IL PUNTO DI VISTA DI ARCI CACCIA UMBRIA SUI CHIUSINI E LA SELEZIONE AL CINGHIALE

In questi ultimi 10 anni, abbiamo cercato di dare un contributo fondato sulle le nostre idee di gestione in merito alla questione Ungulati in generale ed particolare sul Cinghiale, lo abbiamo fatto con la passata amministrazione e abbiamo continuato a farlo con l’attuale.

Un caso, che non chiameremo “Problema”, perché già da tempo sosteniamo che il cinghiale si può trasformare da problema risorsa per i territori sia dal punto di vista economico che dal punto di vista alimentare.

Al contrario di ciò che con grande ipocrisia oggi fanno vari soggetti che ancora una volta scorgono l’opportunità di trarne vantaggio per pochi a scapito di tutti, riempendosi la bocca, in maniera populistica, gridando al lupo al lupo, salgono alla ribalta dei media con la bandiera del problema Cinghiale, solo oggi se ne accorgono?

Noi diciamo BASTA …!!! Basta con gli spot, basta con i personalismi, basta cercare sempre qualcuno a cui addossare delle responsabilità per scelte che si sarebbero potute fare tutti insieme anni indietro, ma nessuno ha avuto il coraggio di decidere..

Che saremmo arrivati a questo punto, già lo si sapeva da oltre 10 anni… sarebbe stato sufficiente guardare ed analizzare i dati, scientifici – biologici e storici di questa specie, che ha visto l’aumento enorme del proprio areale boschivo e marginale, lo spopolamento della medio alta collinail continuo taglio dei boschi che in parte riducono la presenza di frutti all’interno dei boschi stessi, le variazioni climatiche con l’aumento delle temperature, e il cambiamento delle tecniche agricole, ha creato condizioni estremamente favorevoli a questa specie, in più agevolata da una “inesistente Pianificazione Territoriale e Gestionale” sia del Governo centrale che regionale, spesso lasciata alle decisioni del politico di turno, ignaro ed ignorante, suo malgrado degli effetti che tali scelte avrebbero potuto causare.

Non vogliamo neanche dimenticare lo stato di incuria ed “abbandono” in cui vertono le zone limitrofe ai centri abitati, senza manutenzione alcuna, complici anche azioni totalmente sbagliate di cittadini ignari che continuano a foraggiare gli animali selvatici.

Ecco questi FATTI, ed altri ancora.. che come ripetiamo, più e più volte abbiamo portato nei tavoli istituzionali, senza essere mai presi in considerazione, in quanto associazioni più grandi che si sarebbero dovute assumere la responsabilità di gestire hanno fatto spallucce voltando le spalle ad un problema che oggi è diventato una emergenza sociale.

Ancora una volta, senza abbandonare la speranza che le cose possono cambiare, vogliamo portare ancora una volta il nostro contributo al tavolo della discussione per imboccare la finalmente la strada che ci porti ad una gestione corretta della specie cinghiale.

Frutto di un confronto costante tramite con specialisti, tecnici, zoologi, unici esperti in materia ed insieme ai cacciatori tutti che operano sul territorio, si è giunti alla conclusione che solo una vera gestione e la programmazione di una serie di interventi da attuare nell’immediato, ed altri nel medio e lungo termine, possono porre rimedio alla continua espansione del cinghiale, avendo bene a mente che il solo fucile non può risolvere il problema.

Non ci siamo fermati alle parole, ma abbiamo fornito una concreta di gestione dei conflitti faunistici la quale giace dimentica nei cassetti della Regione, la quale non mai stata portata sui tavoli di discussione. Sicuramente non la soluzione, ma un punto da cui partire difronte al nulla assoluto.

Non vogliamo inutilmente fare una polemica, ma abbiamo il dovere di dire che quanto messo in campo frettolosamente, (su pressioni specifiche delle associazioni agricole … ed in parte a ragione .. e non solo) dalle Istituzioni, ci lascia nuovamente perplessi, sia come cacciatori.

Come Associazione che più volte abbiamo tentato di coinvolgere sia le associazioni agricole che venatorie e anche ambientaliste, alle quali rimproveriamo di non aver voluto dialogare e di essersi disinteressate nel mettere in campo azioni che magari oggi avrebbero già dato risultati tangibili.

In quest’ultimo periodo, la Regione ha messo in campo frettolosamente una serie di azioni a partire dalla caccia di selezione, l’utilizzo di trappole e recinti di cattura, interventi immediati degli agricoltori dopo quattro ore dalla segnalazione del danno, in maniera del tutto disarticolata, senza una pianificazione precisa, provvedimenti spot che molto spesso vanno in contrasto con norme e regolamenti.

L’introduzione della caccia di selezione o l’utilizzo di gabbie chiusini non sono l’unica soluzione al problema se non si ha bene a mente quale è l’obbiettivo da raggiungere.

La gestione deve essere composta di tante azioni da mettere in sinergia e per ognuna delle quali occorre definire quale è il fine.

La caccia di selezione dovrebbe avere la funzione di ricondurre la popolazione entro un corretto rapporto di classi di sesso e classi di età.

Le gabbie e i chiusini dovrebbero avere la funzione di rimuovere parte della popolazione in tutte quelle aree dove la stessa ha raggiunto livelli insostenibile per l’ambiente, in particolare nelle aree protette e in tutte quelle aree dove la specie dovrebbe essere eradicata cosi come previsto dai vari piani,

Il contenimento della specie ai sensi dell’art.19 della 157 dovrebbe avere la funzione di controllare la popolazione e di intervenire quando si presentano situazioni di conflitto con le attività agricole.

Una serie di provvedimenti messi in campo senza pianificazione che in lasciano molti interrogativi aperti alimentando polemiche e critiche, ci sono aspetti fondamentali che riguardano l’utilizzo delle gabbie e dei chiusini, sul come devono essere realizzati, con che materiali, che dimensioni, chi li controlla, come vengono stabulati, come devono essere abbattuti, come devono essere trasportati e dove, chi può vendere vendere, il privato oppure è la Regione, essendo la fauna patrimonio indisponibile dello stato?

In tutto ciò non si è mai affrontato nei tavoli di discussione il tema fondamentale della prevenzione e la protezione delle colture agricole, le quali nelle zone dove si riscontrano maggiori danni è oramai dopo anni di dati raccolti lo sappiamo benissimo, devono essere protette con l’utilizzo di recinzioni elettriche, dissuasori, utilizzo di repellenti nella semina, il tutto affinchè il conflitto venga prevenuto anziche cercare di rimuoverlo. Sono mancanti tutta una serie di interventi ambientali e gestionali del territorio, interventi mirati e necessari a rimuovere zone di rifugio nelle aree dove non è prevista la presenza del cinghiale, ripristinare habitat e realizzare colture a perdere lontane dalle aree a coltivazione intensiva nella media e alta collina.

Tutte domande importanti che oggi sono senza risposta e rischiano con l’ennesima azione messa in campo in fretta e furia, senza una pianificazione e programmazione gestionale a lungo termine, di fallire miseramente, facendo apparire tutti quanti incapaci ed incompetenti in una materia. La gestione del cinghiale non può essere lasciato nelle mani di apprendisti stregoni, ma deve essere affrontato con serietà, al fine di conseguire un risultato.

La Regione non si può sottrarre alle proprie responsabilità delegando compiti e funzioni che le spettano per legge, la cabina di regia deve essere l’osservatorio faunistico, in una partita cosi delicata non è più pensabile che si scarichino colpe e responsabilità sugli ATC.

Proprio per il rispetto che la nostra associazione nutre per gli agricoltori e per l’ambiente, siamo a chiedere di rivedere tutto l’impianto normativo regionale e soprattutto, non trovarsi tra un anno a discutere sempre del solito cinghiale, allora si sarà un vero problema, perché vedrà i cacciatori vessati e disamorati, non più disponibili, naturalmente con il fallimento completo della Politica e della gestione, fallire nuovamente, significa mettere in crisi l’intero sistema caccia.

Ripartiamo da subito con un dialogo serio tra tutte le parti e quando diciamo tute le parti intendiamo, la regione capofila, le associazioni venatorie ed agricole, ma anche quelle ambientaliste che non possono solo rimanere a margine e criticare ogni azione messa in campo, ma che loro si rendano disponibili con proposte attuabili, nell’elaborazione di un vero piano di gestione che sia lungimirante

 

QUESTO E’ IL NOSTRO PUNTO DI VISTA