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Tanto per conoscenza, lo storno è un paradosso, una contraddizione che pone un' attenta riflessione su come in quasi 20 anni (1994)la classe "politica" tutta abbia perso ogni minimo barlume di dignità per risolvere una questione che non è un romanzo tipo "aspettando il governo" Riassumendo brevemente il primo passo ufficiale è del 2007 dell'allora ministro Paolo De Castro, avanzò l'istanza alla commissione Europea, reiterata dal ministro Luca Zaia nel 2008, con l'impegno forte chiesto dalla commissione agricoltura della camera 8 luglio 2008, votando una risoluzione all'unanimità presentata dal deputato Aldo Nola (PDL) Alla lettera del direttore generale del servizio conservazione natura Aldo Cosentino del 15 luglio seguiva la risposta da Bruxelles il 27 luglio 2009 del direttore Karl Falkenberg dicendo che la nostra caccia avrebbe inciso negativamente sulle popolazioni della Polonia e Germania, non solo ma andrebbero rivisto le specie cacciabili. Sappiamo che nel bacino del mediterraneo Spagna, Francia, Malta, Cipro, Grecia e Portogallo è cacciabile. Nel decennale aggiornamento del 2009 e stato concesso lo storno il 26 gennaio 2010 sulla gazzetta ufficiale Europea all'Ungheria, Romania, Bulgaria e Italia no, perchè semplicemente come spiega bene la CIA Emiliana l'8 febbraio 2010 semplicemente non è stato richiesto, "non potendosi negare all'Italia quello che è stato concesso a tutti gli altri paesi richiedenti" E' evidente che fino a qui sono stati seguiti due criteri di convenienza interessi economici e quelli elettorali che hanno allontanato la soluzione naturalmente logica, ora la questione mi risulta chiusa in un cassetto a Bruxelles.
Ps. dimenticavo ci sono state due interrogazioni parlamentari con richiesta scritta alla commissione Art. 117 del regolamento, una del 7 gennaio 2011, fatta da Paolo De Castro, Sergio Berlato, Mario Pirillo e Gianni Vattimo, l'altra il 22 febbraio 2013 di Matteo Salvini la risposta è la solita del 7 gennaio 2011 data da Janez Potocnik a nome della commissione:
La commissione ritiene che il problema dei danni arrecati dallo storno comune (sturnus vulgaris)alle produzioni agricole debba essere valutato sulla base di fondati dati scientifici e vada affrontato come una questione non tanto venatoria quanto di gestione dell'ambiente naturale.
E' opportuno ricordare che le popolazione europee di storno comune stanno diminuendo e che questa specie è classificata come SPEC 3 (specie con uno status sfavorevole di conservazione in Europa ma la cui popolazione complessiva o il cui areale a livello mondiale non sono concentrati in Europa).
Se in determinate zone e in determinati periodi dell'anno questa specie può provocare danni a talune produzioni agricole, le autorità degli Stati membri possono ricorrere a vari metodi per prevenire o ridurre al minimo tali danni.
Laddove questa specie non è cacciabile, come nel caso dell'Italia, in conformità dell'allegato II/2 della direttiva Uccelli 2009/147/CE, è necessario che, a prescindere dal metodo applicato per tenerla sotto controllo, siano comunque rispettate le disposizioni della suddetta direttiva.
Di conseguenza, dopo aver valutato l'intero problema sulla base di fondati dati scientifici, occorre privilegiare i metodi di controllo non letali, tra i quali, ad esempio, l'uso dei reti, repellenti, dissuasori ottici e sistemi acustici (deterrenti sonori con richiami di angoscia o versi dei predatori, cannoncini a gas).
Se dalla valutazione oggettiva dei possibili danni alle colture risulta che questi possano essere di notevole entità e se sono state rispettate tutte le altre condizioni previste nell'articolo 9 della direttiva Uccelli (in particolare l'assenza di altre soluzioni soddisfacenti), è possibile contemplare il ricorso a metodi di controllo letali per controllare lo storno comune. In tal caso l'abbattimento è da considerarsi un modo per rafforzare l'efficacia di altre tecniche non letali, che contribuisce a tenere lontani gli uccelli dalle colture sensibili nel periodo in cui esse sono vulnerabili. Sarebbe inoltre importante garantire un opportuno monitoraggio dei danni, delle popolazioni di uccelli interessate e dell'efficacia delle tecniche di controllo.
La Commissione reputa che la caccia generalizzata dello storno comune non sia una soluzione per i danni all'agricoltura riferiti dagli onorevoli parlamentari e pertanto non intende avviare una revisione degli allegati della direttiva Uccelli. Le autorità nazionali dispongono di molte soluzioni, come quelle summenzionate, conformi alla legislazione europea vigente.
Ps. dimenticavo ci sono state due interrogazioni parlamentari con richiesta scritta alla commissione Art. 117 del regolamento, una del 7 gennaio 2011, fatta da Paolo De Castro, Sergio Berlato, Mario Pirillo e Gianni Vattimo, l'altra il 22 febbraio 2013 di Matteo Salvini la risposta è la solita del 7 gennaio 2011 data da Janez Potocnik a nome della commissione:
La commissione ritiene che il problema dei danni arrecati dallo storno comune (sturnus vulgaris)alle produzioni agricole debba essere valutato sulla base di fondati dati scientifici e vada affrontato come una questione non tanto venatoria quanto di gestione dell'ambiente naturale.
E' opportuno ricordare che le popolazione europee di storno comune stanno diminuendo e che questa specie è classificata come SPEC 3 (specie con uno status sfavorevole di conservazione in Europa ma la cui popolazione complessiva o il cui areale a livello mondiale non sono concentrati in Europa).
Se in determinate zone e in determinati periodi dell'anno questa specie può provocare danni a talune produzioni agricole, le autorità degli Stati membri possono ricorrere a vari metodi per prevenire o ridurre al minimo tali danni.
Laddove questa specie non è cacciabile, come nel caso dell'Italia, in conformità dell'allegato II/2 della direttiva Uccelli 2009/147/CE, è necessario che, a prescindere dal metodo applicato per tenerla sotto controllo, siano comunque rispettate le disposizioni della suddetta direttiva.
Di conseguenza, dopo aver valutato l'intero problema sulla base di fondati dati scientifici, occorre privilegiare i metodi di controllo non letali, tra i quali, ad esempio, l'uso dei reti, repellenti, dissuasori ottici e sistemi acustici (deterrenti sonori con richiami di angoscia o versi dei predatori, cannoncini a gas).
Se dalla valutazione oggettiva dei possibili danni alle colture risulta che questi possano essere di notevole entità e se sono state rispettate tutte le altre condizioni previste nell'articolo 9 della direttiva Uccelli (in particolare l'assenza di altre soluzioni soddisfacenti), è possibile contemplare il ricorso a metodi di controllo letali per controllare lo storno comune. In tal caso l'abbattimento è da considerarsi un modo per rafforzare l'efficacia di altre tecniche non letali, che contribuisce a tenere lontani gli uccelli dalle colture sensibili nel periodo in cui esse sono vulnerabili. Sarebbe inoltre importante garantire un opportuno monitoraggio dei danni, delle popolazioni di uccelli interessate e dell'efficacia delle tecniche di controllo.
La Commissione reputa che la caccia generalizzata dello storno comune non sia una soluzione per i danni all'agricoltura riferiti dagli onorevoli parlamentari e pertanto non intende avviare una revisione degli allegati della direttiva Uccelli. Le autorità nazionali dispongono di molte soluzioni, come quelle summenzionate, conformi alla legislazione europea vigente.