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[h=2]CIOLE.jpgda taccuini storici.it

Ciole di cavallo[/h]
Testo di Sandro Romano. Studioso di gastronomia storica, regionale e del Mondo. Ambasciatore Prefetto per la Puglia dell’Accademia Italiana Gastronomia Storica. Presidente Commissione Regionale Puglia di E.N.D.A.S. Gusto&Tradizioni. Presidente e animatore della “Compagnia della Lunga Tavola”. Assaggiatore vini O.N.A.V.. Autore del libro “Assaggio di Puglia”. Realizzatore di eventi e rievocazioni storiche a tema gastronomico-culturale.


La signora Chiara, barese verace abitante nel borgo antico, mi ha spiegato la lunga preparazione che consiste, innanzitutto, nel farsi dare dal macellaio di fiducia la parte terminale dell’intestino, il colon retto appunto .
Una volta portato a casa, bisogna tagliarlo in senso longitudinale per aprirlo e, strofinandolo energicamente con tanto sale grosso, si riuscirà ad eliminare gran parte dei residui di paglia, feci e sangue.
A questo punto è necessario lavarlo ripetutamente sotto l’acqua corrente, alternando questo procedimento con nuove, energiche frizioni di sale.
Quando sembrerà pulito bisognerà ancora ammollarlo in una vasca (in dialetto “ù galettòne”) piena di acqua tiepida, avendo cura di sostituirla almeno una decina di volte.
Finalmente, dopo tutto questo lavoro, il prodotto, ormai igienizzato, verrà messo a lessare con limone e foglie d’alloro dentro una capace pentola, senza aggiunta di acqua, dato che ne caccerà di sua.
Al calore vivo si restringerà e, quando si sarà arricciato, bisognerà eliminare tutta l’acqua adagiandolo in uno scolapasta e tenendocelo per circa un quarto d’ora.
Con un buon coltello ritagliare dei rettangoli delle dimensioni di una carta da gioco, grigliarli bene su brace di legna, salarli abbondantemente, tagliarli i in piccoli pezzi e mangiarli ancora caldi, ”come le caramelle” dice Chiara.
Si possono cucinare anche con il sugo di pomodoro e, in questo caso, bisognerà inserire nei rettangoli ottenuti una nocciola di pecorino romano, prezzemolo, pancetta, sale, abbondanti aglio e pepe nero.
Mentre si preparerà un soffritto con olio extra vergine d’oliva e aglio, arrotolarli e chiuderli con filo da cucito, quindi adagiarli nella casseruola e farli rosolare bene.
Aggiungere la passata di pomodoro e far cuocere a fuoco lento dalle quattro alle cinque ore, per ottenere una salsa molto densa, da regolare di sale.
Completata la cottura, versarle, con il loro sugo, in piatti fondi, gustarle intingendo dell’ottimo pane casereccio e, se piace, aggiungere peperoncino tritato. Gradita a molti palati è l’aggiunta di “ricotta forte”.
 
Dialetto tarantino:
p furtune so ciole de cavadd.... e no so tregghie de ciucc.......
hahahahaha
Nel dialetto tarantino la ciola ha un'altro .... significato.
Oltre a significare "qualcosaltro" e' anche il termine dialettale per indicare la Taccola o corvi in genere.
Ciao a tutti.
P. S. : Mario, io preferisco costate e salsiccia di cavallo.
 
Dialetto tarantino:
p furtune so ciole de cavadd.... e no so tregghie de ciucc.......
hahahahaha
Nel dialetto tarantino la ciola ha un'altro .... significato.
Oltre a significare "qualcosaltro" e' anche il termine dialettale per indicare la Taccola o corvi in genere.
Ciao a tutti.
P. S. : Mario, io preferisco costate e salsiccia di cavallo.
Concordo con l'amico Raffaele, io ho sempre preferito la salsiccia, il fianchetto o le costate.....ma questo non vuol dire che la proposta dell'ottimo "Suzi" non sia da provare...
Saluti
 
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