Simpatico articolo sul Bresciaoggi di domenica 16/9

Deve essere la solita famiglia credo ... imparentati...
Mio padre ha avuto una Doppietta Pintossi. Cal. 20 a cani esterni del 1948 credo di ricordare.... artigiano bresciano...... era favolosa!!!!
L'ha ceduta dopo varie pressioni e buone valutazioni..... Peccato! :( :( :(
 
Ciao Stebi, non so se siano parenti...tieni presente che qui in Val Trompia i cognomi più diffuso sono appunto Pintossi, Rizzini, Pedretti, Peli....
Ciao
 
Mitica val trompia!!!Bisognerebbe farlo capire a molta altra gente che la caccia in generale...e in questo caso il capanno..non è una semplice attività per far passare il tempo... ma essere cacciatore è un vero e proprio "stile di vita" ben radicato nelle nostre tradizioni montane e rurali..e soprattutto per gli anziani, che praticano questo tipo di caccia, il capanno diventa quasi una "ragione di vita"..con tutti i benefici che questa può portare!!! Viene la tristezza a vedere episodi in cui delle balde giovani guardie forestali vanno a stendere verbali a ottantenni che sparano a una cesena sui sorbi fuori dalle baite, come se fossero dei criminali ricercati dall FBI... :cry: :cry: :cry: e purtroppo questi sono fatti che qui succedono sistematicamente..Vogliono toglierci anche la libertà di avere delle soddisfazioni..manco se fossimo degli schiavi sotto regime..Maledetti!!!! :evil: :evil: :evil:
 

Diego

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Vi posto un articolo che reputo simpatico e che fa capire cosa significa la caccia per molta gente qui nel bresciano....
ciao


Umberto Pintossi: al capanno con papà


Diana forever. Cacciatori per sempre. Fino all'ultima legge, alla peggiore
delle restrizioni, alla cancellazione della penultima specie cacciabile.
Umberto Pintossi è solo classe 1947, un ragazzo. Questa prima domenica
mattina di caccia accompagnerà suo padre Emilio, che ha 93 anni compiuti, su al capanno di famiglia, alla «Tesa del Cont», sopra i monti di Polaveno. La mamma Maria Belleri sorride (lei è solo del 1919): «Per loro il capanno è tutto. È la loro vita. Non fanno del male a nessuno».
IL NONNO ricorda, ma senza rancore: «Una volta portavamo giù gli uccelli
con il gerlo. Adesso sono altri tempi e non si può pensare di tornare indietro.
È come per i funghi: anche quelli (e solo i rossi) riempivano i "zerlècc". Oggi ne trovi due o tre nella posta e sei contento».
Al bar-ristoro della famiglia Bresciani di Brione il nonno Primo sfodera
le sue 59 licenze, che sono davvero tante per uno della classe 1933: «Qui in paese siamo in 600 abitanti e ci sono 100 licenze di caccia. Io non sono vecchio come Emilio Pintossi, ma è possibile che nessuno pensi ai danni che farebbe la fine della caccia per noi vecchi? Solo calicini? Poi magari il Comune ci manda le donne».
SONO le assistenti sociali, ma è evidente come la caccia sia un impegno
vitale per i 12 mila bresciani che hanno nella cura della «posta» una vera
ragione di vita. E di salute. E di relax per le mogli. E di tranquillità per i
medici di base. Senza pensare alla valenza ambientale.
Umberto Pintossi va però giù pesante: «Noi capannisti siamo una specie in
via d'estinzione. Stanno facendo di tutto per farci appendere il fucile al
chiodo. Ho la licenza da quarantacinque anni e non ho mai preso una multa, ma oggi chi entra in un capanno pensa di essere in galera».D. RAV

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Fantastico articolo, come del resto lo sono i Bresciani per quanto riguarda il discorso caccia....adoro la Val Trompia tanto che venerdì pomeriggio....vado su!!! :lol:
Davide
 
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