“Nel nostro Paese la forma più comune di imprudenza è quella di ridere, ritenendole assurde, delle cose che poi avverranno”. Di tutti gli aforismi di Ennio Flaiano è forse il più spaventoso e anche, disgraziatamente, il più vero. Ogni ipotesi “assurda” genera palpitazioni: e se poi succede davvero?
Così è meglio non immaginare scenari “assurdi” di cui ridere e di cui poi, un giorno, potremo ritrovarci a piangere. La crisi di Cipro – e la sua soluzione temporanea – è un buon esempio. Vero che qui le manine sui conti correnti fecero già il loro sporco lavoro (1992, governo Amato), ma vero che anche solo immaginare la Troika che ti frega il 40 per cento dei risparmi di una vita per salvare le banche e una finanza da farabutti fa tremare le vene ai polsi. Dunque – se non altro per scaramanzia “flaianesca”, meglio non immaginare “modelli ciprioti” per l’Europa.
Esagerate fin che volete: l’allegoria, il paradosso, sono elementi-base della satira e ci si può anche fare una risata consolatoria. Poi, dopo, quando si legge che le grandi case farmaceutiche non forniscono medicinali alla Grecia perché non ci guadagnano abbastanza, il sorriso del paradosso sparisce, e nessuna risata seppellisce più nessuno, dato che presto ci sarà altro da seppellire (i malati greci, per esempio).
Naturalmente, la rapina del vicino è sempre più verde. E così siamo di fronte a un paese (noi) che prova sgomento per la situazione di Cipro e sembra curarsi pochissimo della propria. Perché qui, anche se non con l’esproprio sui conti correnti, la grande rapina c’è già stata, ed è tuttora in corso.