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[h=2]Frattaglie e coraggio[/h]









da taccuinistorici.it




La passione che gli Etruschi avevano per il fegato e le frattaglie (rigaglie se riferite a volatili o affini) è comune con molte società.
Un vecchio racconto Irlandese narra con dovizia di particolari l’amore di un re per “grasso, rognoni e tenera trippa”, rivelando che il tributo da offrire a una dama di corte consisteva in animelle e cuori di maiale.
Nella Parigi del ‘600 le interiora erano molto più apprezzate delle bistecche, e anche più costose. I francesi le chiamavano “parties nobles”, e ogni cacciatore aveva con se un set cerimoniale di coltelli per rimuoverle e metterle alla griglia con un piccolo rituale, per poi offrirle al potente di turno in onore del suo coraggio. E’ probabilmente per questa abitudine, se ancora oggi diciamo di un uomo intrepido che ha “fegato”.
Anche gli scozzesi venerano le frattaglie e un loro piatto nazionale, chiamato “haggis” fatto d’interiora di pecora avvolte nel suo stomaco, viene mangiato durante una fastosa cerimonia accompagnata da cornamuse. La festività turca “del Giorno del Sacrificio” (Kurban Bayrami) culmina con la distribuzione di un piatto stufato di trippa chiamato “iskembe carbosi”. Addirittura gli abitanti dell’isola di Tonga ritenevano che il fegato fosse il boccone più prelibato di un pranzo, perché era lì che risiedeva il coraggio di un’animale, e per questo lo offrivano al capo. Per motivi simili, i capi delle tribù masai si nutrono soltanto di latte, miele e fegato arrosto.

 
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