Tecniche d'allevamento del Fringuello e della Peppola

Re: Tecniche d'allevamento del Fringuello e della Peppola

vicino a casa mia i fringuelli hanno il nido in cima ad un cedro,ma come dice mirko,gazze e cornacchie sono in agguato,i due pettirossi che sono stati nel mio giardino tutto l'inverno sono partiti settimana scorsa
 
Re: Tecniche d'allevamento del Fringuello e della Peppola

mirko non sento ancora il mio maschietto a cantare secondo te come mai?? ti dico che quest'anno non è stato sotto il fotoperiodo.......sono un po preoccupato perche vedo la femmina invece che ogni tanto gira con il fieno[/quote]quelli intorno a casa mia fan gia' la primavera[/quote]
Primavera si ma siamo ancora lontani dal pieno estro...ieri ho messo il maschio insieme alla femmina..staremo a vedere..l'anno scorso solo uova..quest'anno ho provato a cambiare il maschio vediamo come va.....
 
Re: Tecniche d'allevamento del Fringuello e della Peppola

Questa è una bella foto che ho trovato su fb e visto che nessuno posta foto dei piccoli di finchi, la metto io.......fringuelli.jpg
 
Re: Tecniche d'allevamento del Fringuello e della Peppola

Io sono quasi a metà e debbo dire che in questo libro sto scoprendo molte cose interessanti. Credo sia utile conoscere anche queste cose per capire sia i selvatici che i nostri richiami.
Roby
 
Re: Tecniche d'allevamento del Fringuello e della Peppola

cri86 ha scritto:
Max-allodolaio ha scritto:
Volevo sapere sino a quante ore di luce si possono raggiungere nella stanza con i fringuelli, prima che questi rallentino il canto? Verso quante ore sononin estro? Grazie per le risposte
:?: :?: :?:
mia esperienza max 16, adesso sono a 14.45 e si fanno sentire bene

fino a 18 e rotte tengono.
 
Re: Tecniche d'allevamento del Fringuello e della Peppola

Giampy83 ha scritto:
ho tre fringuelli e due peppole,volevo metterli in voliera visto che la caccia è finita. ma fini a quando possono stare li?

Adesso libero tutti i miei richiami in voliera, con fotoperiodo calante e li tengo fino ai primi di settembre, poi ingabbio. Non ho mai avuto problemi con nessun richiamo le specie che ho: tordi, merli,frosoni e soprattutto fringuelli.
Saluti
 

Diego

Membro dello Staff
Moderatore Forum
Messaggi
7,909
Punteggio reazioni
81
Punti
408
In questo Topic è possibile inserire e discutere delle tecniche per l'allevamento del Fringuello e della Peppola, che per noi cacciatori della Lombardia e Veneto rappresentano la caccia tradizionale più amata.
 
Re: Tecniche d'allevamento del Fringuello e della Peppola

Le voci degli uccelli: segnali acustici.

Se tutti gli uccelli fossero muti, all’inizio dell’estate il paesaggio, che si vivacizza con i loro canti e i loro richiami, ci sembrerebbe morto. Gli uccelli, in particolar modo quelli canori, comunicano soprattutto in maniera acustica. Nel periodo della riproduzione, il canto del maschio assume il molo principale nella quantità delle espressioni sonore. Inoltre conosciamo diversi richiami, nei maschi, nelle femmine e negli uccelli giovani, che non sono complicati come il canto e che per lo più svolgono anche altre funzioni. Se in un parco cittadino molti uccelli cantano in contemporanea, risulta difficile anche per l’esperto distinguere le singole specie. Anche nel caso delle forme universalmente note, come per esempio il fringuello c’è ancora molto da scoprire per quello che riguarda il canto e i richiami. Però il canto del fringuello o di un altro uccello, per quanto forte e preciso possa giungere al nostro orecchio, si smorza troppo velocemente per poterlo percepire in tutti i suoi dettagli. I segnali acustici, come tutti gli altri comportamenti, sono molto fugaci e perciò dobbiamo renderli “visibili” per poterli interpretare correttamente.

Una trascrizione fonetica delle voci degli uccelli: il Sonogramma

Già da lungo tempo ci si è sforzati di rappresentare nero su bianco le voci degli uccelli, per esempio con la notazione musicale e gli altri procedimenti che ne derivano. Il risultato risulta particolarmente inattendibile quando tentiamo una trascrizione con l’aiuto della lingua o della scrittura. Il sonogramma invece fornisce un quadro obiettivo dei fenomeni acustici. Da circa 30 anni, il sonografo proveniente dagli Stati Uniti è stato adottato nella bio-acustica. Questo apparecchio produce delle annotazioni che si leggono come la nostra scrittura da sinistra verso destra. Il sonogramma Standard analizza un lasso di tempo di 2,5 s. Oggi però già esistono apparecchi che funzionano in modo continuo.
In una seconda dimensione, perpendicolare all ”asse temporale” orizzontale, il sonografo analizza i fenomeni acustici secondo l’altezza dei loro toni. La distanza dalla base a cui viene tracciato il tono, aumenta in proporzione diretta all’altezza dello stesso. Poichè gli uccelli come gli esseri umani esprimono i loro suoni in un ambito che va da 0 a 8 kHz (1 kHz = 1.000 Hz = 1.000 vibrazioni al secondo), sceglieremo questo ambito per l’analisi. L’apparecchio scrive con una punta che in verticale ha un’ampiezza di 300 Hz.
Nel sonogramma esiste anche una terza dimensione. La rappresentazione del segnale è tanto più scura, quanto più forte è la registrazione dello stesso. Generalmente possiamo valutare questa dimensione solo in modo relativo e perciò non la prenderemo in considerazione nelle nostre riflessioni.

Tono, suono e rumore

Dal punto di vista fisico, i toni puri non compaiono di frequente neanche nella stessa musica. Essi vengono prodotti principalmente dal flauto. Nel sonogramma, come si vede dalla Fig. 102, sono rappresentati da linee orizzontali. Riconosciamo l’altezza dei toni progressivamente crescenti dei primi elementi della melodia della canzone per bambini “Alle meine Entchen” per flauto. Lo spessore della linea si trova, come detto sopra. a circa 300 Hz. I due ultimi elementi mostrano già un sovratono, quindi non sono già più puri. Il violino emette tutta una serie di tali sovratoni (Fig. 102-b), quando attacca il primo “tono” di questa canzone per bambini.
Questa forma la definiamo suono. Infine, i rumori sono sparsi in modo diversificato tra tutti i settori dell’altezza dei toni, come nello schiocco delle dita (Fig. 102-C), nel battito delle mani (d) e nello schiocco della lingua (e, rumore doppio).
Se le voci degli uccelli sono costituite da toni, questi sono quasi sempre modulati, ciò significa che si alzano e si abbassano. Il semplice elemento del canto del luì piccolo mostra già un modello complicato (Fig. 102-f).
Ai suoni emessi dagli uccelli si possono sovrapporre anche altre vibrazioni (vibrato) e ciò porta ad suono roco o ad un suono nasale. Anche la voce umana si può analizzare col sonografo (Fig. 102-g). La parola umana “Zilpzalp” mostra però una scarsa somiglianza col modello dell’uccello imitato. Riconosciamo però che la “Z” si presenta come rumore nella zona della frequenza superiore, il resto è un timbro modulato di frequenza con un vibrato marcato, come è caratteristico della voce dell’uomo. Sul linguaggio delle voci degli uccelli vedere la Fig. 103.

Fig. 102


Fig. 103


La struttura temporale del canto

Sull’esempio del fringuello presentiamo la suddivisione temporale e la distribuzione del canto degli uccelli. La maggior parte delle specie di uccelli presenti nelle nostre zone cantano solo nel periodo della riproduzione, in primavera ed in estate. Con l’inizio della muta in luglio-agosto cessa il canto, che pero può riprendere per un breve periodo in autunno (Fig. 104-b/a). Il fringuello, come la maggior parte delle nostre specie di uccelli, è un uccello diurno. Inizia a cantare sul fare del giorno e prosegue fino a sera inoltrata (Fig. 104-b/b), di primo mattino il canto raggiunge la sua massima intensità, e poi al procedere del giorno si presenta con una frequenza sempre più ridotta. Molte specie si concedono una pausa nelle ore più calde del mezzogiorno. Il canto del fringuello è costituito da una sequenza di strofe (fig 104-b/c) che definiamo spinta o serie se è delimitata da pause. Alcune specie di uccelli, per esempio l’allodola maggiore o la silvia palustre, o in modo ancora più appariscente le specie di locustella, cantano senza interruzioni per svariati minuti o addirittura per interi quarti d’ora prima di concedersi una pausa.

Fig. 104-a


La strofa del fringuello è composta da diverse parti (Fig. l04-b/d). Nel sonogramma, definiamo come elemento la più piccola unità delimitata da un intervallo, dunque un annerimento continuo.
Tuttavia anche un tale elemento può essere a sua volta scomposto in sottounità. L’unione di più elementi diversi forma una sillaba. Spesso col semplice udito non si possono isolare i singoli elementi di una sillaba. Definiamo come frase il susseguirsi di elementi o sillabe omogenee. A seconda della specie e della durata dell’ elemento essa presenta un suono ronzante, nasale o trillante, vale a dire che la percepiamo semplicemente come una successione di elementi ritmici.
Definiamo come motivo una sequenza riconoscibile di diversi elementi. Il ghirigoro della strofa del fringuello costituisce un motivo tipico. Col termine strofa intendiamo una sequenza continua e temporalmente limitata di elementi, frasi, sillabe o motivi, che è separata dalla seguente da una pausa più lunga. Il susseguirsi di più strofe viene definito canto (Fig. 104-b/c).

Fig. 104-b


La produzione dei suoni

L’organo vocale degli uccelli non si trova nella laringe come negli uomini, ma molto più in basso, lì dove la trachea si biforca nei due bronchi, che riforniscono i lobi polmonari (Fig. 105). Questa biforcazione la chiamano siringe. dalla parola greca che indica il flauto di Pan.
Nella parte interna della biforcazione degli uccelli canori si trova una sottile membrana di forma ovale, la membrana interna timpanale. Durante la fase di espirazione, cioè quando l’animale butta fuori l’aria dai rispettivi sacchi aerei, la membrana vibra ed emette dei suoni.
Sulla qualità di questo suono incidono sia la pressione dei sacchi aerei circostanti che la lunghezza della trachea, l’attività della muscolatura della siringe, la velocità dell’aria che passa sfiorandola ed altro ancora. Per gli ulteriori effetti, come il vibrato dobbiamo supporre che nella siringe esistano altri meccanismi che producono suoni. Vale la pena segnalare, che le due metà simmetriche della siringe possono lavorare anche in modo indipendente. L’uccello può dunque cantare o emettere richiami a due voci. La maggior parte delle volte ripartisce l’espressione sonora in parti disuguali sulle due metà. In questo la parte sinistra della siringe domina come avviene per la rispettiva regione cerebrale. Anche nella produzione del linguaggio umano domina l’emisfero cerebrale sinistro.

Fig. 105


Negli uccelli, come del resto negli esseri umani, la produzione sonora non avviene solo esclusivamente attraverso l’organo vocale. Già il linguaggio umano contiene un gran numero di suoni che non sono prodotti con le corde vocali della laringe: per esempio p, t, k, ma anche la sibilante muta “s” e la doppia consonante “z”.
Secondo tutte le apparenze, gli uccelli possono produrre con la siringe anche dei rumori. Inoltre, essi usano una serie di altri organi per la produzione sonora strumentale: il picchio tamburella col becco su uno strumento di risonanza estraneo al corpo. In una fase di picchiata obliqua del suo volo di perlustrazione, il beccaccino produce un piagnucoloso belato con le penne timoniere esterne (“capra del cielo” è appunto l’altro nome tedesco del beccaccino “Himmelsziege”, n.d.T.).
Durante il volo molte specie di anatre producono dei suoni sibilanti con le ali. Durante le contrapposizioni aggressive il becco del fringuello produce (Fig. 113-h) una serie di rumori strepitanti. Definiamo come suoni strumentali tutti questi segnali acustici non vocali e li contrapponiamo ai suoni vocali.

L’inventario sonoro del fringuello

Poichè il fringuello (Fringilla coelebs) è uno degli uccelli canori più frequenti nell’Europa centrale ed, oltretutto, nelle sue espressioni sonore è una delle specie più conosciute (Marler, 1956), vogliamo prenderlo ad esempio per provare a gettare uno sguardo d’insieme sull’inventano sonoro di un uccello canoro. I richiami e i canti di diverse altre specie di uccelli, in particolare del merlo e della cinciallegra maggiore si trovano, insieme ai sonogrammi, sui dischi di Thielcke. Nel frattempo, sono reperibili in commercio numerosi dischi e cassette registrate con le incisioni delle voci degli uccelli, che offrono una panoramica sulla molteplicità di queste voci e rappresentano un valido aiuto per riconoscere una specie.

I canti

Il canto pieno

Abbiamo già fatto prima la conoscenza della strofa del canto pieno del fringuello. Per quanto sia semplice riconoscere una strofa di fringuello come tale, bisogna ammettere che esistono tante variazioni nel dettaglio della strofa stessa.
Per esempio alcune terminano con un breve “kit” (chit) o “ken” (chen) mentre ad altre questo elemento manca.
Thielcke (1962) ha stabilito che esso concorda ampiamente con un frequente richiamo del picchio rosso. L’affermazione che in realtà ci troviamo di fronte all’imitazione di un individuo di un’ altra specie, sarebbe più sicura se in questo punto della strofa si trovassero anche altre imitazioni.
Nella Grecia nordorientale i fringuelli aggiungono a volte alle loro strofe un breve “tjip” (tiep), che corrisponde esattamente al dialetto di inquietudine dei luì bianchi locali (Fig. 106).
I fringuelli manifestano dunque la tendenza ad inserire alla fine della loro strofa dei brevi richiami di uccelli di altre specie. Probabilmente questi richiami si tramandano da fringuello a fringuello.
Se si ascoltano due maschi di fringuello che cantano l’uno accanto all’altro, generalmente è possibile distinguere i due animali dal loro tipo di strofa. Le strofe suonano diverse già dall’inizio, ma sono soprattutto i ghirigori ad essere strutturati diversamente.

Fig. 106


Che ruolo svolga il canto nella vita di un maschio di fringuello, si può comprendere dal tempo che esso dedica a questa attività. Una strofa ha una durata di circa 3 secondi. All’inizio dell’estate un fringuello che canta di buona lena ne produce circa 4.000 in una sola giornata. Moltiplicando i due dati si ottiene un lasso di tempo di 12.000 secondi, vale a dire 200 minuti o 3 ore e 20 minuti. Se supponiamo che il fringuello in linea di massima è attivo per 16 ore al giorno otteniamo che esso dedica al canto più del 20% del suo tempo. In questo arco di tempo esso non può nè nutrirsi, nè curare il suo piumaggio o dormire. Purtroppo non sappiamo esattamente quanta energia impieghi per cantare 3 o 4 ore. Dobbiamo però supporre che un canto così intenso e frequente gli consente un delimitazione del suo territorio relativamente più economica di un’ attenzione costante in tutte le direzioni e di ripetuti attacchi contro gli intrusi.

Il canto in volo

Solo in presenza di un’ elevata inquietudine, a volte il fringuello emette un strofa anche durante il volo. Invece, per altre specie di uccelli il canto in voi costituisce una manifestazione tipica. E’ particolarmente diffuso tra quelle specie che popolano grandi spazi aperti. In questo caso, vale la pena di combinare segnale acustico con la messa in mostra visiva.
Un esempio conosciuto è quello del prispolone (Anthus trivialis, Fig. 107), che dopo una ripida ascesa con la coda rigida e le ali spiegate, si abbassa cantando ad alta voce e atterra sul posto di osservazione da lui prescelto per emettere il suo canto. Mentre alcune specie di uccelli cantano durante il volo ed altre prevalentemente appollaiate in cima a un punto di osservazione, esistono solo poche specie che preferiscono cantare celate al riparo di una copertura.

Fig.107


L’hobby del canto del fringuello

In una delle domeniche di giugno gli amanti dei fringuelli di una regione incontrano in un luogo prestabilito.
Portano le gabbie con i loro uccelli ben coperte da fazzoletti con ricami variopinti e le sistemano una accanto all’altra a distanze regolari. Poi ad ogni ”fringuellatore” è assegnata la gabbia del fringuello di un altro di cui deve segnare i punti.
Nella “Classe del combattimento”; la prima competizione, si segna per una mezz’ora su una lista tratteggiata ogni strofa completa cantata dal fringuello dopo il segnale d’inizio prestabilito. Vincitore risulta l’animale che ha prodotto nel tempo stabilito il maggior numero di strofe. In condizioni ottimali le strofe possono arrivare fino a 400.
Solo gli uccelli molto robusti e dal canto potente prendono parte alla competizione della “Classe forte”.
In questa categoria le gabbie vengono progressivamente avvicinate in modo che gli uccelli sono costretti ad ascoltarsi reciprocamente ad un volume sempre più forte, In queste condizioni gli uccelli più giovani o più inesperti si azzittiscono. Vincitore è il fringuello che nei cinque minuti previsti canta il maggior numero di strofe.
La “Gara di bellezza” rappresenta un concorso a sè stante. Viene eletto vincitore il fringuello che canta la strofa più lunga, più armonica e meglio articolata. Tre giudici di gara assegnano i loro punti per ognuna di queste tre qualità della strofa. Vincitore è il fringuello che ottiene il maggior numero di punti. Il premio però, anche qui come negli altri casi, va invece al proprietario!
Per i diversi tipi di strofe gli amanti dei fringuelli hanno trovato delle definizioni linguistiche veramente singolari.
Si riferiscono soprattutto al ghirigoro finale, che si riproduce con una combinazione di sillabe. Esistono strofe che si chiamano “Zerrweide” (salice scompigliato), altre si definiscono “Lisgroben” (fossa di Lis), “Schàtzen-Weidau” (tesoretto di Weidau), “Reiterspazier” (passeggiata del cavaliere), “Reitzier” (decorazione cavalleresca), “Tiefer Groben” (fossa profonda) o “Harz Groben” (fossa dell’Harz), “Putzebart” (barbetta) e altre ancora. Le definirioni tradizionali cambiano da luogo a luogo. I canti che non rientrano nella tradizione e che non sono eseguiti in maniera corretta, vengono sprezzatamente bollati come “Latscher” (sciatterie).
Per ottenere dei successi gli allevatori dei fringuelli hanno bisogno di una vasta conoscenza della biologia dei loro animali. Devono allevarli in voliere, crescere i piccoli col mangime adeguato e mettergli accanto al momento giusto un modello canoro, impedendo al giovane maschio di ascoltare canti di altre specie di uccelli.

Il repertorio delle strofe del fringuello

Finora ci siamo mossi dal presupposto che ogni fringuello emetta solo un tipo di strofa, ma se ascoltiamo per un certo lasso di tempo un maschio di fringuello che vive in libertà, dovremo ricrederci presto.
L’ animale canta per un certo periodo il tipo di strofa A, poi passa improvvisamente a B e infine aggiunge il tipo C.
E può di nuovo cambiare, aggiungendo un quarto tipo o ritornando al secondo o al primo tipo (Fig. 108-a,c).

Fig. 108


Esiste un tipo di strofa che esso canta più frequentemente, ma non esiste un successione predeterminata.
Sono stati riscontrati fino a 6 tipi di strofe in un singolo maschio. I “monotoni”, cioè quelli che cantano solo un tipo di strofa, in proporzione sono piuttosto rari. Di solito questa circostanza ci rende più gravoso distinguere i singoli individui, tanto più che due uccelli spesso possiedono lo stesso tipo di strofa nel loro repertorio.
Di conseguenza, in questo caso è difficile stabilire dei dialetti (Slater et al., 1984), come invece possiamo fare per gli altri uccelli canori.
Quanto più variegato è il canto degli uccelli di una regione, tanto più difficile diventa determinare delle differenze rispetto agli altri.
I singoli tipi di strofe sono molto diffusi nell’area di distribuzione del fringuello. L’ ornitologo di Bielefeld K. Conrads (1966) ha però scoperto negli Eggegebirge, una prosecuzione sudorientale della selva di Teutoburgo, un tipo di strofa locale con un inizio molto particolare, che ha definito come “dialetto di Egge”.
Un tale repertorio di tipi di strofe, in linea di massima equivalente, è stato riscontrato in numerose specie di uccelli.
Gli zigoli gialli (Emberiza citronella) di solito cantano alternandone da 2 a 3, la cinciallegra maggiore, gli scriccioli e i fringuelli fino a 6, mentre le cinciarelle arrivano addirittura fino ad 11. Specie come gli usignoli e i merli ne possiedono un numero ancora maggiore.
Ci interroghiamo sul senso di questa varietà. L’americano Hartshorne (1973) era dell’opinione che per gli uccelli canori l’eterno ripetersi della stessa strofa risultasse troppo monotono e che quindi dovessero alternarle. Solo gli uccelli, che cantavano le loro strofe ad intervalli lunghi, potevano tollerare di emettere sempre lo stesso motivo. A questa ipotesi l’inglese J. Krehs (1977) ne ha contrapposto un’ altra, che ha battezzata “ipotesi-Beau Gest”, dal titolo del famoso romanzo. In questo romanzo i difensori di una fortezza fingono di possedere un’ imponente guarnigione, appostando alle feritoie in maniera ben visibile anche i compagni morti, armati di fucile. Parallelamente, gli uccelli che possiedono svariati tipi di strofe possono simulare, a beneficio degli eventuali invasori, un numero di occupanti del territorio maggiore di quello che esiste in realtà. In psicologia questa ipotesi dovrebbe esser definita come cognitiva, poichè lavora con ipotesi, ma non con meccanismi. L’uccello invasore dovrebbe “ipotizzare”un numero di occupanti del distretto maggiore di quello effettivo.
Oggi conosciamo dall’etologia un meccanismo che ci offre una spiegazione del fenomeno. Lo definiamo come adattamento o abitudine.
Chi riceve un segnale, che si ripete spesso senza conseguenze e nella stessa forma, incomincerà ben presto a non reagirvi. Questo vale addirittura per i richiami di allarme del fringuello. Quanto più variabile è il segnale, tanto minore sarà l’abitudine. Ad ogni variazione del segnale l’attenzione dell’ascoltatore si rimette di nuovo in moto.
Nel frattempo Searcy & Marler (1981) hanno riscontrato in diverse specie di uccelli, che durante gli esperimenti la femmina reagisce maggiormente ad un intero repertorio di canti maschili, piuttosto che ad una singola strofa continuamente ripetuta.
Al tempo stesso, l’adattamento costituisce il fondamento per il riconoscimento individuale fra vicini del territorio.
Un occupante di un distretto reagisce in forma limitata al canto di un vicino che ascolta di continuo. Se invece compare un altro individuo con un nuovo motivo canoro, esso mostra a pieno il suo comportamento di difesa del territorio.
Questo modo di trattare economicamente le proprie riserve, è sicuramente vantaggioso dal punto di vista dell’energia.
Però il riconoscimento individuale può funzionare, così come è stato riscontrato, per quelle specie che cantano un solo tipo di strofa. Non si può dimostrare per il fringuello col suo repertorio di strofe (Pickstock & Krebs, 1980).
Secondo questa ipotesi, la vastità del repertorio è una faccenda che riguarda solo emittente e ricevente della stessa specie. Però non siamo ancora in grado di spiegarci come mai tra le diverse specie esistano delle differenze così marcate nella dimensione dei repertori. Allo stesso modo, non è chiaro neanche perchè tutti i maschi della stessa specie non abbiano la stessa varietà di repertorio. Forse perchè un vasto repertorio causa delle “spese” così elevate che non tutti i maschi possono permettersi? Un vasto repertorio annuncia forse delle prestazioni particolari? Nel caso dei verzellini delle Canarie (Serinus canaria), i maschi più anziani ed esperti possiedono di solito un repertorio più vasto, che ampliano di anno in anno, anche se poi col tempo dimenticano qualche elemento (Gùttinger, 1980).
Di fatto in alcune specie di uccelli le femmine sembrano usare la vastità del repertorio come criterio per la scelta del partner. Quando in primavera i forapaglie (Acrocephalus schoenusbaenus) fanno ritorno nelle zone di riproduzione, i maschi competono per le femmine, che scelgono il loro futuro partner tra i “canterini”, senza preoccuparsi troppo delle caratteristiche del territorio. Secondo i risultati ottenuti da Catchpole (1980), i maschi con il repertorio più ricco sono i primi ad essere scelti e quindi i primi ad accoppiarsi. Probabilmente è proprio il canto ad offrirgli le maggiori possibilità di riproduzione. Quando la concorrenza per la femmina è ancora più elevata — nelle specie poligame — la selezione sessuale, che spinge le femmine dovrebbe esercitare un influsso ancora maggiore.
Catchpole lo ha dimostrato possibile nel confronto tra diverse specie di usignoli.

Il canto attrae la femmina

Mentre sulla base del suo comportamento difensivo siamo in grado di valutare bene l’effetto che il canto esercita sui maschi, sappiamo molto meno dell’effetto che esercita sulle femmine. Su questo tema Erikson & Wallin (1986) hanno condotto un esperimento in campo aperto — questa volta però su balie nere (Ficedula hvpoleuca) e balie dal collare (Ficedula alhicollis). In primavera hanno sistemato dei maschi imbalsamati vicino a dei nidi vuoti. Quando una femmina volava in uno di questi nidi, veniva catturata lì dentro per un po’ di tempo. In una parte dei nidi veniva azionato un canto registrato, mentre negli altri no. Delle 10 femmine, che si erano fatte catturare, 9 avevano scelto un nido col canto registrato, una invece no. Nel caso dei pigliamosche dunque, il canto svolge essenzialmente la funzione di attrarre le femmine al nido. Questo è dimostrato anche dal fatto che il canto cessa non appena il maschio trova una partner. Invece nel fringuello e in molte altre specie di uccelli, la funzione territoriale si trova sicuramente più in primo piano.

L’interruzione delle strofe

I fringuelli spesso cantano le loro strofe in modo incompleto, vale a dire che le interrompono prima della fine.
Può essere che essi tralascino solo l’elemento finale “kit” (chit), ma possono interrompersi anche nel mezzo del ghirigoro o sopprimerlo interamente. L’interruzione può avvenire anche prima, nel mezzo di una frase o tra le frasi (Fig. 108-b).
Non esiste un punto preferito. Però quasi in tutti i casi, gli elementi che precedono l’interruzione sono formulati completamente, vale a dire che l’interruzione avviene sempre tra gli elementi. Le più brevi strofe interrotte sono costituite solo da un elemento, il primo elemento della prima frase.
E interessante notare che ad una frase interrotta fa seguito una pausa abbreviata. Ad una strofa estrema, che è quella costituita da un solo elemento, segue direttamente dopo un minuscolo rinvio la strofa successiva. Ne consegue che l’offerta di elementi che il cantante produce nell’unità di tempo rimane pressochè costante, indipendentemente dalla lunghezza delle strofe cantate in quel momento.
J. Heymann (1983) ha dimostrato che nei fringuelli l’interruzione della strofa può essere causata anche da impulsi non specifici.
Se un osservatore umano si avvicina ad un maschio che sta cantando, l’uccello inizierà ad accorciare progressivamente le sue strofe. Se l’osservatore si trattiene per un certo periodo e il fringuello si abitua alla sua presenza, le strofe diventeranno mano a mano sempre più complete. Lo stesso accade se nel bel mezzo di un territorio si fa ascoltare al suo occupante una strofa di fringuello registrata. In linea di massima l’occupante canterà solo un’ altra strofa completa, a cui faranno seguito altre interrotte, che attraverso vari stadi diventeranno via via sempre più complete (Fig. 109).
Se un fringuello che sta cantando incontra un suo vicino nei pressi del confine del suo territorio, le frasi si abbrevieranno progressivamente prima di giungere all’interruzione completa del canto, che precede la lotta per il confine. Poi l’occupante ricomincerà a cantare, dapprima con strofe interrotte che diventeranno via via più complete. Nel caso del canto pieno del fringuello, ci troviamo di fronte ad un sistema di reazione molto sensibile agli impulsi di disturbo, sia che provengano da individui della stessa specie che da altre specie.
Come reagiscono i fringuelli alle strofe incomplete?
Durante un esperimento di laboratorio, abbiamo scoperto che sia la reazione canora che gli altri parametri di reazione, sembrano essere addirittura più forti nei confronti delle strofe incomplete che di quelle complete. Le strofe costituite solo da una frase scatenano la massima reazione (Kutscher, fonte medita). Questo risultato non ha potuto trovare conferma per quel che riguarda gli animali liberi (Stein, 1985).
Il ghirigoro, la cui forma si differenzia completamente dalla parte della frase, sembra attenuare l’effetto di demarcazione territoriale delle strofe.

Fig 109


Variazioni stagionali del canto

Quando i maschi di fringuello iniziano a cantare all’inizio della primavera, il loro canto contiene relativamente molte strofe interrotte (Fig. 110). Poi la percentuale di queste strofe interrotte inizia lentamente a diminuire e a giugno raggiunge la sua quota minima, per poi ricominciare ad aumentare a luglio, verso l’inizio della muta, fino a raggiungere una percentuale del 40%.
È strano notare che in aprile compare di nuovo un periodo di alta percentuale di interruzioni, che però non è contemporaneo in tutti i cantori. Abbiamo osservato che questo temporaneo aumento coincide con il comportamento riproduttivo delle singole coppie. Questo periodo sembra creare particolari condizioni interne ed esteme che disturbano la produzione del canto completo.
In linea di massima, alla base dell’andamento stagionale dell’interruzione delle strofe si trova una componente ormonale. Del resto come potrebbe un comportamento così complesso come il canto, essere del tutto indipendente dalle oscillazioni interne? Però non esistono ancora esperimenti ormonali che confermino questo tentativo di interpretazione.
Forse un giorno ci sarà possibile dedurre dalle frequenze delle interruzioni del canto le condizioni interne di uccelli, isolati da qualsiasi disturbo.
La strofa del fringuello invece rimane costante per tutto il periodo riproduttivo.
Con un’ analisi molto precisa si può stabilire che le strofe nel corso della stagione si allungano in misura limitata (Fig. 111). Ciò si basa sul fatto che nelle frasi, soprattutto nella prima, vengono inseriti da 1 a 3 elementi. Abbiamo anche osservato, nel corso della stagione, che i maschi di fringuello variano il loro repertorio di strofe aggiungendone o perdendone alcuni tipi. Noi sospettiamo che questo avvenga soprattutto negli animali minori di un anno, mentre i cantori più esperti mantengono il loro repertorio costante entro certi limiti, anche da un punto di vista quantitativo.

Fig. 110


Fig. 111


L’apprendimento del canto

Quale fondatore dell’ornitologia dell’era moderna, von Pernau (1702) sapeva già con molta precisione, che i fringuelli in gioventù “si insegnano l’un l’altro i canti“. Strano ma anche molto da apprezzare in questo uccello è che “se uno lo prende da giovane e in inverno da febbraio fino ad aprile lo appende vicino ad un usignolo esso oltre al suo canto innato che non dimentica per nulla dallo stesso apprende diversi canti”. Von Pernau conosceva anche i limiti dell’apprendimento: “Poi, ciò che non apprendono il primo anno dopo non lo impareranno mai più quando hanno già udito altri 30 uccelli cantare”.
Gli appassionati o gli allevatori di fringuelli sanno meglio di chiunque altro che il canto di questi uccelli non è innato.
Un giovane maschio può educare il suo canto, solo se ha l’opportunità di udire un cantore adulto della propria specie, e cioè appropriandosi esattamente del tipo di strofe del suo modello. Dalle indagini di von Thorpe (1958) sappiamo che i giovani fringuelli hanno due fasi sensibili di apprendimento: la prima nell’estate del loro primo anno di vita, la seconda nella primavera successiva. Probabilmente basta già la prima fase per riempire la memoria nel cervello di questo volatile.
Poi nella primavera successiva il suo canto si educherà in maniera pienamente valida. Di solito però anche nella primavera del suo secondo anno di vita, mentre già canta, può aggiungere altri tipi di strofe al suo repertorio. Può accadere però anche il contrario e cioè che l’animale “dimentichi” dei tipi di strofe.
Ma cosa accade quando un fringuello cresce senza alcun modello? Nel caso estremo rimane un Kaspar-Hauser (L’autore fa riferimento a un trovatello realmente esistito che cresciuto lontano da ogni contatto umano una volta ricondotto in società non era in grado di comunicare con gli altri). Gli esperimenti dimostrano che i fringuelli allevati artificialmente e tenuti lontani da altri fringuelli sviluppano un canto che appare molto semplificato rispetto a quello tipico della specie.
Il canto presenta quasi la lunghezza delle strofe naturali ed è all’incirca simile anche nel numero degli elementi, quello che però gli manca è la differenziazione degli elementi, l’articolazione della frase e del ghirigoro (Fig. 112). Ciò nonostante non è un canto “innato”, perchè il fringuello ha già investito molto in improvvisazione ed esercizio.

I cantori misti

Allo stato selvatico si può trovare occasionalmente un fringuello che canta una strofa tipica della specie, che però è costituita da elementi presi a prestito da altre specie di uccelli. Definiamo tali individui come cantori misti.
Anche questo caso dimostra come un’ intelaiatura di strofe innate, sulla base di una data predisposizione all’apprendimento, può essere riempita con elementi estranei (Fig. 113). E interessante notare che gli elementi o le frasi vengono presi a prestito solo da quelle specie di uccelli che, come i fringuelli, compongono il loro canto di frasi.
Il canto misto è una conseguenza dell’apprendimento imitativo.

Subsong

In un soleggiato mattino di febbraio un maschio di fringuello siede sotto i raggi già tiepidi del sole di mezzogiorno, gonfia il suo piumaggio e canta sommessamente tra sè e sè. Questa è la prima forma di canto, che emette nel corso dell’anno.
Il canto è continuo, vale a dire che non è articolato in strofe, e presenta una struttura variegata. Ad un’osservazione più attenta, possiamo percepire che nel canto sono inseriti elementi e motivi tipici di altre specie di uccelli (Thorpe, 1955). L’uccello imita o “canzona”. Di quanto in quanto un violento strepitio interrompe questo canto pettegolo (Fig. 114-i). Definiamo questo canto sommesso, continuo e ricco di variazioni con la parola inglese “subsong”. Lo ritroviamo anche alla fine della stagione e nei periodi in cui è inibito il canto pieno delle strofe, per esempio quando il maschio corteggia la femmina prima dell’accoppiamento,

Fig. 112


I richiami del fringuello

I canti costituiscono per lo più un complesso assemblaggio di espressioni sonore, che hanno diverse funzioni, tra cui quelle di delimitazione del territorio, attrazione della femmina e sincronizzazione dei partners della coppia. Di norma si presentano spontaneamente, cioè senza la comparsa di una situazione scatenante specifica. I richiami invece sono costituiti per lo più da uno, o da pochi elementi, e sono provocati da certe situazioni più o meno specifiche.
Nella maggioranza dei casi non sono collegati al periodo riproduttivo (v. Thielke, 1970).
Il richiamo più tipico del fringuello, che caratterizza sia i maschi che le femmine, è quello che gli dà anche il nome un acuto e penetrante “pink” (Fig. 114-a). Compare in situazioni di disturbo, per esempio quando un uomo o un altro nemico si avvicina al nido del volatile. Ad un “pink- pink” bisillabo corrisponde un’ inquietudine moderata. Se il richiamo viene ripetuto 3 volte, significa che l’inquietudine sta aumentando. Al massimo grado dell’inquietudine si presenta un “pink” ripetuto 4 o 5 volte o addirittura continuato. Il “pink” isolato, emesso quasi in modo sommesso, non è più così specifico.
In inverno lo si ode sovente provenire dagli stormi di fringuelli nel bosco e viene definito richiamo sociale.
Spesso la cinciallegra maggiore (Parus niajor) imita questo richiamo del fringuello in modo così fedele da creare confusione, ma la maggior parte delle volte si tradisce, poichè prima emette uno “zi” alto ed acuto.
Spesso, mentre il fringuello si alza in volo o percorre lunghe distanze, si può sentire un debole “djùb” (diueb) isolato
(Fig. 113-b), che noi per la specificità della situazione definiamo richiamo di volo.
Un richiamo strettamente specifico risuona quando nel cielo compare un uccello rapace, per esempio uno sparviero (Accipiter nisus). Allora, sia i maschi che le femmine, emettono un richiamo sottile, molto acuto e prolungato, che graficamente si può trascrivere come “zieh” (ziii) o “siiht’ (siiit) (Fig. 114-e).

Fig. 113


Gli altri fringuelli, e addirittura gli uccelli di altre specie, reagiscono cercando riparo o immobilizzandosi. Anche negli altri uccelli canori, per esempio il merlo, la nizzola marina, lo zigolo giallo, la cinciallegra maggiore e la cinciarella, si presentano richiami del tutto simili, che avvertono della presenza di un nemico in volo.
Per le loro caratteristiche acustiche questi richiami sono difficilmente localizzabili dall’uomo, a causa della bassa banda di frequenza e del loro impercettibile accendersi e spegnersi.
Per lungo tempo si è pensato che per i rapaci valesse lo stesso discorso fatto per l’uomo: essi non capivano da dove provenisse il richiamo e perciò non vi reagivano. In seguito Klump & Shalter (1984) hanno dimostrato che gli sparvieri e anche le civette possono localizzare benissimo i richiami, ma nonostante questo non reagiscono. La spiegazione risiede nella soglia uditiva (Klump et al., 1986): mentre la cinciallegra maggiore ad una frequenza di 8 kHz sente ancora bene, per lo sparviero la soglia uditiva è gia molto alta. Un richiamo di allarme della cinciallegra maggiore o del fringuello che segnala la comparsa di un nemico in volo, può essere percepito dai loro simili fino ad una distanza di 40 m, lo sparviero invece può sentirlo solo fino a 10 m di distanza. In questo modo l’uccello che dà l’allarme per primo può avvertire i suoi simili della comparsa del predatore, senza attirarne gli attacchi su di sè.

Fig. 114


Prima dell’accoppiamento la femmina di fringuello emette un “sit” acuto e sottile (Fig. 114-d). Più forte si percepisce il breve richiamo acuto del maschio (“zink”), emesso in preda ad una forte inquietudine territoriale (Fig. 114-e).
Potrebbe derivare dal “pink”, tanto più che può anche essere ripetuto. In primavera a volte si può sentire un “tschr” (dscir), spesso ripetuto, emesso dai maschi di fringuello pronti per l’accoppiamento. I piccoli che stanno imparando a volare producono un richiamo del tutto simile dopo aver abbandonato il nido, comunicando in questo modo la loro posizione agli adulti (Fig. i 14-f,g).

Suoni strumentali

Sia mentre afferrano al volo un insetto, che mentre si difendono da un pericolo immediato, si può sentire che i fringuelli producono dei rumori sbattendo il becco, ripetutamente nel caso di un attacco (Fig. 1 14-h).

Il “richiamo della pioggia”: un tema con variazioni geografiche

Quando abbandoniamo il bosco abbiamo ancora nell’orecchio il richiamo della pioggia dei fringuelli. “Wrtit. . .wrtit. . .wriit” (vrut. . .vrut. . .vrut), risuona circa così, ad intervalli di un secondo. L’uccello è appollaiato a mezza altezza su un faggio. Ad ogni richiamo spalanca il becco e arruffa le piume del capo. Alza un po’ il capo, così che sembra star seduto più eretto. Questa è la sua posizione quando canta una strofa (Fig. 104). Queste espressioni sonore del fringuello sono state chiamate richiami della pioggia, forse proprio perchè l’animale le emette nel periodo in cui le altre specie di uccelli tacciono in presenza di un clima afoso o piovoso. Però il fringuello non assurge al ruolo di profeta meteorologico, perchè il suo richiamo non è limitato solo a queste condizioni atmosferiche. Entriamo in un altro appezzamento boschivo, da dove si può ancora scorgere quello che abbiamo appena lasciato. Come in tutti gli altri boschi, anche qui vivono i fringuelli. Però questi non fanno “wrtit” (vrut) (Rg. 115-a,b), ma emettono un “htiid” (uid) chiaro e acutissimo (Fig. l15-d). Solo il ritmo e la durata del richiamo sono pressochè uguali. Se le sottopopolazioni di una specie di uccelli si distinguono per i canti o i richiami, definiamo queste manifestazioni (come avviene per la lingua degli esseri umani) dialetto (v. oltre), nel nostro caso dialetto di richiamo. I richiami della pioggia dei fringuelli costituiscono già da molto tempo l’esempio più conosciuto di dialetto di richiamo degli uccelli (Sick, 1939).
Nelle vicinanze di Osnabrùck, una città della Bassa Sassonia, non esistono solo i due esempi di dialetti citati prima. E molto diffuso anche un debole e nasale “dschàd” (dsced) (Fig. 115-c). Pochi chilometri più a sud, nella Selva di Teutoburgo, si può ascoltare in una zona apparentemente molto ristretta un breve “dlùt” (dlut) (Fig. 115-e). Nella zona circostante esistono a livello locale anche dei richiami della pioggia a due sillabe. In Svizzera M. Schwarz (comunicazione scritta) ne ha riscontrate perfino delle forme trisillabe.
Grecia, Delfi: stupito, più di un visitatore ha già cercato con gli occhi l’uccello che nascosto nel fogliame degli alberi continua ad emettere un monotono “hiid”.
Anche questo è un dialetto del richiamo della pioggia del fringuello (Rg. 115-I) diffuso in tutta la Grecia e a Cipro, ma stranamente anche a Bornholm, un’isola del Mar Baltico. A Creta invece si può ascoltare un “fili” (fiu) che lentamente si spegne (Fig. ll5-g). Mentre i dialetti dell’Europa sudorientale sembrano essere diffusi su territori relativamente estesi, nell’Europa centrale spicca regionalmente un mosaico di piccoli territori di diffusione. Per citare solo alcuni esempi, il “wriit’ (vrut), con varianti leggermente diverse, si presenta nella Bassa Sassonia meridionale nell’Assia settentrionale, ma anche nella Selva Ercinia, nei pressi di Kaiserlautern, nell’Eifel, nella Selva di Turingia presso Jena e nella Polonia orientale.

Fig. 115


Una base per la formazione dei dialetti del richiamo della pioggia è senza dubbio la tradizione. I fringuelli non possiedono questi canti in maniera innata, ma devono apprenderli da un modello. Il primo a dimostrarlo è stato Nottebohm (1972), che sul tema ha condotto esperimenti precisi. Un maschio di fringuello da me allevato non aveva a disposizione nessun modello della propria specie, ma sentiva sempre i richiami di distanza dei pappagallini ondulati. Così se ne è appropriato, variandone leggermente la forma e li ha usati come proprio richiamo della pioggia. Anche i diversi dialetti del richiamo della pioggia che abbiamo reperito in campo aperto, mostrano almeno in parte delle sorprendenti corrispondenze coi richiami di altre specie di uccelli. L’ “hiiid” (huiid) per esempio ricorda molto il richiamo di inquietudine del lui piccolo (Phylloscopus collybita). Conrads (1982) ha scoperto che l”hiid” del fringuello di Bornholm corrisponde, per l’altezza del tono e la durata ai richiami di allarme dell’usignolo maggiore (Luscinia luscinia), uccello molto diffuso su quell’isola. Il “dlut” (dlut) della selva di Teutoburgo ricorda il richiamo del crociere. L’impressione che si evince è stessa che già avevamo avuto per quel che riguarda il canto. I fringuelli non adottano particolari protezioni contro l’influenza di modelli di altre specie. Quesi modelli devono solo riflettere certe caratteristiche acustiche, ma il loro aspetto non viene preso per niente in considerazione. Se emettono dei richiami monosillabi e relativamente facili, costituiscono già dei possibili “fornitori” per il richiamo della pioggia del fringuello.
Però finora non siamo ancora riusciti a trovare un modello di un’ altra specie nè per il diffusissimo “wrùt” (vrut) nè per il “dschàd” (dsced) (Detert & Bergmann,
1984).
Sembra che i fringuelli siano in grado di combinare dialetti diversi. Nelle vicinanze di Osnabruck abbiamo trovato una zona in cui una gran parte degli uccelli usa i due dialetti “dschàd” (dsced) e “huid” (huiid) alternandoli. Abbiamo definito questi individui come richiamatori misti. I due dialetti possono perfino combinarsi in un unico richiamo, che inizia con un breve pezzo “hùi” (huii) e termina con un pezzo “dschad” (dsced). Il richiamo che ne risulta è uno strano “brid” (Fig. 115-h,i).
Un ulteriore sviluppo è sopraggiunto nella zona dei richiamatori misti, quando un uccello ha emesso contemporaneamente i due richiami. Se in questo modo si sovrappongono l”hùid” (huiid) e il “dschàd” (dsced), il richiamo che ne risulta sarà “dschàid” (dscheiid) (Fig. 116). In considerazione di una tale plasticità c’è da aspettarsi che nelle popolazioni avvenga un mutamento continuo dei dialetti. E possibile inoltre che anche le sottopopolazioni ritornino ai modelli originari o a quelli generali del loro distretto, dopo aver rielaborato un influsso estraneo alla specie.

Fig. 116


Il richiamo della pioggia: richiamo o canto?

Nonostante tutto, siamo ancora ben lontani dal poter comprendere a fondo il significato di questo sistema di dialetti e la funzione del richiamo della pioggia. Quest’ultimo ha molte cose in comune col canto: entrambi devono essere appresi, entrambi costituiscono dei dialetti e vengono emessi più spontaneamente che non in riferimento a situazioni precise; sono propri solo del maschio e sono perciò legati al periodo riproduttivo, vale a dire alla fase dell’anno in cui si attiva il canto. Anche il confronto con la specie affine del fringuello montano (Fringilla Montifringilla) orienta in questa direzione. In questa specie il canto pieno è costituito solo da singoli elementi lunghi e gracidanti, che ricordano il richiamo della pioggia dei fringuelli. Nel caso di questo richiamo ci troviamo di fronte ad una parte del repertorio sonoro di una specie che rende incerta la distinzione delle espressioni sonore in canti e richiami. Del resto accade spesso che gli esseri viventi non si orientino secondo lo schematismo delle nostre classificazioni.

Che cos’è un dialetto?

Secondo Wickler (1986), riferendosi agli animali si può parlare di dialetti solo se è dimostrabile che le diverse forme si trasmettono per tradizione, dunque attraverso l’apprendimento da un modello. Per il confronto con i dialetti del linguaggio umano, questa premessa è teoricamente importante, ma è poco pratica.
In primo luogo, alla base delle espressioni sonore tramandate, come il canto del fringuello e il richiamo della pioggia, c’è sempre una parte innata, cosicchè il concetto di dialetto definito in questo modo (nel senso stretto del termine) riguarda solo la sovrastruttura tramandata e non il fenomeno nel suo complesso. In secondo luogo, nei più svariati canti e richiami delle specie di uccelli presenti in natura, si trova un gran numero di varianti geografiche che riguardano territori grandi e piccoli; sono pochi i casi in cui si sa, da esperimenti precedenti, se sono innati o tramandati. Inoltre condurre tali esperimenti costituisce un’ impresa lunga
e complicata. Bisogna allevare artificialmente i piccoli appena nati, sottrarli ad ogni contatto esterno o sottoponendoli ad uno specifico programma di apprendimento. Per far ciò è necessario anche uno speciale permesso per motivi riguardanti la legge della protezione degli animali.
Abbiamo bisogno di un concetto che si possa usare subito alla scoperta del fenomeno, e non dopo anni o addirittura decenni, una volta condotto il necessario esperimento. Perciò in questa sede useremo il concetto di dialetto riferendoci a tutti i fenomeni di variazione spaziale delle espressioni sonore. Non appena entrati in possesso dell’informazione necessaria, potremo distinguere i dialetti tramandati da quelli non tramandati (ereditari), a seconda del risultato dell’esperimento.
I cantori e i richiamatori misti non si considerano portatori di dialetto se non compaiono almeno in due esemplari. Il dialetto richiede almeno due individui che naturalmente dovrebbero anche essere contemporanei. Il comportamento contenuto nel discorso deve servire alla comunicazione. Secondo Wickler (1986), per definire un dialetto non sono necessarie delle chiare divisioni o delle distanze minime tra i territori del dialetto, le funzioni dei dialetti, i periodi della loro esistenza e le differenze genetiche tra i suoi portatori. Uno stesso individuo, come abbiamo già visto nel caso del richiamo della pioggia del fringuello, può possedere diversi dialetti.
Ma che cosa significano i dialetti nelle espressioni sonore degli uccelli e in ultima analisi anche dell’uomo? Probabilmente non svolgono nessuna funzione biologica, ma dominano gli organismi come unità di informazioni, paragonabili ai geni. Dovrebbero allora definirsi meme nel senso espresso da Dawkins (1983) vale a dire che non aspirano a nient’altro che a riprodursi, liberi e possibilmente numerosi, a spese dei concorrenti. Possono essere utili ai loro portatori, ma in altri casi possono costituire anche degli scomodi parassiti (v. Wickler, 1986).Questo vale per i dialetti tramandati. Nel caso di quelli innati potrebbe trattarsi di varianti, sorte casualmente a causa di mutazioni e in seguito rimaste, ma potrebbero anche essere state selezionate nel senso di un adattamento. Per quel che riguarda i dialetti del richiamo della pioggia con una piccola zona di diffusione, molti fattori stanno ad indicare che essi rappresentano una conseguenza casuale e priva di funzione dell’apprendimento per tradizione.
 
Re: Tecniche d'allevamento del Fringuello e della Peppola

Volevo favi un paio di domande.
Potrei mettere una coppia di peppole (nuova) in una voliera di circa 2(larg)x3(lung)x2(alt) fuori, all'aperto ed avere delle possibilità che allevino qualche piccolo??
Come dovrei impostare la voliera?? Quando metterli?? e che cibo dare a loro??

La stessa cosa può valere anche per una coppia di fringuelli, magari messi nella stessa voliera??
 
Re: Tecniche d'allevamento del Fringuello e della Peppola

Mi sembra che mette due femmine e un maschio in una voliera da 10 metri, poi toglie i novelli per allevarli allo stecco in quelle gabbie insieme al maschio...
 
Re: Tecniche d'allevamento del Fringuello e della Peppola

botahv79 ha scritto:
ZICCHIO71 ha scritto:
botahv79 ha scritto:
allora la prima covata gia' mangia da sola da tempo, credevo ci fosse un maschietto solo invece son 2.La seconda coppia ne ha avuti anche lei 3, mentre la prima sta covando di nuovo.Molto bene.

E le foto..???
sta buono che arrivano.... [lol.gif]
ma Bothav hai il patentino di allevatore?
 
Re: Tecniche d'allevamento del Fringuello e della Peppola

che la stagione sia un filo piu' indietro quest'anno ti do ragione, ma i pettirossi dovrebbero gia' esserci.Per risponderti su quest'ultimi dovrei sapere piu' o meno le densita nella tua zona, visto che da me non nidificano.Per i fringuelli e' alquanto strano, nel senso che son abbondanti e in piu' son abbastanza fedeli ai territori di nidificazione.Le spiegazioni possono essere 2.O i fringuelli degli anni precedenti son stati predati nel nido(vedi gazze o cornacchie, un'autentico flagello per i fring) cosa che non gli ha permesso di nidificare e ha fatto spostare i genitori, o il maschio non si faceva proprio sentire.Ho avuto una coppia per 2 anni in giardino che nidificava e credimi non ho mai sentito il maschio aprir becco.Se non li vedevo per sbaglio mai mi sarei accorto che nidificavano sotto casa.
 
Re: Tecniche d'allevamento del Fringuello e della Peppola

Ma non è la semplice muta? Stasera foractil a manetta!

gli acari colpiscono principalmente le vie respiratorie e le parti attorno agli occhi.Pure ad occhio nudo in questa zona si vedono molto spesso.L'animale grattandosi si strappa le piume attorno agli occhi, una semplice muta le farebbe perdere ovunque non solo in quella zona.
 
Armeria online - MYGRASHOP
Sponsor 2024
Indietro
Alto