Ogni anno fra raccomandazioni e lotterie i cacciatori cercano – spesso
invano – di conquistare un ingresso in una più gradita zona di caccia
L’esperienza è la somma delle nostre delusioni
(H. Frederic Amiel)
La caccia conta con malinconia e rabbia i suoi esodati, giovani o anziani esuli dal proprio ATC di residenza fidando nella terra promessa di altri territori. Non raramente restano col fucile appeso al chiodo, proprio come le centinaia di migliaia di lavoratori traditi dalla conquista di pensionamento anticipato e lasciati con le mani a riempir le tasche vuote.
Vagano da un ufficio all’altro agitando domande e rincorrendo raccomandazioni pur di poter pagare e far preda in uno delle migliaia di fazzoletti di terra che vestono la penisola venatoria. Superato lo choc della quota per una sola zona (a Roma 5 euro, in Emilia 170, nel Milanese 138) spesso non riescono a varcare la soglia dell’ammissione. E devono cancellare progetti e propositi nel ritorno alle campagne di casa a volte problematico e sempre frustrante in una corsa contro il tempo di iscrizioni in scadenza e prima che la nuova stagione alzi le serrande.
Ogni anno si spera sia l’ultimo ed ogni anno si ripete il rituale da incubo che quasi sempre si dissolve con la riconquista dell’ATC di residenza perché anche il diavolo ha i suoi miracoli e nessuno ha il coraggio di dar retta ad Aristotele: “anche quando le leggi sono scritte non dovrebbero mai rimanere immutate”. Ne sono vittima decine di migliaia di cacciatori decisi a pagare, ma costretti ad attendere fidando magari in un sorteggio. Perché accade anche questo, che il diritto di caccia diventi una lotteria in cui in rapporto alla capienza del singolo ATC si faccia la percentuale su tutti i residenti (esempio 70% e si completi poi con il 25% di foranei ma abitanti in regione ed i rimanenti 5% fuori regione e non raramente scelti per estrazione come fossero numeri del lotto). Così nella caccia si riconferma un’Italia patria del diritto di residenza in provincia, di quello in regione ed infine d’un altro ancora per chi abita nel resto d’Italia. Sono i contorni di una fotografia in bianco e nero in cui prevalgono le tante ombre anche se si cerca di ampliare le luci della gestione, del volontariato e di tanti altri edificanti episodi. Ma questa è la realtà a cui occorrerà una buona volta porre mano prima che la crisi della caccia costringa i dirigenti degli ATC a cercar nuovi soci. Magari con un “paghi uno e prendi due”.