Si differenzia dall’aspetto del bassofondo per le quote di esercizio, che nell’aspetto profondo sono superiori ai quindici metri. In genere i grandi campioni sono in grado di praticare questa tecnica anche oltre i trenta metri. Come per l’agguato profondo il consiglio unico è DESISTERE qualora non si abbiano i requisiti necessari, vale a dire esperienza e tanto allenamento. Ad effettuare l’aspetto profondo in sicurezza sono pochi pescatori con grandi capacità atletiche ed un grosso bagaglio d’esperienza maturato in lunghi anni di attività. La difficoltà di questa tecnica risiede non solo nelle quote alle quali si deve operare, ma anche nella difficoltà delle prede che si vanno ad insidiare. Chi pratica l’aspetto profondo, infatti, ambisce in particolar modo alla cattura del Re dei fondali: sua maestà il Dentice. Nei mesi più caldi e con la presenza di sbalzi termici i dentici salgono dalle quote più profonde verso quote più accessibili al pescatore in apnea. L’habitat prescelto dal dentice è solitamente costituito da picchi e le secche isolate, e le quote di stazionamento dello sparide si aggirano sempre oltre i venti metri. Non è raro nel periodo più caldo -che parte da giugno- avvistare dei branchi con esemplari più o meno di mole. Solitamente, una volta raggiunto il fondo sono loro a farsi vedere, ma capita delle volte che si avvistino durante le ispezioni a mezz’acqua o nelle fasi di discesa. Altro fattore che porta tanti abili pescasub ad eseguire l’aspetto profondo è l’ambizione di cattura dei pelagici ed in particolar modo delle combattive ricciole. La ricciola e il dentice sono le prede più combattive ed ambite per un aspettista, anche se non sono rare le catture di altri pesci di minor valore come i saraghi pizzuti. Difficilmente un buon apettista profondo rivolgerà le sue attenzioni a prede di minor valore che garantirebbero un carniere valido ed ambito per i più. Il problema della sicurezza si amplifica enormemente con l’aumentare delle quote, e nel caso dell’aspetto profondo la presenza di un compagno con capacità di assistenza e soccorso deve essere considerato un vero obbligo. Tanti pescano in profondità con la presenza del barcaiolo, ma solo l’avere un compagno in acqua che rimane sulla verticale a vigilare con la massima concentrazione costituisce una garanzia di sicurezza. L’aspetto viene eseguito con una preparazione del tuffo minuziosa, ed in presenza di fattori fisici o emotivi che minano la nostra piena operatività è meglio evitare questa tecnica e rimandare ad un altra occasione. Il benessere fisico e termico sono condizioni determinanti, e qualunque avvisaglia di stanchezza e malessere deve portare a DESISTERE. Sempre ai fini della sicurezza, se le condizioni meteo-marine sono sfavorevoli si rinuncia e i motivi della rinuncia vanno sempre condivisi con il compagno, che dovrà sempre acconsentire e mai spingere a trasgredire la scelta. La "consapevolezza" ci deve portare a capire che il corpo e la mente sono strettamente coordinati. E’ importante imparare a rilassarci lasciando fuori pensieri, preoccupazioni e paure: prima di un’azione profonda bisogna liberarsi di ogni emotività, e la presenza di stress mentali e fisici sono campanelli che bisogna ascoltare. Ci si immerge solo e soltanto quando si è raggiunto un perfetto stato di rilassamento e ci si sente pronti.

Ecco un’acquisizione che deve entrare nel nostro bagaglio di esperienze: in mare siamo ospiti, e per quanta acquaticità e benessere possiamo raggiungere siamo pur sempre fuori dal nostro elemento naturale e lontano da tutte le sensazioni che produce. L’uomo è nato per respirare e l’apnea deve essere fatta in modo consapevole.Dopo avere effettuato una perfetta e silenziosa capovolta, ci si dirige verso il fondo. Durante la discesa, si superano la fase "positiva" [n.d.r. quella in cui si tende a galleggiare] e poi quella neutra ed infine si diventa negativi; a questo punto, la miglior cosa è lasciarsi andare in una planata verso la postazione prescelta, evitando al massimo i movimenti per risparmiare ossigeno.

La posta a fondo deve essere effettuata seguendo le indicazioni già offerte per l’aspetto nel bassofondo, e cioè sfruttando le asperità, mantenendo il busto un po’ alto e le pinne basse, ma sempre nascondendo la sagoma. Ruotando il capo si osserva tutto intorno, e qualora non si avvisti niente ci si deve concentrare su alcuni fattori, in particolare l’atteggiamento della minutaglia. Infatti, quando un predone avverte l’invasione e si avvicina incuriosito, la mangianza allertata dalla sua presenza si aprirà offrendogli un varco: sarà quello il punto in cui sicuramente il predone si materializzerà. Dopo l’avvistamento della preda, l’immobilismo e il puntamento sono elementi decisivi per la cattura, e la concentrazione richiesta è massima. Riguardo il tiro, solitamente l’ideale è riuscire ad anticipare la virata che i predatori effettuano con uno scatto al termine dell’avvicinamento; il momento migliore per premere il grilletto è proprio quello in cui il pesce, una volta a tiro, accenna ad offrire il fianco. Per questo tipo di tecnica bisogna scegliere un’arma sufficientemente lunga che offre maggiori garanzie di successo, come arbalete o oleopneumatici preferibilmente di misure pari o superiori ai 100 centimetri.