Sabato pomeriggio ,primi giorni di novembre. Dopo la nebbia del mattino, spazzata via da una leggera brezza di tramontana il sole scalda in modo gradevole . Poiché stamane cacciando tordi fra gli oliveti abbiamo sentito il verso di qualche sassello, caratteristico con la sua strisciata seguita dal chiocco, vagamente simile al merlo, Abbiamo deciso che è ora di provare ad insidiarli . Lo faremo dove sappiamo che in questo periodo amano sostare e lo faremo con l’ausilio dei richiami vivi. Quindi subito dopo pranzo siamo in alta collina a risistemare un appostamento temporaneo ,un appostamento che (come altri), non essendo fisso non ci appartiene in esclusiva , ma che dato il sito molto scomodo da raggiungere, in una zona frequentata solitamente da pochi beccacciai e non ultimo il fatto di averlo scoperto “buono”per primi , senza tanta pubblicità ce lo fa’ sentire nostro. A parte il fruscio delle foglie, accarezzate dal vento, ancora restie ad abbandonare il petto materno, non si sente volare una mosca . In questo contesto il lavoro che ci apprestiamo a fare sembra un po’ estemporaneo, difficile immaginare l’arrivo e la buttata di un branchetto di sasselli , ma l’esperienza di parecchi anni nella zona in questo periodo ci induce a dare inizio all’opera. Nei diari di caccia redatti meticolosamente in tante stagioni dal sottoscritto, questo appostamento in novembre è sempre segnalato per catture spesso copiose .Gli odori della macchia umida, il guardare i particolari così familiari e quasi immutati nel tempo, basterebbero da soli a rievocarne i ricordi. Si controlla anzitutto la struttura portante dei capanni (due a distanza di circa cento metri uno dall’altro in mezzo a cespugli di scopa), con rami secchi intrecciati nella struttura per facilitare l’inserimento del fogliame fresco e per rendere la costruzione resistente ai venti. Dopo aver tagliato le fronde fresche, le infiliamo nella struttura predisposta, dove necessita si usa anche del filo di ferro cotto sottile e rugginoso che non luccichi, leghiamo il tutto lasciando un piccolo pertugio per l’accesso , si bada bene a curare il verso delle foglie, le quali ad opera finita dovranno dare al capanno un aspetto naturale e perfettamente amalgamato con la vegetazione circostante , insomma che si veda che non ce’. La mimetizzazione deve estendersi parzialmente anche all’interno del nascondiglio affinchè sia ottimale anche dall’alto. Da dentro controllo che lo spazio per i movimenti sia sufficiente ma non di più , ho sempre giudicato in malo modo quegli appostamenti larghi a due piani con garage, dalle linee squadrate e tosati con il livello a bolla; che per far guadagnare qualcosa in libertà di movimenti , sono visibili da lontano insieme al merlo che ci sta dentro . Un ispezione esterna e una panoramica dell’insieme completa con inevitabili ritocchi l’opera capanno. Ho sempre sostenuto che saper costruire un buon capanno è quasi un’arte,nelle cose di tutti i giorni non serve a niente ma nella caccia e particolarmente in quella con uso di richiami è alla base della strategia messa in atto per attirare i selvatici. Si può disporre di richiami ottimi ma serviranno a ben poco se non si è perfettamente mimetizzati noi, ed il capanno stesso. Dopo qualche iniziale “frescata” ho capito che è bene visionare la zona, pianificando tutto, compresa la predisposizione per la posa delle gabbie, almeno il giorno precedente la cacciata. Appunto ora, l’attenzione viene rivolta ai vecchi chiodi dove domani verranno appese le gabbie dei richiami ,alcuni sono stati parzialmente inghiottiti dalla scorza dei tronchi altri vanno spostati per sopraggiunte mutazioni delle piante stesse altri nuovi sostituiranno quelli inutilizzabili. La conoscenza dei singoli individui della batteria, permette una dislocazione ottimale dei cantori in base alle caratteristiche, più che altro caratteriali ma di grande importanza per un’orchestra reattiva che si allerti e sia accattivante a 360 gradi . Questa operazione , insieme a tutto quello che riguarda i richiami, è di mia competenza, croce e delizia a cui però non rinuncerei mai. Mentre ci avviamo verso la jeep, cominciano , anzi continuano i soliti sfottò fra noi , che ci accusiamo a vicenda di essere sempre nella posizione più comoda per poter sparare. Per noi la difficoltà e la riuscita dei tiri è veramente il sale della caccia, insieme al modo in cui la concepiamo. Molto di più della consistenza del carniere. Questa condivisa passione del più è difficile più mi piace insieme alla sportività in genere , fa di noi una coppia venatoriamente molto affiatata. Naturalmente ogni padella ha uno strascico di polemiche che può durare per giorni . Se la padella è eclatante ,ce la rinfacciamo anche da una stagione all’altra , e di più . Sono le sedici, se ci sbrighiamo a ridiscendere più a basso verso il paese, facciamo in tempo ad insidiare qualche bianchello al rientro. DOMENICA MATTINA 05.30 La stretta suzuki sembra l’arca di Noè, dodici gabbie, due fucili, Niko (il cocher), zainetti con colazioni, qualche capo di abbigliamento e accessori. Questo ed altre cosucce di minore ingombro, oltre me ed il mio compagno. Partiamo. Attraversiamo il paese che dorme ancora profondo ,neanche una finestra illuminata, tutto deserto ,silenzio, in questi momenti, un po’ assonnato, mi domando se siamo noi un po’ troppo presi da questa passione che ci fa abbandonare il caldo letto cosi di buonora o se molti non sanno, o non capiscono cosa si perdono .Mah ! … probabilmente come spesso accade la verità sta nel mezzo e sinceramente di questi tempi avari di selvatici e abbondanti di continue ristrettezze, penso più dalla loro; ma non lo ammetterò mai . Accendo una sigaretta per assecondare il bisogno impellente, dopo il caffè preso prima di uscire di casa . Subito sono sommerso da una salva degli improperi di Marco, lui non fuma e si lamenta del fatto che ogni volta che salgo in auto ne accendo una . Un po’ perché ha ragione, almeno di primo mattino, un po’ per calmarlo, abbasso di due o tre centimetri il finestrino. Stamani essendo domenica non incontriamo neanche gli “ scopini” , come invece accade spesso in settimana. sorpassiamo un fuoristrada col carrello dei cani, un colpetto di clacson reciproco per salutarci fra sonnambuli , e via fanno parte della locale squadra cinghialistica. Appena fuori dell’abitato la strada comincia a salire ,con i fari alti spiamo le cime delle piante per vedere se tira vento e semmai quale. Sembra calmo, ma la conferma l’avremo soltanto più in alto e più tardi. La zona dove stiamo andando essendo quasi in cima ad uno dei colli che sovrastano il Trasimeno è allo scoperto da tutti i venti , si salva soltanto una piccola zona quando soffia tramontana ,proprio dove cacceremo noi sul lato sud-ovest di un’altura che domina da una parte il lago e dall’altra la Val di Pierle , quando non c’è foschia da lassù si vedono in lontananza i monti più alti della dorsale appenninica, è di là che vengono a noi tutte le specie migratrici, nei momenti di calma del passo sembra di guardare una cartolina , tant’è tutto fermo. Dopo circa quattro chilometri, lasciamo l’asfalto, per una strada sterrata ,sempre in salita , per ora non c’è vento! L’ultimo chilometro è praticamente impercorribile. Prima ridotta, trazione integrale, tanta pazienza, poca fretta e teniamoci forte. Mi godo appieno le eccellenti doti di questo gioiellino giapponese , piccolo ma indomito destriero, senza il quale avremmo dovuto fare più di un chilometro in salita a piedi con le gabbie in spalla , oltre a tutto il resto, e di fretta .Finalmente in cima , la radura con gli appostamenti preparati ieri. Ci fermiamo a metà percorso fra i due capanni, non c’è nessuno. Bene ora che l’ho appurato sono più tranquillo, qui solitamente siamo padroni di casa ma non si sa mai . Non sarebbe la prima volta che dopo aver preparato un appostamento, il mattino successivo ci trovo qualche scroccone dentro. E’ buio pesto , ottimo, possiamo sistemare tutto con calma . Detesto arrivare quando sta per albeggiare , bisogna fare tutto in fretta il che mi da un senso di agitazione , c’è il rischio che qualche tordo si muova prima che siamo pronti . Niko da dentro già da segni di impazienza. Riempiamo con cura i beverelli, che erano stati svuotati al momento di caricarli in auto. Poi torce elettriche alla mano per leggere i nomi dei tordi sulle pastoie appendiamo le gabbie, ognuna al proprio chiodo , i quali chissà perché nonostante le lampade, spesso non si vedono , non poche volte si deve palpare il tronco fino al ritrovamento. Lo schema ben preciso è stato deciso ieri . Trasportiamo quattro pezzi a volta . L’operazione è semplice ma richiede cautela, non è il caso di rischiare la caduta di qualche cantore , ma neanche la nostra visto che ci aggiriamo fra un sottobosco fitto ed insidioso. Le copriamo parzialmente con fogliame della stessa pianta sulla quale stanno. E’ ancora presto ma ci viene fretta , o ansia ? Prendiamo posizione. Sistemato il cane dentro il capanno con me, carico il fucile . Usiamo : io un automatico Franchi 48 AL calibro 28 , per problemi acustici e per spirito sportivo, Marco una doppietta Bernardelli cal 20 solo per spirito sportivo. Non c’è vento, prima di scendere dalla jeep ho controllato come sempre il termo igrometro.Abbiamo 11 gradi con U.R. del 80% .Dovrebbero andare bene cartucce abbastanza veloci .Ho messo di prima una carica di F2 con piombo 12 di seconda e terza F2x36 con piombo11. Tutte rigorosamente con contenitore . Tutte confezionate da me come la maggior parte delle cartucce che uso. Niko si è calmato invece i richiami cominciano lentamente a zippare e strisciare fra loro, solo le cesene stanno zitte. Fra poco si comincia . Marco mi sta’ sulla sinistra leggermente avanti rispetto alla presunta entrata dei selvatici, le gabbie sono dislocate più o meno centrali fra noi. Sul cerro alto con il seccone , ci sono : Berta una cesena e Bingo un sassello , l’altra cesena Troia sta diagonalmente opposta e nascosta alla prima insieme ad Arturo sassello e Spillo bottaccio , altri tre bianchelli sono Pippo , Geppo , Mago, disposti a semicerchio sui quercioli bassi ,sopra un fitto e lungo ginepraio. Il Matto e Rambo due gentili sono alla mia destra in basso , perché io purtroppo a sinistra non li sento , mi servono anche da vedette insieme a Senna e il Rosso roscioli sistemati uno sul cipresso col baffo secco in cima , l’ altro sull’ abete dietro . La batteria è omogenea e così disposta , vede e sente in ogni direzione ed è valida anche di rigiro . Con le ristrettezze imposte dalle nuove normative in materia di richiami ci accontentiamo . Sono rimasti a casa due bianchelli presicci di quest'anno e Aldo il merlo che ha preso il nome dal Don parrocchiale . Attesa e pazienza sono due cose indispensabili per questa forma di caccia ma ora che è tutto pronto vorrei cominciare subito . E' ora ! Due doppi zip insieme ad alcuni strisci brevi ,mi avvertono che qualcosa si è mosso, non ho visto niente , i sasselli chioccolano tutti ma non strisciano più, significa che l’ospite si è buttato, guardo le piante più probabili muovendo solo gli occhi , è scuro e il fogliame non aiuta , sono attimi febbrili perché un niente potrebbe farlo involare senza che io lo veda .Così presto potrebbe essere un merlo. Eccolo! Si è mosso un attimo, è in basso su un querciolo a circa dieci metri da me, infrascato. Lentamente mi giro a destra poi imbraccio il fucile in qualche modo, innaturale. Miro in alto qualche centimetro sopra il bersaglio per non sciuparlo a così breve e insolita distanza. La deflagrazione rompe il silenzio in modo secco somigliante vagamente ad un colpo di frusta . Vedo cadere la preda insieme ad una manciata di foglie, uno sparo proveniente dall’altro capanno mi dice che non era solo, sparando ne ho mosso qualche altro buttato lì vicino che sicuramente è stato bloccato da Marco . Sarei curioso di sapere cos’è la preda, anche Niko. Ma non è il caso di uscire ora . Mentre cerco di identificarlo mentalmente con gli indizi a disposizione: altezza della buttata, reazione dei richiami ecc. spara ancora Marco. Viene verso di me velocissimo , con quella forma tipo Phantom caratteristica del sassello che spolla, sparo d’impugnatura, prima = niente , seconda cade portato dalla sua stessa spinta ad una trentina di metri, memorizzo la zona, mentre va giù si capovolge. E’ secco. Niko si riagita . Ora i richiami sono eccitati , anche le cesene si fanno sentire , le mie danno soltanto in presenza di tordacei, non fanno chiasso a casaccio. Altro coro generale, dov’è ? Vedo una macchiolina cadere prima ancora di sentire lo sparo , subito un secondo colpo, verso me non viene niente. Se ha fatto coppiola , come immagino, dovrò subirne l’entusiasmo. Accendo una sigaretta, brutto vizio, faccio a tempo a riporre il pacchetto e subito un bianchello segnalatomi dal Matto attraversa lo spiazo da destra verso sinistra a circa venti metri , altra F2 , altra capriola, annoto mentalmente il punto di caduta. E’ secco anche questo ma dopo una vistosa “passata” . Cambio subito cartucce , mettendone di meno veloci. Una stretta (richiamo insistito e di alta intensità da parte di tutti i componenti la batteria ) è sempre gradita emozione, preludio di nuovi arrivi . Infatti ecco un branchetto di sasselli una ventina circa . Non curano , si defilano dietro la parte di macchia più alta , con nostro grande disappunto .Torneranno lo so, se non si sono insospettiti per qualcosa di anomalo, torneranno. Il sassello ha spirito gregario ed è questo che lo “frega”, ma quando sono in gruppi numerosi sono più difficili . Una ghiandaia ci fa i versacci ma non si farà vedere, e comunque non rischierebbe nulla, raramente gli dedichiamo attenzione, sicuramente non quando c’è la speranza concreta di impegnarci sui tordi. Ma questo lei non lo sa, quindi girerà al largo sviando anche le parenti della zona. Altro acuto della batteria. Un gruppetto, sicuramente parte di quello più grosso visto prima , fa capolino sui rami in cima ai cerri a circa settanta metri. Questo momento è molto intenso, si spostano alternativamente sui secchi ma non si avvicinano, stiamo immobili, rinunciando a tratti anche a seguirne le evoluzioni per paura che possano scoprire la nostra presenza. I richiami ora lavorano di fino chioccolando ed emettendo strisciate brevissime ma acute, anche le due cesene fanno la loro parte importante , mentre i bottacci quasi tacciono. Sono attimi che sembrano ore, l’adrenalina sale, sono molteplici i fattori che potrebbero mandare a monte la buona riuscita dell’operazione di accostamento: potrebbero vedere quel qualcosa di anomalo che abbiamo cercato di scongiurare ieri con tanta attenzione, oppure sentire rumori insoliti , tipo uggiolii di cocher ,che vedendomi immobile e flesso sugli arti vorrebbe una coccola e invece si becca uno scappellotto col silenziatore . O peggio, potrebbe comparire dallo stradello qualche rompi di cercatore di funghi, l’ora è questa. L’azione dei sasselli in cattività è insistente senza soste e la risposta di quelli liberi sempre più eccitata. Cosa si diranno ? Me lo sono chiesto tante volte. Se vengono l’accordo di sempre è che spara per primo colui che li ha più vicini ma non è sempre uguale ed allora si deve decidere all’istante senza sbagliare i tempi. Qui entra in gioco l’affiatamento. Hanno vinto i nostri. Visto che Maometto non va alla montagna la montagna va da Maometto. Si avvicinano velocemente andando a buttarsi sui secchi predisposti (legati)in cima alle querce dell’appostamento, in mezzo proprio come auspicato .Sono otto o nove in continuo movimento sempre su quei stessi rami morsi negli anni da varie fucilate. Sono più vicini a me, attendo il momento migliore . Quando ne ho quattro sul secco a circa quindici metri miro con la posizione del busto contorta e goffa ai due in basso che sono vicini fra loro stringo il grilletto e immediatamente mi ergo, per sparare a volo ai fuggitivi. Con il primo colpo un pezzo è caduto secco l’altro l’hò visto partire barcollante con la coda dell’occhio mentre “incanno” quello dei due che erano più in alto e sono partiti a razzo disordinatamente. Il più pulito cade “fumato” dopo pochi metri . Il terzo colpo non lo posso sparare perché nel fuggi fuggi per quanto rapida sia stata la mia azione la loro lo è stata di più e con la vegetazione complice sono tutti scmparsi, anche Marco spara . Metto mano alla cartucciera per riempire il serbatoio ma non faccio a tempo , un sassello imbizzarrito dagli spari e confuso , sbaglia e mi passa ad una ventina di metri sulla destra, io non sbaglio e lo vedo cadere proprio in mezzo ad un roveto. Secco, tiro lungo, le cartucce vanno bene. Ricarico, è tornata la quiete, si è svolto tutto in pochi secondi ed è stata proprio un’ottima azione. Niko non si tiene più. Suona il cellulare, come immaginavo è Marco , decidiamo di uscire a raccogliere perché abbiamo entrambi dei feriti da recuperare . Liberato, Niko sembra una lepre impazzita, finchè non si imbatte nel primo caduto. E con porta, bravo, grande e qualche carezza, per altro snobbata , in pochi minuti mi riporta perfettamente tutti i pezzi da me abbattuti , compresi quello caduto in mezzo ai spini e quello ferito. E’ un artista , implacabile. Andiamo ad aiutare Marco che ha già iniziato le ricerche ma come sempre in modo infruttuoso perché non prende mai riferimenti precisi, ci pensa il cane, che girando velocissimo fra piante , erba e spini li recupera tutti , per la gioia di Marco, che subito dopo quando consumiamo una frugale colazione è particolarmente generoso, allungandogli vari bocconi del suo stesso panino che come sempre è molto saporito ed abbondante. Ci si scambia qualche battuta, le solite velenose ! Marco mi fa notare che non ha sbagliato un colpo. Io ribatto che con tre cartucce senza ricaricare ne ho abbattuti quattro. E lui “si ma due a fermo”. Per ora basta così… per ora. Abbiamo fretta di tornare ai rispettivi capanni , sembra una mattinata buona, non è il caso di farci sorprendere mentre battibecchiamo ,comunque mentre ci allontaniamo le ultime parole sono di scherno reciproco. Tornano i sasselli un paio di volte a gruppi di tre o quattro . Ne abbattiamo altri due ciascuno . Poi improvvisamente, altra stretta , con lunghi fischi dei sasselli. C’è differenza dalle altre, rilevata solo perché oramai li conosco tutti molto bene, è che le due cesene sono particolarmente arrapate. Sto immobile, pronto, ma so che potrebbe trattarsi di qualche tordela da noi chiamata “pantalone” , presenti in zona. Sono tordi creduloni, facili, e protetti. Ma buoni. Dopo breve flessione il coro riprende più convinto che mai. Per aria non vola un moscerino . Il clamore dei richiami, repentino come è cominciato, si affievolisce, ora i roscioli chioccano a fermo e le viscarde fanno il verso a tratti ma ad alta voce e sono agitate, una ne vedo , non ha fermezza dentro la gabbia. Quando cominciano ad emettere il particolare ed irresistibile “tuuuì-tuuuì, sono sicuro. Sono cesene ! Ascolto attentamente ogni battuta e finalmente mi accorgo che una cantante è fuori dal coro , per l’esattezza dietro di me sembra sola . Non arrischio il movimento per girarmi . Aspetto volto alle gabbie. So che è questione di attimi poi andrà a buttarsi sopra i rami di una delle due piante che ospitano le sue congeneri. Passano attimi si ,ma lunghi e non succede niente . Mi abbasso dentro il capanno tanto che quel gay di Niko alzandosi sulle zampe , quasi mi lecca la faccia. Ora la vedo , è in cima al baffo secco del cipresso . Il problema è che se provo a tirare fuori la canna mi vede , muove il collo cercando di vedere da dove le giunge risposta . Non starà li in eterno ed io non la voglio perdere perché è la prima della stagione. Rompo gli indugi mi alzo di scatto imbracciando, parte improvvisa quasi non sia colta di sorpresa allontanandosi. Quanto mi sembra grossa! Per il ventotto è un tirone, con la prima la vedo incassare senza grandi problemi, la seconda che la raggiunge quasi prolungando il rumore del primo sparo , tanto è immediata, fortunatamente per me ha il piombo di due numerazioni più basso e il risultato si vede. Non sarà un chiodo ma è lì, a terra , e comunque onde evitare delusioni , libero subito il demone travestito da cane e lo indirizzo dove è avvenuto l’atterraggio di fortuna . Dopo alcuni avidi giri e un paio di correzioni di rotta ordinatigli da me , eccolo tornare . Missione compiuta sembra volermi dire con gli occhi mentre corre verso di me col malloppo in bocca. Non saprò mai se l’ha raccolta fulminata o no, del resto con lui questa è la regola , riporta delicato ma non fa prigionieri . Dopo un’altra oretta di attesa senza esito , decidiamo di togliere le tende . Facciamo le stesse cose che ho scritto di questa mattina a buio , soltanto lette da sinistra a destra. Al termine si riparte giù per quel fossato ripido che ci ostiniamo ancora a chiamare strada. Si scherza come sempre, soddisfatti come non sempre, non è stata una cacciata ottima come qualche altra volta ma è stata meglio di altre , ci siamo divertiti, abbiamo raccolto perché abbiamo seminato bene tempo addietro , dalla selezione dei richiami negli anni , l’addestramento del cane , la carica delle munizioni , l’osservazione meticolosa dei particolari. Che siamo ottimi tiratori non lo scrivo, tanto lo sanno tutti. Quando raggiungiamo l’asfalto accendo il baracchino , è quasi mezzogiorno, i tracciatori( la scientifica della squadra cinghialistica) fanno rapporto al capo caccia che deciderà dove piazzare le poste, come minimo cominceranno a cacciare verso le quattordici. Noi verso quell’ora andremo al rientro e domattina lunedì, prima del lavoro un’oretta allo spollo . Di tordi…..naturalmente. Il racconto di questa giornata di caccia, come quello di altre, messo nero su bianco in momenti di particolare sensibilità ai ricordi, è senza pretesa alcuna e facente fede a situazioni realmente vissute, uno dei tantissimi episodi maturati nel corso degli anni praticando la caccia. Quasi impossibile rievocarli tutti. Farlo però mi appaga. Unico intento da parte mia è ( spero ) che qualcuno oggi o domani , leggendo queste semplici righe possa capire, cacciatore o no, quali e quante emozioni e quanta veemente passione mi da la caccia. Tanta straripante al punto da non poterla tenere per me solo.

 

MAGGIO. GIUGNO. LUGLIO 2001 .

 

Orlando Marchesi [email protected]