogni passo che facevamo.
Ogni foglia calpestata era come il più forte dei rumori!
Arrivammo nel capanno e ci sistemammo; nulla appariva davanti a noi sullo specchio dell’acqua…se non qualche gallinella che pasturava a distanza di sicurezza ben certa di quali fossero le zone nelle quali non avventurarsi…
Era presto, solo le tre e mezza e la pioggia continuava a crescere di intensità…
“E’ un ottimo segnale se continua a piovere” – ci disse Davide – “così le anitre rientrano al chiaro prima”…
Io e Giovi ascoltavamo e facevamo tesoro di ogni singola parola che Davide ci diceva; per noi, quelle erano tutte cose sconosciute ed ogni suo consiglio era prezioso…
Gli occhi vispi di Davide scrutavano incessantemente il cielo in cerca di sagome alate intenzionate a venirci a far visita; ma nulla appariva all’orizzonte, pareva non volessero farsi ammirare da noi…
Così ingannavamo l’attesa parlando, ascoltando vecchi episodi di caccia raccontati da Davide e che io da ragazzino innamorato dell’arte di Diana facevo immediatamente miei…
Poi, all’improvviso, la sua voce si interruppe.
“State fermi non vi muovete” – sussurrò impercettibilmente a noi Davide – “stanno arrivando davanti a noi…”
Immobili le osservavamo in lontananza, piccoli puntini volanti, venire verso di noi compiendo larghi giri…
Gli stampi parevano osservarli; noi tre immobili dentro al capanno le scrutavamo avvicinarsi mentre l’adrenalina dentro alle nostre vene cresceva sempre più…
Poi, tutto ad una tratto, scomparvero.
Sembrano sparite in uno dei loro geometrici cerchi in volo, sembravano svanite nel nulla…
“Se ne sono andate” – dissi ingenuamente io…
“Fermi ragazzi” – ci esortò Davide estraendo lentamente dalla tasca il richiamo a bocca per le anitre, i germani come li chiama lui…
“Quack”… “quack”… “quack, quack, quack”… iniziò a chiamarli ripetendo sempre le stesse note…poi calò il silenzio.
“Eccole di nuovo” – sussurrò Giovi… I
In lontananza riapparvero le sagome di quattro germani e sembravano nuovamente invogliati a venire a buttarsi sugli stampi; volavano compatti disegnando larghi cerchi nel cielo uggioso e bagnato della pianura ferrarese…
Sempre più immobili li guardavamo restringere costantemente i loro cerchio aerei…
Davide impugnava il fucile ed i suoi vispi occhi seguivano il furtivo e veloce volo del branchetto di anitre…
Si abbassavano sempre più finchè non le vedemmo apparire oltre la linea degli stampi pochi metri sopra il pelo dell’acqua…
Davide ebbe un sussulto, le sue mani stringevano sempre più stretto il fucile mentre il suo corpo rimava immobile; nonostante apparissero vicine lui sapeva che bisognava aspettare che “mettessero giù i carrelli” per alzarsi e sparare…
Così le fece passare ancora una volta e loro, inaspettatamente, virarono bruscamente verso destra e scomparvero alla nostra vista dietro agli alti pioppi che costeggiavano il chiaro…
“Forse dovevo sparare prima” – osservò a bassa voce rammaricato Davide…
“Ma no, erano ancora fuori tiro” – risposi io…
Non ebbi nemmeno il tempo di terminare la frase che a pochi metri da noi sul pelo dell’acqua apparvero quattro sagome…
 
Erano loro che arrivavano a velocità supersonica; poi, poco prima dell’inizio degli stampi, aprirono le ali e “buttarono giù i carrelli”…
 
Era il segnale, Davide si alzò di scatto ed imbracciò.
Bum… cadde la prima anitra in mezzo agli stampi…
Bum ancora…cadde quella subito davanti ad essa, a poche decine di centimetri da lei…
Bum di nuovo…cadde anche la terza subito fuori dalla rosa degli stampi che immobili erano stati inconsapevoli attori della scena…
 
Stavamo per esplodere di gioia quando vidi Davide mettere velocemente la mano in tasca, prendere una cartuccia a caso, la prima trovata, inserirla nel serbatoio del fucile e chiuderlo…
Imbracciò… ed un altro colpo ruppe il silenzio del chiaro avvolto nella pioggia del crepuscolo…
Anche la quarta anatra del branco era stata fulminata da Davide, passata a pochi metri dal capanno nella sua via di fuga…
 
“Non ci credo!” – esclamò Giovi…
“Ma come hai fatto?”- urlai girandomi di scatto verso di lui…
“Non lo so ragazzi, ma è successo” – sussurrò fievolemente Davide senza nemmeno voltarsi…
Rimanemmo immobili, i nostri volti pietrificati guardavano la scena, quello che era appena accaduto davanti ad i nostri occhi.
Di fronte a noi scrutavamo quello che mai avremmo pensato di vedere in vita nostra…
Nessuno ebbe il coraggio di parlare, nessuno ebbe la forza di distogliere la sguardo da quello che era appena accaduto…
 
Poi, all’improvviso, un grido di gioia spezzò il silenzio e ci abbracciamo tutti e tre rivivendo istante per istante quella fantastica “quadripletta” alla anitre!
 
Franz85
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