L'utilizzo del collare anti-abbaio costituisce la condizione di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, nonché di maltrattamento di animali. E' quanto emerge dalla sentenza 17 settembre 2013, n. 38034 della Terza Sezione Penale della Cassazione.
Secondo gli ermellini,
il collare elettronico è certamente incompatibile con la natura del cane, fondandosi sulla produzione di scosse o altri impulsi elettrici che, tramite un comando a distanza, si trasmettono all'animale provocando reazioni varie.
Trattasi, infatti, "
di un addestramento basato esclusivamente sul dolore, lieve o forte che sia, e che incide sull'integrità psicofisica del cane poiché la somministrazione di scariche elettriche per condizionarne i riflessi ed indurlo tramite stimoli dolorosi ai comportamenti desiderati produce effetti collaterali quali paura, ansia, depressione ed anche aggressività".
Come precisato sempre dalla Terza Sezione Penale della Cassazione, nella
sentenza 15 aprile 2007, n. 15061, l’uso del collare anti-abbaio rientra nella previsione del codice penale che vieta il maltrattamento di animali, ai sensi dell’
art. 544-ter c.p. Tale strumento costituisce, inoltre, incrudelimento senza necessità, nei confronti di animali, suscettibile di dare luogo al reato di cui all’
art. 727 c.p., in quanto comportamento che produce nell’animale sofferenze che non sono giustificate dall’esigenza di tutelare terze persone.
In tale sede i giudici di legittimità precisarono come l’uso del collare anti-abbaio non potesse trovare giustificazione nel caso in cui eventuali comportamenti molesti dell’animale potessero essere corretti con trattamenti educativi privi di ogni forma di violenza ed accanimento.
Nella fattispecie, il cane dell'imputato, al momento del rinvenimento, mentre vagava incustodito sulla pubblica via, era provvisto di collare con dispositivo elettrico, l'utilizzo del quale, come relazionato dal veterinario, era in grado di produrre effetti difficilmente valutabili sul comportamento dell'animale, talvolta reversibili, altre volte permanenti, ma comunque considerabili maltrattamento.
(Altalex, 24 ottobre 2013. Nota di
Simone Marani)