Vi racconto una storia.

Re: Vi racconto una storia.

Credo che l'esatta sequenza sia:il Rigamonti aveva cercato di trombarsi la ragazza,ora Spinetti cerca di trombare il Rigamonti............quindi una sinfonia per tromba in una amena stazione marittima[deejay.gif]:D:D!!!!E ora il finale Ocsurte:D!!!!!Un saluto.


..rigamonti2.jpg.Il finale è che poi passo al Milan
 
Re: Vi racconto una storia.

Vi racconto una storia.
(continua dai post precedenti)
Rigamonti si incamminò di buon passo verso l'albergo. Il sovrintendente Spinetti nel tempo passato all'interno del Posto fisso della Polizia di Stato e ancor prima Il generale Direttore nel corso di quella drammatica telefonata, avevano riservato a Rigamonti un trattamento che una persona dotata di spina dorsale avrebbe ritenuto insopportabile. Immagino che chiunque dotato di una seppur minima quantità di amor proprio ad un certo punto, in un sussulto di orgoglio, avrebbe rotto gli indugi. Immagino che l'attraversare forche caudine di occhi che conoscono la tua colpa e invece di rendertene conto alla luce del sole, girano il coltello nelle piaghe della mente ricavandone per se un sottile perverso piacere, avrebbe fatto uscire allo scoperto l'uomo. Una chiara, franca, ammissione di responsabilità. Una confessione delle proprie colpe, senza curarsi delle conseguenze. Non erano questi i ragionamenti che si sviluppavano nella mente di Rigamonti mentre camminava verso l'albergo. In fondo, egli pensava, tutto poteva essere salvato. Sarebbe potuto uscire da quell'incubo e ritornare al suo impiego nella segreteria particolare del Generale Direttore. Non sfiorava la mente di Rigamonti l'idea che ne avrebbe patito l'onore. Nell'albergo, ad aspettare il ritorno di Rigamonti, c'era la moglie Rosa. Lei aveva la costernazione nel cuore. Nulla aveva potuto per impedire quell'assurda macchinazione che Rigamonti aveva imbastito pur di sottrarsi alle sue responsabilità. Forse le era mancata la forza di gridare la verità . Forse quegli accadimenti l'avevano toccata troppo in profondità negli affetti familiari. Forse l'aver vissuto anni nella palude Rigamonti aveva fiaccato il carattere franco e vigoroso dei suoi anni migliori. Se guardi gli occhi di Rosa celati sotto la patina di questo surreale dolore, vedi la luce. I suoi occhi castani comunicano limpidezza di pensieri e profondità di cuore. Occhi pronti a brillare per il bello e per le emozioni, uno sguardo che disseta e rinfranca dove si posa. Quando Rosa abbassa per un'attimo quel suo sguardo, una ciocca di capelli biondi gli attraversa la fronte. Il destino ha voluto che altri occhi adesso guardino in quelli di Rosa, occhi che ne colgono la luce e si perdono nella profondità della sua anima. Ne nascono pensieri e aneliti di appartenenze nuove, pagine di vita sottratte a una sceneggiatura ordinaria ed elevate ad una dimensione degna, forte, pulsante. Tratti di strada percorsi nello stupore di sentirsi ancora vivi e capaci di dare un significato nuovo a tante parole e a tanti gesti. Rigamonti incontrò Rosa, in albergo. Forse Rigamonti non aveva mai visto la luce negli occhi di Rosa . Le spiegò che lui aveva sistemato tutto, che non aveva niente di cui preoccuparsi. Rosa si rifugia nel pensiero di quegli occhi lontani che cercano i suoi. Abbraccia, col pensiero, quello sguardo che altro non chiede che di posarsi su di lei ancora. In una camera allo stesso piano del loro albergo era alloggiata la ragazza che quella mattina aveva pianto tutte le sue lacrime nella camera di sicurezza del posto fisso della Polizia di Stato. (continua)
Questa è una storia di pura fantasia. Ogni eventuale riferimento a fatti o personaggi realmente esistiti è puramente casuale.
 
Re: Vi racconto una storia.

Bravo! Ero proprio io, etrusco. Non mi riesce più accedere con quel nik e allora mi sono riciclato in ocsurte. Quella del necrologio di me stesso non era male, poi l'ho detto subito che non era vero e ho anche chiesto scusa per il piccolo imbroglio, mi attraeva lo scrivere in quel modo. Stasera forse pubblico un'altro capitolo, a gratis, naturalmente.

E chi ti paga??? c'è crisi, c'è crisi.......[lol.gif]
 
Re: Vi racconto una storia.

Credo che l'esatta sequenza sia:il Rigamonti aveva cercato di trombarsi la ragazza,ora Spinetti cerca di trombare il Rigamonti............quindi una sinfonia per tromba in una amena stazione marittima[deejay.gif]:D:D!!!!E ora il finale Ocsurte:D!!!!!Un saluto.
 
Re: Vi racconto una storia.

Credo che l'esatta sequenza sia:il Rigamonti aveva cercato di trombarsi la ragazza,ora Spinetti cerca di trombare il Rigamonti............quindi una sinfonia per tromba in una amena stazione marittima!!!!E ora il finale Ocsurte:D!!!!!Un saluto.


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[Trilly-77-24.gif][Trilly-77-24.gif] Mi sono deciso, alla fine di questo racconto, ne scrivo uno dei mie tanti.:D
 

ocsurte

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Vi racconto una storia.
Rigamonti se ne stava seduto su una sedia di legno, nel posto fisso della Polizia di Stato della Stazione Marittima. Era una di quelle sedie senza tante pretese, sicuramente uguale a tante altre sedie di tanti altri posti fissi della Polizia di Stato sparsi in giro per l'Italia, isole comprese. Sulla spalliera impiallacciata di una formica sbiadita che intendeva forse ricordare venature e colori di legni pregiati, Rigamonti aveva notato diciture del tipo: Lotto n° e contratto del ecc. ecc. E' singolare, come quando Rigamonti era in preda a profondo disagio, fissasse la sua attenzione su dettagli molto poco significativi, come se la sua mente non sopportando il peso di doversi concentrare sul problema che incombe, cercasse le vie di fuga più improbabili. Rigamonti si ricordò perfino che la mattina in cui aspettava di sostenere la prova orale di Italiano agli esami di Stato si sorprese a leggere un elenco telefonico presente sulla scrivania del bidello giusto fuori dall'aula in cui attendeva di essere convocato. Rigamonti si chiedeva qualche volta se questo sfuggire della mente al problema imminente, se questa specie di schizofrenia che lo portava a concentrarsi su dettagli insignificanti quando incombeva una scadenza ben più palpabile, importante e concreta, fosse una sua particolare peculiarietà oppure se accadesse anche ad altri. Fatto stà che la sedia su cui Rigamonti era seduto pareva scottare e lui avrebbe voluto trovarsi dappertutto, fuorchè su quella sedia. Il Luogotenente Rigamonti, classe 1956, aveva passato gran parte della sua esistenza al servizio dell'Aviazione Militare. A guardar bene, aveva fatto poco altro, nella sua vita, se non sposare Rosa figlia del brigadiere dei Carabinieri Giacinto e di Assuntina e di mettere al mondo due marmocchie che nel frattempo avevano raggiunto, senza particolari entusiasmi, ventidue e ventisei anni di età. Il piatto forte della sua esistenza, dicevamo, era il servizio presso l'Aviazione Militare. Pensare che a Rigamonti neanche piaceva volare. Da semplice allievo aviere gli era capitato di vomitare quando era stato convocato per un volo tattico di addestramento sul C130. Rigamonti odiava il volo tattico, quando il velivolo veniva portato ad alta quota sopra l'areoporto di San Giusto e poi fatto scendere con anguste virate concentriche fino in prossimità della pista, come a simulare un atterraggio in zona operativa. Le budella di Rigamonti si contorcevano,lui silenziosamente imprecava contro l'ufficiale pilota e l'albero genealogico di lui. Rigamonti trovava più consono alla sua indole occuparsi di scartoffie all'interno della base. Ve ne erano di scartoffie di cui occuparsi, all'interno della sua base. Scartoffie e moduli in triplice copia e poi minute e lettere di trasmissione delle scartoffie . E poi via, con la cartellina sotto il braccio a far apporre firme e visti secondo la scala gerarchica e registrare numeri di protocollo. Rigamonti mosse importanti passi di carriera all'interno della sua base e ben presto divenne insostituibile generatore di scartoffie presso la segreteria particolare del Direttore. Rigamonti vide avvicendarsi parecchi Generali Direttori. Rigamonti servi' nella saletta riservata incalcolabile numero di tazzine di caffè e profumate tazze di the Twinings of London. Il cruccio più grande del Luogotenente Rigamonti, escludendo ovviamente il motivo per il quale si trovava seduto su quella sedia, era il sapere che non avrebbe raggiunto mai il grado di Ufficiale, nonostante i suoi buoni uffici, per impedimento degli Stati Maggiori prima e del legislatore poi che in un sussulto di dignità avevano posto seri ostacoli a passaggi di carriera troppo disinvolti. Eppure Rigamonti non si era neanche sottratto al dovere di fornire un contributo alle missioni internazionali. Rigamonti aveva prodotto centinaia di chilogrammi di scartoffie e servito un non precisato numero di tazze di caffè e thè anche in missione a Bruxelles a settemila euro di diaria al mese. Rigamonti stava nervosamente seduto su quella sedia di finto legno all'interno del posto fisso della Polizia di Stato della Stazione Marittima davanti al Sovrintendente Mirco Spinetti. (continua.)
Questa è una storia di pura fantasia. Ogni eventuale riferimento a fatti o personaggi realmente esistiti è puramente casuale.
 
Re: Vi racconto una storia.

Vi racconto una storia.
(continua dai post precedenti)
Le parole di Spinetti proiettarono Rigamonti nella carlinga del C130 in volo tattico. Negli istanti che seguirono, che a Rigamonti parvero secoli, l'aviatore a cui non piaceva volare comprese appieno tutti i significati della parola panico. Adesso la mente del luogotenente non trovava appigli di scartoffie, inventari e numeri di protocollo a cui aggrapparsi per sfuggire il peso insopportabile delle questioni importanti, adesso la realtà delle sue responsabilità gli si presentava ineludibile, soverchiante. Rigamonti si sentiva in caduta libera e non aveva con se il paracadute. Un'incubo, quello di Rigamonti, indotto scientemente da Spinetti che nei minuti che seguirono si guardò bene di offrire una via di uscita al povero aviatore, tanto per devastargli la mente, per fargli capire chi avrebbe condotto quel gioco. Anche questo faceva parte dello stile del sovrintendente Spinetti. Rigamonti avrebbe cambiato cento volte quella sedia in finto legno impiallacciato con la carlinga del C130 in volo tattico. Quello che Rigamonti aveva dentro di se e che probabilmente era il motivo principale per cui adesso stava sprofondando dentro questo incubo, era la sua assoluta mancanza del coraggio di assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Questo nella fallace convinzione che sempre e comunque i suoi buoni uffici lo avrebbero tratto d'impaccio, avrebbero cancellato errori compiuti, fatto sparire comportamenti riprovevoli. Tutto fuorchè percorrere la strada della ammissione della propria responsabilità, fuorchè esser pronto a pagare le conseguenze delle proprie azioni. Questa fallace convinzione, adesso, aveva consegnato Rigamonti nelle mani, non tenere, di Spinetti. Eppure Rigamonti, dalla profondità del buco emozionale in cui era precipitato, riusciva ancora a ricordare le parole che alla fine il Generale Direttore aveva pronunciato. Proprio cosi, alla fine il Direttore quelle parole le aveva dette, Rigamonti non poteva aver sognato. Anche se, anche allora, si trovava in un buco emozionale del tutto simile a quello in cui adesso lo precipitava Spinetti. Le cose vanno in questo modo quando ti rivolgi al tuo interlocutore non per ottenere giusta soddisfazione dei tuoi diritti o per ammettere dignitosamente i tuoi errori e colpe. Se ti rivolgi al tuo interlocutore per ottenere favori, perchè lui faccia in modo magari di non farti imputare tue responsabilità, perchè ti introduca in un percorso privilegiato, allora devi essere pronto a pagare un prezzo. C'è chi trova questo prezzo insopportabile. Non certamente Rigamonti. Quel giorno in cui contingenze drammatiche e sfortunate stavano per presentargli il conto del suo operato scellerato, Rigamonti aveva preso a quattro mani il coraggio della disperazione e aveva chiamato il Generale Direttore. Questi non era stato certo indulgente, con Rigamonti. Forse è proprio una prerogativa di certe persone forti e potenti nell'atto di ricevere una supplica, quella a cui si atteggiò il Direttore con Rigamonti. Il Direttore, ascoltando l'incredibile vicissitudine di Rigamonti, si senti in diritto di trattarlo come una pezza da piedi, insultandolo in cento modi diversi e giurando e poi giurando ancora che lo avrebbe lasciato cadere a picco. Gli devastò la mente e l'anima. Solo alla fine di quella drammatica conversazione, un Rigamonti annichilito e piangente aveva udito quelle parole. Il Direttore avrebbe fatto una telefonata. La ragazza in camera di sicurezza forse aveva infine trovato altre lacrime da piangere. Adesso la si poteva udire distintamente. Rigamonti non la sentiva di certo, dalla profondità dell'incubo che stava vivendo. Il sovrintendente Spinetti si assentò per qualche minuto, senza pronunciare una sola parola. Quando tornò il pianto della ragazza non si udiva più. Il sovrintendente nell'atto di sedersi nuovamente sulla sua poltrona di vilpelle a sei ruote, prese il blocco dei moduli su cui si verbalizzano denunce e interrogatori e lo fece scivolare in un cassetto della scrivania. Dopo, avvitò il tappo alla sua monblanc e la ripose nella tasca della camicia sotto il pullover di cashmir. Non portava la divisa, il sovrintendente. Almeno di questo la Polizia di Stato poteva essergli grata. Prendo atto che non c'è stato alcun furto, signor Rigamonti. Torni al suo albergo e stia vicino alla sua famiglia, avrà mie notizie molto presto. Con queste parole il sovrintendente Spinetti congedò il povero Rigamonti che aveva appena vissuto il peggior quarto d'ora della sua vita. (continua)
Questa è una storia di pura fantasia. Ogni eventuale riferimento a fatti o personaggi realmente esistiti è puramente casuale.
 
Re: Vi racconto una storia.

A gentile richiesta e dato il gradimento riscontrato, interrompo la pubblicazione di questa cosa. Buona vita e IBAL a tutti.
 
Re: Vi racconto una storia.

Vediamo.
Se c'è almeno qualcun'altro interessato....pubblico il capitolo successivo. A gratis, naturalmente.


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Non ti credere perche scherziamo non siamo interessati...anzi!!!!! e' Lospirito del forum.:eek:
 
Re: Vi racconto una storia.

Vi racconto una storia.
(continua dal post precedente)
Il Sovrintendente Spinetti sedeva nella sua poltrona di vilpelle a sei ruote. Non credo che Spinetti avesse la minima idea del numero di inventario della sua poltrona, non era su questi particolari che egli fissava la propria attenzione. Non sò dire se il suo sguardo incrociasse quello di Rigamonti, pareva non fissasse alcun punto in particolare, pareva assorto nei suoi pensieri. Di che pensieri fosse capace il Sovrintendente Spinetti, non è dato di sapere. Il suo volto non tradiva emozioni. Spinetti beccheggiava nella sua poltrona sollecitando il gioco di cuscinetti indotto da una mole non esile, adesso pareva ignorare Rigamonti. Quella mattina Spinetti aveva trascorso diverso tempo in camera di sicurezza con quella ragazza slava i cui occhi sembravano non avere più lacrime da piangere. La supplica impressa in quegli occhi che non potevano più piangere, non aveva toccato Spinetti. Lo sguardo imperturbabile, indecifrabile. Nello stile di Spinetti, non era stato stilato alcun verbale di interrogatorio. -Uno a zero per noi- aveva detto un giorno Spinetti, la voce calma, nè dura nè emozionata ma fredda, inespressiva, quando radio celere aveva fatto circolare la voce della morte di Carlo Giuliani. E poi alla Diaz Spinetti si era guadagnato i galloni. I galloni e quella poltrona a sei ruote di vilpelle. Aveva picchiato duro quei ragazzi sdraiati per terra, senza emozione. Vorrei dire, ma non posso, senza cattiveria. Era un lavoro che andava fatto. Pensare che da ragazzo, nella sezione MSI della sua città lo avevano sempre guardato con sospetto. C'era ad esempio qualcuno che sussurrava di averlo visto correre a rifugiarsi dietro i cordoni della celere, non appena il corteo di Lotta Continua aveva preso ad avanzare. In molti, in quella sezione lo consideravano un pavido. Però Spinetti sapeva che il suo posto era nella Polizia e difatti vi entrò. Dopo l'impiego al G8 e alla Diaz, Spinetti era stato anche un paio d'anni alla Polmare, dove si era distinto per i rapporti che aveva saputo allacciare con l'ambiente portuale, un certo tipo di ambiente portuale, un certo tipo di rapporti. Sicuramente improntati, per usare un eufemismo, ad un risoluto pragmatismo. Spinetti adesso, scrutando Rigamonti, si chiedeva a quali canali avesse mai accesso quel sottufficiale dell'Aviazione che a lui pareva impersonare degnamente l'iconografia del vacanziero medio, per essere condotto, per le vie brevi, al suo cospetto. C'era stata una telefonata da Roma a perorare la causa del Luogotenente Rigamonti. Una telefonata ufficiosa, su numeri privati, schede al portatore. Una telefonata mai avvenuta. Quello era un caso di cui si doveva occupare il Sovrintendente Spinetti. Quello non era un caso, non era successo niente. Almeno fino a quando Spinetti non se ne fosse occupato. Secondo il suo stile. Dalla camera di sicurezza, prestando attenzione, si potevano udire ma non distintamente, sospiri di ragazza che ormai aveva pianto tutte le sue lacrime. Lei, signor Rigamonti, è forse qui per denunciare un furto? Esordi il Sovrintendente Spinetti tamburellando con una monblanc su un blocco di moduli di quelli usati per stilare i verbali di denuncia e interrogatorio. (continua)

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Re: Vi racconto una storia.

Vi racconto una storia.
(continua dai post precedenti)
Trascorsero alcuni giorni, nell'albergo che affaccia di fronte alla stazione ferroviaria. Una piccola piazza con pochi alberi ed aiuole disadorne perennemente interessata da lavori di rifacimento. Pale meccaniche, operai al lavoro, una rotatoria che prende forma con i New Yersey di cemento armato. Il traffico delle auto davvero impazzito, tanti sono quelli che non rinunciano all'auto neanche in quel piccolo centro. Pensare che fermandosi al parcheggio esterno le mura, in dieci minuti, a piedi, l'avresti girato tutto, quel buco di paese. Rigamonti è sereno, aspetta che il sovrintendente risolva quel suo increscioso problema, secondo il suo stile. E' sicuro che i suoi buoni uffici presso il Generale Direttore hanno infine potuto muovere le leve giuste e quel suo assurdo incidente sarebbe presto sparito. Non sarebbe mai esistito. Egli sarebbe tornato alle sue scartoffie, ai caffè serviti nella saletta riservata, alle tazze fumanti e profumate di thè Twinings of London. Rosa ha notato quella giovane ragazza slava dalla faccia triste. La sente uscire dalla camera ogni sera verso le ventitrè in compagnia di qualcuno. La vede rientrare rapidamente attraverso la hall con lo sguardo basso e gli occhi gonfi di pianto al mattino, all'ora della colazione. Rosa è profondamente provata e affranta dai dolorosi accadimenti di quei giorni e dalla assurda macchinazione che Rigamonti ha imbastito. Eppure nel suo cuore sente l'impulso di abbracciare quella ragazza, quasi ne intuisce pene profonde, incoffessate. Il cuore di Rosa è grande, i suoi occhi castani vedono il dolore negli sguardi sfuggenti e nei passi frettolosi. Rosa non riesce a voltarsi da un'altra parte, si specchia in quell'anima smarrita e trova conforto solo in occhi lontani. Viene il giorno del corteo degli indignati. Quella città cosi vicina e cosi cara a tante persone che in essa vedono un tempio di storia, cultura, fede e affetti, pare sotto schiaffo di una violenza cieca. Piangono i giovani e i cittadini che manifestano per le strade. Sono loro, le prime vittime di sporche macchinazioni. Qualcuno invocherà leggi speciali, qualcuno dirà che si deve limitare la libertà di manifestare e di dissentire. Riprenderanno vigore le speranze di un potere corrotto e logoro di perpetuare se stesso confidando sugli umori di maggioranze silenziose. Vecchi copioni, antiche strategie. Colpire il rinnovamento con la strategia della paura della piazza violenta. Neppure più una classe operaia in grado di dare risposte ferme, unitarie. L'ineffabile sovrintendente Spinetti non è nel suo posto fisso della Polizia di Stato, in quei giorni. Non si stà occupando per niente, al momento, dell'affaire Rigamonti. Svolge un'altro ruolo, delicato, secondo il suo stile. Quel furgone carico di maschere antigas e di armi improprie non verrà rinvenuto. Quei noti personaggi non verranno intercettati alla stazione. Trascorreranno alcuni giorni in quell' albergo vicino alla stazione, in quella piccola ,caotica, piazza. Rigamonti in attesa di un cenno del sovrintendente Spinetti, incurante della vita che gli passa addosso, incapace di un pensiero o di un sussulto d'animo che non sia per la sua segreteria particolare, le sue scartoffie e la cancellazione del suo problema. Rosa, affranta, costernata. Per i suoi affetti e per quella assurda bugia. Per quella città ferita e per quegli occhi gonfi di pianto di quella ragazza. Rosa è una spugna della vita. Rosa trova conforto in quello sguardo lontano. (continua)
Questa è una storia di fantasia. Ogni eventuale riferimento a fatti o personaggi realmente esistiti è puramente casuale.
 
Re: Vi racconto una storia.

pero' basta che non diventa come dallas 12 miliardi de puntate per sape' che so' tutti morti de vecchiaia nella bambagia 10 generazioni. un pezzo al giorno semo rovinati. up, up, up, troppa tensione fa' male . saluti.
 
Re: Vi racconto una storia.

'Mbè? e il resto che fine ha fatto? Etrusco non fare come l'altra volta che hai postato la storia del suicidio che non era vera......mi pare di ricordare che fossi tu l'autore.....
Bravo! Ero proprio io, etrusco. Non mi riesce più accedere con quel nik e allora mi sono riciclato in ocsurte. Quella del necrologio di me stesso non era male, poi l'ho detto subito che non era vero e ho anche chiesto scusa per il piccolo imbroglio, mi attraeva lo scrivere in quel modo. Stasera forse pubblico un'altro capitolo, a gratis, naturalmente.
 
Re: Vi racconto una storia.

'Mbè? e il resto che fine ha fatto? Etrusco non fare come l'altra volta che hai postato la storia del suicidio che non era vera......mi pare di ricordare che fossi tu l'autore.....
 
Re: Vi racconto una storia.

Un giorno Rosa aveva detto ad occhi lontani: Se il vivere nella mia luce, fosse per te motivo di sofferenza, io farei un passo indietro. Se tu fossi abbagliato dai lampi del mio animo e poi patissi dei miei cali di luce, del mio chiudermi nelle sofferenze del presente piuttosto che l'abbandonarmi al pensiero dei tuoi verdi prati, ecco, io vorrei che tu proseguissi per la tua strada. Ottenne una risposta precisa, da quegli occhi: Non aspettarti che io mi specchi in queste tue parole, non aspettarti che io sia capace di uguale slancio, se fossi tu, a soffrire delle mie opacità. Io sarei comunque a sorreggermi ai tuoi occhi, alla ciocca di capelli biondi che ti attraversa la fronte. Sognerei le tue mani che cercano le mie. Se mi accorgessi di farti soffrire, soffrirei io stesso, ma non potrei mai augurarmi che tu lasci la strada su cui camminiamo, insieme. Seduta al tavolo della prima colazione Rosa riflette su quanto sia sottile quella linea che separa le gioie dai dolori. Se mai esiste, poi, una demarcazione. Se un sentimento coltivato come un fiore per un cuore lontano, non porti dentro di se anche il seme della sofferenza. Forse questa poteva essere la risposta: Non si può essere pronti ad amare se non si è anche pronti a dare e ricevere dolore. Rosa pensa a quegli occhi lontani, pensa che il dolore più grande sarebbe una vita senza passione. Occhi lontani sarebbe d'accordo, su questo. Si sentono vivi, quei due. Quando si è vivi a volte esce un pò di sangue. Cose che succedono ai vivi. (continua)
Questa è una storia di fantasia, ogni riferimento a fatti o personaggi realmente esistiti, è puramente casuale.
 
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