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Martedì 13 Maggio 2014
Dottrina
Abbattimenti selettivi della fauna selvatica nelle aree precluse alla caccia.
Con la recente sentenza del 18 aprile 2014, n. 107, la Corte Costituzionale contribuisce a delineare un quadro indubbiamente più chiaro della normativa regionale veneta, in materia di abbattimenti selettivi da attuarsi nei territori preclusi all’attività venatoria.
Nella valutazione della questione di legittimità sollevata dal Presidente del Consiglio dei Ministri relativamente all’articolo 2 della legge Regione Veneto 23 aprile 2013, n. 6 (Iniziative per la gestione della fauna selvatica nel territorio regionale precluso all’esercizio della attività venatoria) la Corte, infatti, pur dichiarando la parziale infondatezza della questione, ribadisce alcuni aspetti fondamentali, qualora il controllo della fauna selvatica venga attuato nelle zone vietate alla caccia.
L’art. 2 della legge regionale veneta, oggetto del giudizio di legittimità prevede, tra gli “interventi per il contenimento della presenza della fauna selvatica nei territori preclusi all’esercizio dell’attività venatoria”, la possibilità di individuare piani di abbattimento della fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, nel caso in cui venga accertata l’inefficacia dei metodi ecologici a carattere selettivo, senza però prevedere in modo specifico, il relativo accertamento da parte dell’ISPRA- Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, già Istituto Nazionale per la fauna selvatica- INFS, come invece previsto dall’art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992 (in difformità dall’art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, come affermato dall’Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri).
Peraltro, tale mancata esplicita specificazione, da parte della legge in esame, del parere dell’ISPRA rispetto all’inefficacia dei metodi ecologici, non configurerebbe, secondo la Corte, una violazione della norma statale, alla luce di un’interpretazione sistematicadella normativa regionale veneta in materia di caccia.
Invero, nella Regione Veneto è tutt’ora in vigore l’art. 17, comma 2, della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 (Norme per la protezione della fauna selvatic e per il prelievo venatorio) la quale prevede che, “nell’ambito del controllo della fauna selvatica, la Provincia può autorizzare i piani di abbattimento solo se l’Istituto nazionale per la fauna selvatica ha prima verificato l’inefficacia dei metodi ecologici”. Pertanto, la lettura integrata di tali norme comporta, necessariamente, l’obbligo di una verifica preventiva dell’inefficacia dei metodi ecologici da parte dell’ISPRA, anche qualora il piano di abbattimento sia da attuare in aree sottratte alla caccia. Tale interpretazione, com’è evidente, impedisce qualsiasi attuazione della norma impugnata che non risulti conforme al dettato della legge n. 157/1992.
Anche la previsione di cui all’art. 2, comma 2, della legge regionale n. 6/2013 non può essere considerata costituzionalmente illegittima, come afferma la Corte. In tale caso, contrariamente a quanto affermato dall’avvocatura erariale, l’attribuzione, da parte della legge in esame, al Presidente della Giunta regionale del potere sostitutivo nei confronti degli enti titolari delle funzioni di gestione faunistica, inadempienti nell’attuazione della legge regionale n.6/2013, non amplierebbe le ipotesi di piani di abbattimento nelle aree naturali protette nazionali e regionali, in contrasto con i divieti espressi dall’art. 21, comma 1, lettera b), della legge n. 157 del 1992, e dagli artt. 11, comma 3, lettera a), e 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991. In tale ipotesi, afferma la Corte, la “sostituzione dell’ente inadempiente potrà venire disposta al solo fine di esercitare una funzione che a quest’ultimo è già attribuita dalla legge, e nel rispetto delle prescrizioni stabilite da quest’ultima. Non è, perciò, ravvisabile alcun margine di contrasto, anche solo potenziale, rispetto ai divieti menzionati dalla difesa erariale. Né la disposizione impugnata consente di ipotizzare, come sembra paventare il ricorrente, che il potere sostitutivo possa venire esercitato rispetto ad ambiti riservati alla competenza dello Stato (sentenza n. 67 del 2013), dato che esso ha espressamente per oggetto gli atti relativi all’attuazione della legge regionale n. 6 del 2013, ovvero un insieme di funzioni imputabili al sistema regionale in ragione dello stesso art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992”.
Ben diverso, invece, il giudizio della Corte, relativamente alla possibilità, prevista dall’art. 2, comma 3 della legge regionale n. 6/2013, di ampliare l’elenco delle persone idonee ad eseguire gli interventi di contenimento della fauna selvatica, estendendo l’abilitazione anche ai cacciatori residenti nei relativi ambiti di caccia e comprensori alpini, in aggiunta ai soggetti indicati nell’elenco contenuto nell’art. 17 della legge regionale n. 50/1993. Tale disposizione risulta palesemente in contrasto con quanto con l’art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, in base alla quale “i piani di abbattimento devono essere attuati esclusivamente dalle guardie venatorie provinciali, dai proprietari e conduttori dei fondi e dalle guardie forestali e comunali”. Come già, più volte, precisato dalla Corte Costituzionale, infatti, “l’identificazione delle persone abilitate all’attività in questione compete esclusivamente alla legge dello Stato” e al riguardo, “l’art. 19 della legge n. 157 del 1992 contiene un elenco tassativo” (sentenza n. 392 del 2005; ordinanza n. 44 del 2012). La norma impugnata, nella parte in cui aggiunge un’ulteriore categoria di persone abilitate all’abbattimento della fauna selvatica, al fine di regolarne la popolazione, quindi viola l’art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione.
Claudia BASCIU
Dottrina
Abbattimenti selettivi della fauna selvatica nelle aree precluse alla caccia.
Con la recente sentenza del 18 aprile 2014, n. 107, la Corte Costituzionale contribuisce a delineare un quadro indubbiamente più chiaro della normativa regionale veneta, in materia di abbattimenti selettivi da attuarsi nei territori preclusi all’attività venatoria.
Nella valutazione della questione di legittimità sollevata dal Presidente del Consiglio dei Ministri relativamente all’articolo 2 della legge Regione Veneto 23 aprile 2013, n. 6 (Iniziative per la gestione della fauna selvatica nel territorio regionale precluso all’esercizio della attività venatoria) la Corte, infatti, pur dichiarando la parziale infondatezza della questione, ribadisce alcuni aspetti fondamentali, qualora il controllo della fauna selvatica venga attuato nelle zone vietate alla caccia.
L’art. 2 della legge regionale veneta, oggetto del giudizio di legittimità prevede, tra gli “interventi per il contenimento della presenza della fauna selvatica nei territori preclusi all’esercizio dell’attività venatoria”, la possibilità di individuare piani di abbattimento della fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, nel caso in cui venga accertata l’inefficacia dei metodi ecologici a carattere selettivo, senza però prevedere in modo specifico, il relativo accertamento da parte dell’ISPRA- Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, già Istituto Nazionale per la fauna selvatica- INFS, come invece previsto dall’art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992 (in difformità dall’art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, come affermato dall’Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri).
Peraltro, tale mancata esplicita specificazione, da parte della legge in esame, del parere dell’ISPRA rispetto all’inefficacia dei metodi ecologici, non configurerebbe, secondo la Corte, una violazione della norma statale, alla luce di un’interpretazione sistematicadella normativa regionale veneta in materia di caccia.
Invero, nella Regione Veneto è tutt’ora in vigore l’art. 17, comma 2, della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 (Norme per la protezione della fauna selvatic e per il prelievo venatorio) la quale prevede che, “nell’ambito del controllo della fauna selvatica, la Provincia può autorizzare i piani di abbattimento solo se l’Istituto nazionale per la fauna selvatica ha prima verificato l’inefficacia dei metodi ecologici”. Pertanto, la lettura integrata di tali norme comporta, necessariamente, l’obbligo di una verifica preventiva dell’inefficacia dei metodi ecologici da parte dell’ISPRA, anche qualora il piano di abbattimento sia da attuare in aree sottratte alla caccia. Tale interpretazione, com’è evidente, impedisce qualsiasi attuazione della norma impugnata che non risulti conforme al dettato della legge n. 157/1992.
Anche la previsione di cui all’art. 2, comma 2, della legge regionale n. 6/2013 non può essere considerata costituzionalmente illegittima, come afferma la Corte. In tale caso, contrariamente a quanto affermato dall’avvocatura erariale, l’attribuzione, da parte della legge in esame, al Presidente della Giunta regionale del potere sostitutivo nei confronti degli enti titolari delle funzioni di gestione faunistica, inadempienti nell’attuazione della legge regionale n.6/2013, non amplierebbe le ipotesi di piani di abbattimento nelle aree naturali protette nazionali e regionali, in contrasto con i divieti espressi dall’art. 21, comma 1, lettera b), della legge n. 157 del 1992, e dagli artt. 11, comma 3, lettera a), e 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991. In tale ipotesi, afferma la Corte, la “sostituzione dell’ente inadempiente potrà venire disposta al solo fine di esercitare una funzione che a quest’ultimo è già attribuita dalla legge, e nel rispetto delle prescrizioni stabilite da quest’ultima. Non è, perciò, ravvisabile alcun margine di contrasto, anche solo potenziale, rispetto ai divieti menzionati dalla difesa erariale. Né la disposizione impugnata consente di ipotizzare, come sembra paventare il ricorrente, che il potere sostitutivo possa venire esercitato rispetto ad ambiti riservati alla competenza dello Stato (sentenza n. 67 del 2013), dato che esso ha espressamente per oggetto gli atti relativi all’attuazione della legge regionale n. 6 del 2013, ovvero un insieme di funzioni imputabili al sistema regionale in ragione dello stesso art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992”.
Ben diverso, invece, il giudizio della Corte, relativamente alla possibilità, prevista dall’art. 2, comma 3 della legge regionale n. 6/2013, di ampliare l’elenco delle persone idonee ad eseguire gli interventi di contenimento della fauna selvatica, estendendo l’abilitazione anche ai cacciatori residenti nei relativi ambiti di caccia e comprensori alpini, in aggiunta ai soggetti indicati nell’elenco contenuto nell’art. 17 della legge regionale n. 50/1993. Tale disposizione risulta palesemente in contrasto con quanto con l’art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, in base alla quale “i piani di abbattimento devono essere attuati esclusivamente dalle guardie venatorie provinciali, dai proprietari e conduttori dei fondi e dalle guardie forestali e comunali”. Come già, più volte, precisato dalla Corte Costituzionale, infatti, “l’identificazione delle persone abilitate all’attività in questione compete esclusivamente alla legge dello Stato” e al riguardo, “l’art. 19 della legge n. 157 del 1992 contiene un elenco tassativo” (sentenza n. 392 del 2005; ordinanza n. 44 del 2012). La norma impugnata, nella parte in cui aggiunge un’ulteriore categoria di persone abilitate all’abbattimento della fauna selvatica, al fine di regolarne la popolazione, quindi viola l’art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione.
Claudia BASCIU