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Fagiano alla Napoleone
(di Luciano Scarselli)
Credo, nella mia vita di cacciatore, di aver esercitato o sperimentato quasi tutte le forme di caccia: caccia alla posta nelle olivete di Castagneto Carducci e Suvereto ai fringuelli ed ai tordi; alle allodole, con la civetta alla pisana, da Lumiere fino in Campania; allo "spollo" ed al "rientro" nei posti più svariati; col capanno e volantini ai colombacci, per diversi anni, al Corbolone a Livorno; ho spadulato per anni nei "segati" del padule di Massarosa, sparando a beccaccini ed a ciò che di consentito si alzava; ho cacciato i "rallidi" dal barchino; ho sofferto il freddo nelle botti dei "chiari" e la sete nelle preaperture agostane; ho fatto la posta alla beccaccia e l'ho cacciata col cane; da giovanissimo ho teso tagliole, lacci e panie; ho sperimentato la magia del capanno e dei richiami che iniziano il canto nelle albe brumose; da ultimo mi sono pure attrezzato per cacciare gli storni, ormai comuni nelle nostre campagne ed unica alternativa per qualche tiro al volo, ma non ho mai abbandonato la mia vera passione: andare a caccia col cane.
Andare per la campagna con un buon cane ed un amico fidato, ti ripaga ancora dei sacrifici che derivano dai vincoli posti all'esercizio venatorio e ai mutamenti ambientali che hanno portato alla rarefazione di selvaggina degna di questo nome.
C'è chi corre o fa jogging, gioca a tennis o a calcetto, io trovo nell'esercizio della caccia col cane lo stimolo a camminare in ambienti ancora "selvatici" osservando il meraviglioso spettacolo della natura, sempre diverso e nuovo, con un occhio rivolto alla coda del mio ausiliare, che mi avverte dell'usta del selvatico o di un merlo che parte chioccolando da un rovaio.
Certamente, nel passato, lo spirito venatorio era diverso; ora bisogna fare attenzione a linee di confine immaginarie, a non sparare allo storno se cacci col cane, segnare crocette per cacciare e per incarnierare la preda, né ti è più possibile, se la giornata è stata poco fruttuosa, scaricare due colpi all'aria per mettere insieme un arrostino.
Noi cacciatori, seppur demonizzati da una certa stampa, ci siamo rispettosamente adattati alle varie pastoie, introdotte di anno in anno, ad ogni nuova apertura, dimostrando di comprendere ed accettare i profondi cambiamenti della società e dell'ambiente.
A volte viene da pensare che in alcune proposte sia celato uno spirito persecutorio finalizzato a stancare il nostro impulso sportivo ed a fiaccarci per provocare l'estinzione della nostra specie.
Ho voluto ricordare un tempo spensierato ed esperienze non ripetibili per infondere, in coloro che si avvicinano al nostro sport, uno dei più sani ed umani, lo stimolo a contrastare chi vuole imporre ulteriori lacci alla nostra attività, ricercando ed unendo le forze coscienti e capaci di individuare forme intelligenti di regolamentazione dell'esercizio venatorio, opponendosi a scelte che appaiono spesso più legate alla diaspora politica che a valutazioni ambientali o naturalistiche, nella speranza di poter praticare di nuovo la caccia in forme meno vincolate, come per altro avviene in altri paesi europei.
Per concludere, voglio riportare la ricetta di un piatto che ho avuto modo di sottoporre al giudizio critico di amici gourmet di chiara fama, ricevendone apprezzamenti.


"Fagiano alla Napoleone"
Ingredienti: un bel fagiano giustamente frollato, sale, pepe macinato, pepe in grani, pepe rosa, qualche foglia di salvia, uno due spicchi di aglio, un ciuffo di prezzemolo, una costa di sedano, una carota piccola, mezza cipolla, qualche bacca di ginepro, un po' di cannella, due/tre foglie d'alloro, quattro fette di pancetta di maiale, buccia di arancio (poca), tre/quattro chiodi di garofano, un po' di spezie, poco rosmarino, cognac "Napoleon" o altra marca.

Preparazione: pelare e fiammeggiare il fagiano, aprirlo, togliere le interiora e conservare il fegato ed il cosiddetto "maone" o "cipolla".
Bagnare fuori e all'interno con il cognac (il cognac può non essere gettato), salare e pepare l'interno, riempire il ventre con gli odori a pezzi grossolani e gli aromi, introdurre pure il fegato ed il "maone" e ricucire. Avvolgere il fagiano nelle fette di pancetta, praticando alcune legature per fermare il tutto.

Cottura: porre il fagiano, preparato come sopra, in un tegame profondo e farlo rosolare in olio extra vergine di oliva. Rivoltare più volte per ottenere una rosolatura omogenea badando di non far "attaccare" ed aggiungendo di tanto in tanto del cognac (anche quello usato per bagnare il fagiano).
Terminata la cottura (provare con una forchetta), si apre il fagiano e si fa a pezzi non troppo grossi, si tolgono gli odori, si getta quasi tutta la buccia di arancio e si fa un battuto, non troppo fine, con gli odori e le interiora.
Si rimette il fagiano a pezzi nel tegame col fondo di cottura (travasare in un nuovo recipiente, se fossero presenti residui carbonizzati), si aggiunge il battuto, si rimescola e si scalda prima di servire.

Accompagnare con un vino ben strutturato (Barbera, Rosso di Montalcino), ma possiamo spingerci finanche ad un Brunello o ad un Sassicaia.
 

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