Re: Lepre

Qui da noi in Toscana, o almeno in molti atc, ormai da anni non vengono più immesse lepri di allevamento ma soltanto soggetti di cattura provenienti dalle ZRC , con notevole incremento della presenza di lepri che sono tornate a popolare le campagne in maniera numerosa come in passato, a detta dei vecchi lepraioli...dove questo sistema viene utilizzato anche per il fagiano i risultati sono eccellenti, diversamente dal ripopolamento effettuato con fagiani da batteria che hanno una percentuale di sopravvivenza prossima allo zero...

concordo in pieno con jack
 
Re: Lepre

Ma senza spendere tutti sti soldi basterebbe gestire bene le zrc senza se e senza ma...così le lepri nascono,crescono nel terreno dove verranno liberate,nell'atc dove caccio è da un bel pò di anni che nn acquistiamo più nemmeno una lepre e generalmente ne catturiamo(nelle zrc)un 5/600 e bastano ed avanzano per ripopolare tutte le zone libere...Le possibilità ci sono basta impegno e buona volontà..
 
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CASTELNOVO NE’ MONTI (Reggio Emilia). Corrono nei prati e sembrano felici, le lepri che vivono (per ora) sul monte della Vena Vecia. I primi ventuno giorni della loro vita li hanno passati in gabbia con i genitori, altre tre settimane sono state in gabbiette con gli altri piccoli e ora sono qui, nei grandi recinti che le proteggono da lupi e volpi.“Sono già tutte prenotate” dicono i loro padroni, Roberto e Roberta Malvolti, dell’Allevamento lepre rustica da ripopolamento Ro & Ro. “Per almeno un mese e mezzo resteranno qui e vivranno come le lepri nate libere. Mangeranno solo ciò che troveranno nei boschi e nei prati. Poi andranno negli Atc, gli ambiti territoriali di caccia. Avranno il tempo di ambientarsi e di riprodursi. A settembre, quando sarà riaperta la caccia, diventeranno prede. Come tutte le altre”. Qualcosa di speciale, però, le lepri ce l’hanno: il loro prezzo.
Un tempo – quando i cacciatori erano soprattutto contadini che usavano la doppietta per mettere un po’ di carne accanto alla polenta – una lepre valeva come un coniglio e meno di una buona gallina. Ora, per una lepre “selvaggia” importata (gli ultimi acquisti sono stati fatti da un Ambito territoriale di caccia di Taranto) si spendono 180 euro. E con questa cifra, secondo la Borsa merci di Modena, si può comprare un suino da macello di 144 chili. Un po’ meno costano le lepri d’allevamento. “Io vendo i leprotti a 70 euro l’uno, Iva compresa, e le lepri fra i 145 e i 165 euro” allarga le braccia Roberto Malvolti. “Con 250 coppie di riproduttori riesco a mettere sul mercato duemila lepri l’anno. Ma i costi sono alti. Non si può fare allevamento intensivo. Ogni lepre, nei recinti, ha 250 metri quadrati di spazio. E i recinti costano trenta euro al metro lineare. Sono alti due metri e trenta, con tre tipi di rete, tre giri di filo spinato, tre fili per la corrente elettrica. Quando svuoto un recinto, devo macinare l’erba, mettere la calce, zappare tutto per interrare le feci. Altrimenti le nuove lepri si ammalano. Meglio le lepri italiane, comunque, delle straniere. Un Atc milanese ha importato lepri dall’Argentina. Là era estate, qui inverno, e in tre giorni sono morte tutte”.
Strano mercato, questo delle lepri. Per un animale che non arriva a tre chili, si spende come per un vitello. “Siamo di fronte a un prezzo “passionale”" dice Andrea De Matteis, direttore del Centro ricerche sulla gestione della fauna selvatica di Sampeyre, collegato all’ateneo di Torino. “Il cacciatore è in crisi, non è più ammirato, come quando sparava per mangiare. E allora ragiona così: sparo alle lepri, danneggio l’ambiente, ma poi compro i leprotti e ripago i danni. Così non guarda ai prezzi, quasi per mettersi la coscienza a posto”.
I soldi dei cacciatori arrivano dalle Regioni (che per pagare le lepri stornano quote di quello che hanno incassato per le licenze di caccia) e dalle iscrizioni agli Atc. “Il ripopolamento” racconta De Matteis “è sempre esistito. Già nel tardo Medioevo c’erano signori che cercavano animali per i loro parchi di caccia. Ma è negli anni Sessanta e Settanta che il fenomeno diventa importante. I cacciatori non sono più i contadini con la doppietta o i signori arrivati dalla città. Anche operai e impiegati, che hanno scoperto finalmente il tempo libero, prendono la licenza di caccia”. Nel 1937 c’erano meno di 400 mila cacciatori, 800 mila nel 1954. Nel 1979 salgono a un milione 800 mila, per tornare a 800 mila nei primi anni Duemila. Negli anni del boom il patrimonio faunistico viene saccheggiato. Nel Trentino, ad esempio, dove ora gli abbattimenti sono meno di duemila, fra il 1973 ed il 1977 si cacciavano diecimila lepri l’anno. “Così sono iniziati i ripopolamenti massicci. Nei primi anni Settanta si rilasciavano 300 mila lepri l’anno e solo alla fine degli anni Novanta il loro numero si è dimezzato. Ma ora la quota è risalita: in ogni stagione venatoria si liberano fra le 300 mila e le 350 mila lepri”. C’è chi le vuole selvagge, cioè catturate in natura, e paga anche 200 euro più Iva per animali forse catturati, o forse allevati, in Polonia o Romania.
Si arriva così al paradosso. Una sola lepre costa più dell’intera quota Atc pagata dai cacciatori, 50 euro l’anno in Toscana, 150 in Emilia Romagna, 130 in Piemonte. “Oggi il 40 per cento delle lepri messe in zona di caccia arrivano dalle Zrc, zone di ripopolamento e cattura, e il 60 per cento da allevamenti, italiani ma soprattutto stranieri” spiega De Matteis. “Ufficialmente la spesa è di 50 milioni all’anno, ma in realtà si va dagli 80 ai 100 milioni. Noi del Centro ricerche da anni ripetiamo che è pericoloso trasferire le lepri in un ambiente diverso da quello d’origine, dove avevano raggiunto un equilibrio con la flora microbica. Questo mammifero ha nell’intestino centinaia di micro parassiti e può creare veri sconvolgimenti nel nuovo territorio. Fra le lepri importate abbiamo trovato tra l’altro la Bhse, la sindrome emorragica che nei capi giovani può portare a una mortalità pari al cento per cento. Poi c’è la tularemia, una grave malattia batterica che si può trasmettere all’uomo per contatto diretto”.
Ci sono Province che fanno bandi per l’acquisto di lepri, altre invece, come quella di Bologna, puntano solo sul ripopolamento locale. “Quest’anno” dice Maura Guerrini, dirigente del Servizio tutela e sviluppo fauna, “nelle nostre zone di ripopolamento abbiamo recuperato 3.542 lepri. Ci bastano”.
“Per gestire le zone di ripopolamento e cattura” spiega De Matteis “bisogna coinvolgere centinaia di cacciatori. C’è la sorveglianza di notte contro le volpi. C’è la cattura con le reti. E i nostri cacciatori sono sempre più anziani. Qui in Piemonte a fine anni Novanta l’età media era di 51 anni e mezzo, ora è salita sopra i 58. Per un dirigente Atc è allora più facile fare una telefonata a un commerciante straniero e ordinargli 400 lepri. Senza pensare, oltre al prezzo da pagare subito, al vero costo di una lepre cacciata. Abbiamo calcolato che fra le lepri adulte importate e immesse sul territorio in inverno la mortalità arrivi all’80 o 90 per cento. Una lepre pagata 180 euro più Iva arriva così a costare, in realtà, fra i 1.500 e i 2.000 euro”. Cioè come dieci suini grassi da macello."

Fonte (Il Venerdi di Repubblica)
Autore: Jenner Meletti


 
Re: Lepre

Sono d'accordo anche io che gli animali di cattura nati fuori nelle ZRC siano i migliori in assoluto, soprattutto per le lepri ma anche per i fagiani. Il problema è che la ATC hanno sempre meno soldi a disposizione per la stanziale, ormai spendono tutto per i danni da ungulati :mad:.

Saluti

Claudio - siena
 
Re: Lepre

Qui da noi in Toscana, o almeno in molti atc, ormai da anni non vengono più immesse lepri di allevamento ma soltanto soggetti di cattura provenienti dalle ZRC , con notevole incremento della presenza di lepri che sono tornate a popolare le campagne in maniera numerosa come in passato, a detta dei vecchi lepraioli...dove questo sistema viene utilizzato anche per il fagiano i risultati sono eccellenti, diversamente dal ripopolamento effettuato con fagiani da batteria che hanno una percentuale di sopravvivenza prossima allo zero...
 
Dalle mie parti con i soldi che ci sono, la provincia di Forlì-Cesena, arriva a pagare sì e no il 10% dei danni causati dagli ungulati....però stiamo cercando di fare un buon lavoro di reimmissione sia di fagiani che di lepri e qualche cosa si inizia vedere......ma se non siamo noi cacciatori a darci da fare e ad aiutare gli atc nella gestione i costi sarebbero tropo elevati e andrebbe tutto a monte.....speriamo bene per i prossimi anni.
 
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