Mi approprio, spero non indebitamente, del titolo di un articolo sul 25 aprile del dr. Paolo Deotto, libero ricercatore , fondatore della Rivista storica on-line “Storia in Network”, collaboratore del sito di “Storia Libera” e dell’ “Istituto Storico per l’Insorgenza e l’Identità Nazionale”, nonché delle riviste “Nova Historica” e “Radici Cristiane”. Vi propongo questo articolo tratto dal suo blog, (
http://detto.blogspot.com), non prima di aver fatto, però, alcune riflessioni personali su questa giornata, indebitamente spacciata per “festa nazionale”.
Il 25 aprile si chiude la triste ed ingloriosa parabola chiamata “guerra di liberazione” o “resistenza”, durante la quale l’Italia si è conquistata lo stigma perpetuo della viltà, del servilismo e del più becero opportunismo. Evito, per ora, di parlare della vergogna del 28 aprile.
Sia ben inteso che questi non sono giudizi personali, ma niente altro che la traduzione e la sintesi dei pensieri dei protagonisti di quei giorni. Non mi riferisco agli uomini e ai ragazzi di Salò; se mi riferissi a loro, verrei accusato di inattendibilità e di faziosità. Così mi limito a riportare ciò che dissero di quel periodo quelli che, almeno in teoria, erano i nostri alleati: americani, inglesi, australiani,francesi, marocchini e russi.
Ad esempio, il Generale Eisenhower, comandante delle forze Alleate in Europa, scriveva nelle pagine del suo diario che “il tradimento dell'Italia è stato un brutto affare e una delle pagine più buie della storia di questa guerra, solo il sacrificio dei militi della RSI ha permesso di mantenere all'Italia un briciolo d'onore”. Di lì a poco ribadì il concetto, scrivendo che “la resa dell'Italia fu uno sporco affare. Tutte la nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma l'Italia é la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato solo in parte dal sacrificio dei combattenti della RSI”.
Il giudizio non muta se si volge l’attenzione agli inglesi. Così il Generale Alexander Harold, comandante in capo delle forze inglesi in Italia, ebbe a dire: “il fatto é che il Governo italiano decise di capitolare non perché si vide incapace di offrire ulteriore resistenza ma perché era venuto, come in passato, il momento di saltare dalla parte del vincitore”, (tratto da “Le armate alleate in Italia”, di Alexander Harold). Gli fece eco il celebre Maresciallo Montgomery che fu lapidario nel dire: “il voltafaccia italiano dell’8 settembre fu il più grande tradimento della storia”.
I russi, dal canto loro, non qualificarono diversamente l’infame gesto: “l'Italia fu fedele al suo carattere di sciacallo internazionale, sempre in cerca di compenso per i suoi tradimenti”, ( da “"Storia della diplomazia" di Potemkin, ambasciatore sovietico a Roma”).
Giova ricordare, poi, come furono gli stessi Alleati a coniare il verbo “to badogliate”, che indica un’azione maldestra, furbesca, infestata dal tradimento.
Le summenzionate parole pesano come marmo sull’operato della resistenza in Italia e sul conseguente giudizio storico che di essa si dovrà dare, prima o poi, quando cioè la sbornia antifascista sarà svanita e le fandonie che porta con sé si scioglieranno come neve al sole, vinte dai colpi inferti dalla verità storica. Qui siamo di fronte ad alti gradi dell’esercito alleato che provavano più simpatie per chi sparava loro addosso, gli arruolati nella Repubblica Sociale Italiana,i quali sin dal 10 giugno 1940 aveva dichiarato loro guerra, piuttosto che nei riguardi di chi combatteva al loro fianco che, anzi, veniva guardato con sospetto: il cd. esercito di “Liberazione nazionale”.
Come dar loro torto, sebbene dar ragione ad un forestiero bruci come una ferita profonda nel mio spirito nazionalista?
In fondo, l’Italia, scesa al fianco della Germania, aveva cambiato indegnamente bandiera, quando le cose iniziavano a prendere una brutta piega; anzi, solo una sua parte, perché ben altra parte rimase fedele all’alleato teutonico fino all’ultimo giorno, scegliendo di combattere non per la vittoria, ma per l’onore, proprio e dell’Italia.
Il senso dell’onore, questo semi-sconosciuto in casa nostra, ma che per tanti uomini e ragazzi fu più forte della paura della morte e che, invece, getterà eterna infamia addosso al maresciallo Badoglio e al re Vittorio Emanuele III, in fuga per l’alto mare, seguito dal codazzo dei suoi uomini, ognuno dei quali implorava vigliaccamente di poter darsela a gambe. Costoro abbandonarono l’Italia al suo tragico destino, lasciarono l’esercito italiano incerto sul da farsi ma, ciò che peggio, consentirono alle formazioni partigiane di scendere dai monti, sui quali si erano rifugiate, per compiere alcuni dei più atroci atti di tutta la guerra, poi spacciati indegnamente per “liberazione”: le stragi di Oderzo e della cartiera di Mignagola, gli eccidi dei conti Manzoni, di Codevigo, di Argelato, di Schio,dell’ospedale psichiatrico di Vercelli e tanti altri episodi cruenti e efferati, poi riesumati da un giornalista di sinistra, evidentemente schifato dall’assurdità della nostra storia, che ancora vengono snobbati dagli idioti che si riempiono la bocca dell’anti-fascismo. Costoro ignorano o fingono di ignorare anche che la guerra partigiana fu addirittura fratricida, giacché non solo condotta contro fascisti e nazisti, ma anche contro le stesse formazioni partigiane. Lo testimoniano numerosi episodi, come ad esempio la strage della Missione Strassera e l’eccidio di Porzus, dove fu fatto scempio dei partigiani di ispirazione cattolica e socialista. Un’ombra pesante che rende quanto meno plausibile la teoria che, in realtà, buona parte delle forze partigiane lavorava per la consegna del Paese alla “Grande Madre Russia”.
E così, ignara di ciò che dice la Storia, l’Italia si avvierà per l’ennesima volta a commemorare festosa quel giorno, che la stessa Storia marchia come riprovevole, spacciandolo per “liberazione”.
Ma liberazione da chi o da cosa? Siamo stati invasi, tanto da nord, (a causa del tradimento, mica per caso!), quanto da sud; solo che nel settentrione,checché se ne dica, vi era un legittimo governo plenipotenziario; al centro-sud, invece, gli Alleati imponevano persino la moneta ed esautoravano dei poteri più significativi il cd. “Regno del Sud” prima e poi il “Regno d’Italia 1944-46”, targato Umberto II, il “Re di maggio”, che dovevano acquisire il placet degli stessi Alleati per diverse tipologie di provvedimenti.
Come si può vedere siamo schiavi sin da allora, purtroppo. Men che meno siamo “liberi” o “liberati” oggi, vittime come siamo di istituzioni tanto inutili quanto ingombranti, del consumismo capitalista, delle oscillazioni del mercato finanziario, del petrolio e di tutti gli altri bubboni del sistema attuale. Come sono lontani i tempi in cui l’Italia è stata veramente sovrana e “fabbro del suo destino”, qualunque esso fosse!
E’ per questo che dico, sin dai primi scritti di questo blog, che è giunta l’ora di riappropriarci del nostro passato e di riappacificarci con esso, perché farlo significa riprendere in mano il nostro futuro. Per riuscirvi occorre liberare la mente e la memoria storica da quelle nefandezze ideologiche che ci hanno portato a giudicare come “nemico” ciò che fu pienamente italiano, anche per stessa ammissione dei nostri avversari, poi divenuti sospettosi alleati. Cancellare una giornata vergognosa come il 25 aprile, abbandonare l’assurda definizione di “male assoluto” e cominciare a tributare il giusto merito a chi ha pagato con la vita per tenere alto l’onore d’Italia, sarebbero di sicuro degli ottimi primi passi verso una nuova coscienza nazionale, questa sì realmente “libera e liberata”.
W l’Italia.