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[h=2]Cipolle di San Carlo da Sezze[/h]

Testo a cura di Roberto Campagna. Sociologo e giornalista, ha pubblicato una quindicina di libri: saggi sul lavoro e sulle professioni, racconti di storie popolari, opere di narrativa per ragazzi e testi sul cibo. E’ responsabile della pagina di enogastronomia del quotidiano Il Territorio (LT) e direttore della rivista I Lepini.

Le cipolle fritte? Sono molto facili da cucinare: dopo averle sbucciate, lessarle in acqua salata per dieci minuti, scolarle, lasciarle raffreddare, tagliarle a metà, infarinarle e friggerle in abbondante olio. Siccome l’olio deve essere molto bollente, altrimenti non vengono belle croccanti, occorre che siano ben scolate per non rischiare di provocare un incendio, come successe a San Carlo da Sezze, quando le cucinò la prima volta nel convento di Morlupo, in provincia di Roma.

Sì, il frate francescano, fra i tanti umili lavori che svolse, si occupò anche della cucina. Non era proprio un bravo cuoco, come lui stesso racconta nell’autobiografia “Le grandezze delle misericordie di Dio”, ma questo piatto, oltre ad essere passato alla storia per le fiamme che si sprigionarono in quella piccola cucina, è conosciuto per la sua gustosità, come tutti i fritti. Un piatto che conquistò i confratelli (erano stati, comunque, loro a richiederlo), i quali, una volta finito l’incendio, dopo aver ringraziato il Signore per lo scampato pericolo, scherzarono con il frate di Sezze dicendogli: “Non bastano i piatti ed i vasi che hai rotto, ci vuoi, pure, bruciare vivi?”. E proprio per non rischiare di bruciare vivo, San Carlo, è lui stesso a narrarlo, pensò di saltar giù da una finestra, ma era troppo alta e vi rinunciò. Decise allora, invocando San Giuseppe glorioso, di attraversare le fiamme che avevano avvolto la stanza. Ci riuscì senza nemmeno bruciarsi e non appena uscì da quell’inferno, il fuoco, come d’incanto, si spense, senza aver fatto alcun danno. Solo il pavimento si imbrattò d’olio. Pure a San Carlo quel piatto piacque perché da piccolo aveva sempre mangiato cipolle, che a Sezze, in provincia di Latina, ancora oggi, anche se cotte in maniera diversa, sono una specialità. Le “sue” cipolle fritte sono un piatto povero, come, prevedeva, tra l’altro la regola francescana.
 
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