Motivazione del diniego di licenza di porto d'armi

Enzo

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1. Diniego della licenza di porto d’armi. Oggettivo abuso delle armi. Non necessario. Ampia discrezionalità della Pubblica Amministrazione. Limiti.
1.1. In tema di diniego della licenza di porto d’armi, non occorre che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto, sulla base di un giudizio probabilistico delle circostanze che lo hanno visto coinvolto, non dia affidamento di non abusarne (Consiglio di Stato Sez. VI, 18-11-2010 n. 8102; Consiglio di Stato sez. IV, 29 novembre 2000 n. 6347). La valutazione dell’Autorità circa il giudizio di “affidamento a non abusare delle armi” è connotata da un’ampia discrezionalità che deve dare prevalenza alle esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica rispetto a quella del privato che aspira al porto dell'arma da fuoco (Consiglio di Stato sez. VI 19 gennaio 2007 n. 107).
1.2. L’ampia discrezionalità nel giudizio probabilistico di “affidamento a non abusare delle armi” non può tradursi nell’omissione della valutazione delle circostanze concrete che attengono al soggetto istante. Ancorché in materia di detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti di qualsiasi genere ricorra ampia discrezionalità dell'Amministrazione nella valutazione relativa all'affidabilità di un soggetto, è necessario che siffatta discrezionalità venga esercitata correttamente, con adeguata istruttoria e valutazione dei presupposti e con idonea logica motivazione (Tar Bari sez. III 25 maggio 2012 n. 1043).
1.3. Il provvedimento di diniego della licenza di porto d’armi è illegittimo per difetto di motivazione, qualora la P.A., avendo rilevando una precedente condanna penale del soggetto istante, il cui procedimento era pendente al momento del rilascio del precedente rinnovo del proto d’armi, non abbia dato conto delle ragioni della diversa valutazione della medesima circostanza di fatto che hanno condotto al rigetto dell’istanza.
1.4. Il diniego della licenza di porto d’armi è altresì illegittimo per difetto di istruttoria e di motivazione, qualora la P.A., rilevando la presenza di alcune denunce (tutte archiviate) nei confronti del soggetto istante, non abbia tenuto conto del fatto che tali denunce provenissero da uno stesso soggetto, circostanza questa che porta a ritenere la sussistenza di un rapporto “conflittuale” tra i due, ma che non pare possa sostanziare un complessivo giudizio di pericolosità del soggetto istante, in assenza di ulteriori e specifici elementi evidenziati dall’Amministrazione stessa.

2. Diniego licenza di porto d’armi. Domanda risarcitoria. Principio dell’onere della prova.
2.1. Sulla domanda risarcitoria in caso di diniego illegittimo di rinnovo della licenza di porto d’armi, chi agisce in giudizio a tutela di un proprio diritto deve indicare e allegare tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere le proprie ragioni. Se tali elementi mancano viene meno il fatto costitutivo della domanda e viene impedito al giudice di esaminare il merito del ricorso. Ciò assume ancora maggiore rilevanza laddove si controverta, quanto alla domanda risarcitoria, su diritti soggettivi, ambito questo non governato dalla regola del principio dispositivo con metodo acquisitivo, bensì dal principio dell'onere della prova ex art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., applicabili, in tal caso, anche al processo amministrativo.
2.2. La limitazione dell'onere della prova gravante sulla parte che agisce in giudizio, che caratterizza il processo amministrativo, si fonda sulla naturale ineguaglianza delle parti, che connota abitualmente il rapporto amministrativo di natura pubblicistica intercorrente tra la parte privata e la pubblica amministrazione, mentre l'esigenza di un'attenuazione dell'onere probatorio a carico della parte ricorrente viene meno con riguardo alla prova dell'an e del quantum dei danni azionati in via risarcitoria, inerendo in siffatte ipotesi i fatti oggetto di prova alla sfera soggettiva della parte che si assume lesa e trovandosi le relative fonti di prova normalmente nella disponibilità dello stesso soggetto leso (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 marzo 2011 n. 1672).
T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 17 ottobre 2014, n. 2498
N. 02498/2014 REG.SEN. N. 02697/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2697 del 2012, proposto da:
Claudio Buraschi, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Rocchetti, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar in Milano Via Corridoni, n. 39;
contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, e Prefettura della Provincia di Como, in persona del Prefetto pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio eletto in Milano, via Freguglia, n.1;
per l'annullamento

del decreto n. 10438 del 23 agosto 2012 del Prefetto di Como, comunicato il 10 settembre 2012, con il quale è stato respinto il ricorso gerarchico proposto avverso il provvedimento di diniego del rinnovo della licenza di porto di fucile per uso tiro a volo, adottato dal Questore della Provincia di Como in data 6 aprile 2012 e notificato in data 21 aprile 2012.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle Autorità intimate;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2014 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I) L’odierno ricorrente è titolare della licenza di porto di fucile per uso tiro caccia n. 473464-M rinnovata in data 5 ottobre 2005.

Espone di aver fatto istanza alla Questura di Como, in data 28 settembre 2011, per il rinnovo della predetta licenza, che tuttavia veniva rigettata con provvedimento del 6 aprile 2012, comunicato il 21 aprile 2012, in ragione del fatto che risultavano a carico dell’istante una condanna nonché numerose segnalazioni all’autorità giudiziaria da parte dello stesso soggetto, e precisamente:

- 7 ottobre 2002 segnalato per il reato di percosse;

- 7 marzo 2005 segnalato per il reato di danneggiamento;

- 24 ottobre 2005 condannato con sentenza del Tribunale di Como sez. di Erba per il reato di ingiurie – divenuta irrevocabile il 27 aprile 2007;

- 31 maggio 2006 segnalato per diffamazione e ingiuria

- 8 marzo 2007 denuncia per violenza privata e minaccia.

Avverso il provvedimento di rigetto, l’interessato in data 4 maggio 2012, per il tramite del proprio difensore, presentava alla Prefettura di Como ricorso gerarchico ex D.P.R. 24.11.1971 n. 1199 per l'annullamento del provvedimento, depositando il decreto di archiviazione emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Como in relazione al procedimento penale n. 4550/05 r.g.n.r.

Tuttavia, con decreto adottato il 23 agosto 2012 e comunicato il 10 settembre 2012, il Prefetto di Como rigettava il ricorso gerarchico, confermando il diniego del rinnovo della licenza di polizia.

Avverso il predetto provvedimento l’interessato ha proposto il ricorso indicato in epigrafe chiedendo l’annullamento, previa tutela cautelare, del decreto del Prefetto, nonché avanzando domanda risarcitoria.

Si sono costituite in giudizio la Prefettura di Como ed il Ministero dell’Interno, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto.

Il Tar ha rigettato la domanda cautelare con ordinanza n. 1732 del 14 dicembre 2012, che veniva però riformata in appello con ordinanza n. 910 del 15 marzo 2013 della III sezione del Consiglio di Stato “tenuto conto che le varie denunce presentate dallo stesso soggetto nei confronti dell’appellante sono state tutte archiviate per manifesta infondatezza e che la precedente condanna risalente al 2005 non ha impedito a suo tempo il rinnovo del permesso, con conseguenti effetti sull’attualità della valutazione dell’Amministrazione”.

All’udienza pubblica del 7 ottobre 2014 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione.

II) Il Collegio osserva che risultano incontestate tra le parti le seguenti circostanze di fatto:

- il ricorrente è stato condannato per il reato di ingiuria in data 24 ottobre 2005;

- tutte le denunce-querele presentate da parte di un unico soggetto nei suoi confronti sono state archiviate.

Di tali circostanze dà espressamente atto il Prefetto nel provvedimento impugnato e il ricorrente, a sua volta, vi fa riferimento negli atti difensivi.

Ciò che è invece controverso sono le conseguenze giuridiche che da tali fatti ha tratto l’Autorità procedente nelle proprie valutazioni in sede di rinnovo della licenza di polizia.

Lamenta in proposito il ricorrente che l’istruttoria condotta sarebbe insufficiente, non avendo, in particolare, l’Amministrazione tenuto in considerazione le circostanze che le denunce sono state archiviate, a carico dell’istante non sono pendenti procedimenti penali ed il procedimento che ha condotto alla condanna del 24 ottobre 2005 sussisteva all’epoca del precedente rinnovo della licenza di polizia, rilasciato in data 5 ottobre 2005.

Ad avviso del Collegio il ricorso è fondato.

In linea generale la giurisprudenza ha affermato che per il diniego della licenza di porto d'armi (come per la sua revoca) non occorre che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto, sulla base di un giudizio probabilistico delle circostanze che lo hanno visto coinvolto, non dia affidamento di non abusarne (Consiglio di Stato Sez. VI, 18-11-2010 n. 8102; Consiglio di Stato sez. IV, 29 novembre 2000 n. 6347). La valutazione dell’Autorità circa il giudizio di “affidamento a non abusare delle armi” è connotata da un’ampia discrezionale che deve dare prevalenza alle esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica rispetto a quella del privato che aspira al porto dell'arma da fuoco (Consiglio di Stato sez. VI 19 gennaio 2007 n. 107).

Tuttavia l’ampia discrezionalità nel giudizio probabilistico non può tradursi nell’omissione della valutazione delle circostanze concrete che attengono al soggetto istante. Ancorché in materia di detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti di qualsiasi genere ricorra ampia discrezionalità dell'Amministrazione nella valutazione relativa all'affidabilità di un soggetto, è necessario che siffatta discrezionalità venga esercitata correttamente, con adeguata istruttoria e valutazione dei presupposti e con idonea logica motivazione (Tar Bari sez. III 25 maggio 2012 n. 1043).

Nel caso di specie la Prefettura di Como fonda il proprio diniego, da un lato, sulla condanna penale risalente all’ottobre 2005, dall’altro sulle denunce presentate da uno stesso soggetto nei confronti del ricorrente, tutte archiviate.

Le conseguenze che, sul piano giuridico, l’Amministrazione trae sono esplicitate attraverso una motivazione che appare superficiale (“pur non avendo l’interessato riportato a tutt’oggi alcuna ulteriore condanna per i reati suindicati, il giudizio circa il mancato affidamento di non abusare delle armi ben può essere desunto dai fatti contestati al ricorrente..idonei ad ingenerare dubbi in merito all’effettivo possesso…dei requisiti di affidabilità previsti per la titolarità della licenza di polizia di cui trattasi” ).

Più precisamente in relazione alla condanna del 2005, il cui procedimento era pendente al momento del rilascio del precedente rinnovo del proto d’armi, la Prefettura non dà conto delle ragioni della diversa valutazione della medesima circostanza di fatto che ha condotto al rigetto dell’istanza.

In relazione alle denunce, pur dando atto della loro archiviazione, non espone elementi ulteriori e specifici che in concreto possano costituire elementi ostativi al rilascio della licenza di polizia. Indicativa la circostanza che l’Amministrazione non abbia tenuto conto del fatto che le denunce provenissero da uno stesso soggetto, circostanza questa che porta a ritenere la sussistenza di un rapporto “conflittuale” tra i due, ma che non pare possa sostanziare un complessivo giudizio di pericolosità del ricorrente, in assenza di ulteriori e specifici elementi evidenziati dall’Amministrazione stessa.

Di contro la Prefettura ha fatto un generico riferimento a quei “fatti contesti” – oggetto di archiviazione – senza attualizzarsi, tenuto conto della complessiva posizione del ricorrente che, in base ai certificati penali, risulta esente da carichi pendenti.

In conclusione il provvedimento gravato è da ritenersi illegittimo per difetto di istruttoria e di motivazione e pertanto deve essere annullato.

Diversa sorte merita invece la domanda risarcitoria.

Va evidenziato, a tal fine, che chi agisce in giudizio a tutela di un proprio diritto deve indicare e allegare tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere le proprie ragioni. Se tali elementi mancano viene meno il fatto costitutivo della domanda e viene impedito al giudice di esaminare il merito del ricorso.

Ciò assume ancora maggiore rilevanza laddove si controverta, come nel caso di specie quanto alla domanda risarcitoria, su diritti soggettivi, ambito questo non governato dalla regola del principio dispositivo con metodo acquisitivo, bensì dal principio dell'onere della prova ex art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., applicabili, in tal caso, anche al processo amministrativo.

Infatti, la limitazione dell'onere della prova gravante sulla parte che agisce in giudizio, che caratterizza il processo amministrativo, si fonda sulla naturale ineguaglianza delle parti, che connota abitualmente il rapporto amministrativo di natura pubblicistica intercorrente tra la parte privata e la pubblica amministrazione, mentre l'esigenza di un'attenuazione dell'onere probatorio a carico della parte ricorrente viene meno con riguardo alla prova dell'an e del quantum dei danni azionati in via risarcitoria, inerendo in siffatte ipotesi i fatti oggetto di prova alla sfera soggettiva della parte che si assume lesa e trovandosi le relative fonti di prova normalmente nella disponibilità dello stesso soggetto leso (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 marzo 2011 n. 1672).

Nel caso di specie il ricorrente si è limitato a dedurre la sussistenza del danno non allegando alcun elemento idoneo a supportarne la sussistenza nell’an. Non è infatti sufficiente ad integrare la fattispecie illecita di cui all’art. 20143 c.c. la sola illegittimità del provvedimento che si assume abbia causato il danno, senza provare anche l’esistenza del danno stesso quale danno-conseguenza.

La domanda risarcitoria pertanto deve essere rigettata.

In ragione dell’andamento processuale della controversia, il Collegio ravvisa giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato. Rigetta la domanda risarcitoria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Adriano Leo,Presidente

Alberto Di Mario,Primo Referendario

Valentina Santina Mameli,Referendario, Estensore



L'ESTENSOREIL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 17/10/2014

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO



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