L'ANUU lotta per NOI: Caccia Tradizione Natura (lo spirito del nostro Forum)

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ROCCOLI, DEROGHE E CACCE TRADIZIONALI: IL CORAGGIO DI DIFENDERE LE NOSTRE CONSUETUDINI!

Andrea Trenti


È un periodo storico molto particolare per la nostra amata caccia, i valori tipici del vivere rurale vengono continuamente calpestati da un’ideologia animalista, alimentata da una parte della società moderna, che vorrebbe imporre un nuovo modello di vita.
Questa situazione è molto pericolosa, pensando al futuro che attende la collettività: nel pieno di una crisi economica ormai profonda risulta illogico proporre la cessazione di attività, simbolo di tradizioni e di economia, tesori che assicurano centomila posti di lavoro tanto da essere oggi uno dei pochi settori con un indotto in positivo.
Il dispiacere più grande è notare il lassismo delle Istituzioni in questa degenerazione culturale: sia chiaro, ognuno ha il diritto di esprimere le proprie opinioni ma se questo avviene prendendo in considerazione uno strano livello emotivo (con l’arroganza di imporre il proprio credo tanto da voler cancellare alcune usanze tipiche) e senza nessun rispetto per le consuetudini del territorio rurale, considerato l’oggettivo valore economico, sociale e scientifico, allora qualcuno è decisamente fuori strada.
È vero che il mondo venatorio ha perso troppo tempo in sterili polemiche, è constatato quanto alcuni media tendano attualmente a negare il diritto di replica al cacciatore, è appurato quanto la disinformazione proveniente dalle grandi metropoli voglia prendersi gioco del vivere in provincia, ma un’altra cosa è certa: non esistono strade alternative se non quella di combattere e giocarci tutto, solo ed esclusivamente per la caccia e la nostra dignità di persone!
È arrivato il momento di avere il coraggio di osare per riconquistare la verità! Attraverso la comunicazione dobbiamo far conoscere la caccia nel suo complesso, dobbiamo riprenderci il contatto con la popolazione per far riflettere come, senza le tradizioni rurali, non possa esserci un futuro in campo economico, alimentare, sociale e ambientale; infine, risulta determinante un’azione tesa al lavoro diretto con i giovani, nelle scuole così come in altre iniziative, ricordandoci che la società è aperta a essere informata correttamente e lo spazio entro il quale agire è davvero molto…
In questo percorso difficile, ambizioso e fondamentale, nessun cacciatore o dirigente venatorio può permettersi di considerare la propria forma di caccia migliore di un’altra: solamente attraverso l’unità vera del mondo venatorio, sia numerica che culturale, possiamo tornare a essere rispettati anche sotto il profilo legislativo.
In un mondo costruito spesso sull’apparenza e sulle scelte di comodo, in una società schiava delle mode che preferisce umanizzare gli animali perché non è più in grado di parlare e condividere i valori con le persone, in questo preciso momento serve il coraggio di difendere quelle tradizioni venatorie che ancora rappresentano un bagaglio di valori da non disperdere e sui quali costruire il futuro delle giovani generazioni.
Ogni cacciatore che si rispetti ha il dovere di difendere la cultura di una popolazione, alcune attività secolari e radicate sul territorio non possono essere banalizzate o peggio ancora accantonate ma vanno valorizzate al pari di altre entità, difendendole a denti stretti e fronteggiando una burocrazia troppo spesso lontana dal volere della gente.
Questo macigno burocratico è esasperante, come ben dimostra il caso dei roccoli e delle cacce tradizionali: potrei tornare a scrivere numerose pagine di resoconti tecnici sulla corretta applicazione dell’art. 9 comma 1 lettera c) della direttiva 2009/147/CEE, potrei riscrivere un percorso giuridico fattibile da sottoporre ai vari livelli istituzionali, potrei ribadire l’inutilità di certi accordi presi da alcune istituzioni con i tecnici europei della Commissione Ambiente UE (non avendo quest’ultimi nessun potere legislativo), potrei elencare le numerose scuse dei vari politicanti per non applicare la caccia in deroga, potrei ribadire con forza l’utilità di modificare l’art. 19bis della legge 157/92 nell’indifferenza del mondo politico nazionale o dell’opportunità di avviare gli Osservatori Regionali per avere i dati tecnici necessari (considerata la colpevole inerzia dell’ISPRA)… Insomma, potrei scrivere un libro sulle deroghe ma oggi non è necessario reiterare ai cacciatori alcune questioni già note, bensì ricreare quello spirito combattivo necessario per difendere a testa alta quelle tradizioni che ancora accomunano intere generazioni.
Detto questo, è basilare sottoporre alle Regioni che ancora intendono regolamentare assennatamente queste attività – il prelievo in deroga e le catture di richiami vivi – alcune proposte operative, offrendoci inoltre, come sempre del resto, a supporto tecnico e giuridico di quegli Uffici regionali che lo vorranno. Il lavoro da fare è infatti ponderoso, sia dal punto di vista della corretta ed esaustiva elencazione dei riferimenti giuridici, anche rispetto alla massiccia giurisprudenza della Corte di Giustizia che si è accumulata nel tempo, sia per quanto concerne le basi tecniche e applicative ai sensi della legge nazionale e, soprattutto, delle prescrizioni della stessa Direttiva Uccelli. Al proposito, la nostra associazione vedrebbe con molto favore un coordinamento reciproco fra le Regioni italiane coinvolte in tutta o parte di questa duplice partita – la Lombardia, il Veneto, la Liguria, l’Emilia-Romagna, la Toscana, l’Umbria, le Marche per citare le principali – allo scopo di affrontare le problematiche con spirito unitario perché le motivazioni culturali e le necessità giuridiche alla base di questi provvedimenti sono le medesime da Brescia a Terni.
Stiamo quindi già lavorando per normalizzare situazioni che si trascinano da troppi anni: non è facile, come tutti sappiamo, però ci stimolano le sfide inedite, come ad esempio con i nuovi legislatori lombardi insediatisi proprio in questi giorni, cui avanzeremo una serie di precise richieste/proposte inerenti i richiami vivi di cattura e le deroghe. A tal fine, ad esempio, perché non pensare di organizzare incontri, nelle varie realtà territoriali, per mettere a contatto le Istituzioni con il mondo venatorio attraverso momenti di confronto con cacciatori, settore armiero e produttivo, artigiani, allevatori, settore alimentare, ecc.? Non potremmo così sottolineare in modo concreto quanto la caccia e le attività rurali siano una peculiarità territoriale da valorizzare come risorsa oggettiva e non certo da combattere?
Il mondo venatorio si presenta a questa sfida con tutte le carte in regola. È di primaria importanza ottimizzare con la comunicazione i pregi sociali, ambientali ed economici della caccia, lo è altrettanto investire nel campo della scienza per aiutare l’ars venandi a ribadire oggettivamente la fondatezza e la sostenibilità delle rivendicazioni.
Nei prossimi giorni, come accennavo, l’ANUUMigratoristi sarà chiamata a interloquire con i soggetti politici regionali e nazionali sul tema delle deroghe e delle catture. Formulare oggi delle promesse sul risultato finale non avrebbe senso, ma ancora una volta ogni dirigente darà il massimo per la costruzione di un provvedimento normativo per recuperare il rispetto delle cacce tradizionali e se qualche politico zelante getterà nel cestino il nostro lavoro, il giorno seguente saremo ancora in prima fila a rivendicare le nostre richieste, con la stessa tenacia di sempre!
I cacciatori hanno ormai varcato il limite della pazienza. Se le Istituzioni e addirittura qualche dirigente venatorio pensano che l’argomento delle deroghe e della cacce tradizionali siano materia scomoda condannata a prossima estinzione, si accorgeranno molto presto di come invece siamo motivati a lottare per mantenere vive queste usanze pienamente legittime sotto i profili culturali, economici e scientifici, un emblema della nostra terra di cui andiamo fieri.
Andrea Trenti
 
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