LA SEGNALAZIONE DEL FIGLIO PER LA DETENZIONE DI SOSTANZE AI SENSI DELL'ART. 75 NON PUO' LEGITTIMARE LA PREFETTURA A DISPORRE LA REVOCA DELLA LICENZA DI PORTO D'ARMI ED AD ORDINARE LA CESSIONE DELLE ARMI DETENUTE, NEI CONFRONTI DEL PADRE.
Di seguito pubblico una interessante sentenza del T.A.R. del Piemonte che ha accolto il ricorso di un cittadino che si era visto negare dalla Prefettura e dalla Questura della città di residenza, il rinnovo della licenza di porto d'armi ed aveva ricevuto i decreti di revoca della licenza di collezione di armi da sparo e di porto di fucile, nonchè il divieto di detenere armi con l'obbligo di cedere la propria collezione a terzi, in quanto il proprio figliolo aveva subito un procedimento ex art. 75 dpr 309/90 conclusosi con l'invito a non fare più uso delle sostanze stesse per la modicità ed eccezionalità della vicenda.
Credo siamo inutili commenti di sorta, salvo che esistono giudici a Berlino...
Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente SENTENZA
Lanfranco Balucani, Presidente
Silvana Bini, Consigliere
Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario, Estensore
per l'annullamento
A) quanto al ricorso n. 1098 del 2014:del provvedimento emesso
l'11 luglio 2014 ai sensi degli artt. 11, 39 e 40 T.U. n. 773/1931 e 9 L. 18 aprile 1975 n.110, notificato in data 24 agosto 2014 e consistente nel decreto di - revoca della licenza di collezione di armi comuni da sparo rilasciata in data 28/01/2011,- revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia nr. 403592-M rilasciata in data 21/08/2008,- rigetto dell'istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia avanzata il 25/7/2014
B) quanto al ricorso n. 1099 del 2014:del provvedimento emesso l'11 luglio 2014, consistente nel decreto di divieto di possesso e di detenzione di qualsiasi tipo di armi e materiale esplodente, con contestuale diffida a provvedere alla alienazione o cessione in favore di terzi idonei, nel termine di 150 giorni, ai sensi degli
artt. 11, 39 e 40 T.U. n. 773/1931 e 6 L. 22 maggio 1975 n. 152, notificato in data 22 luglio 2014.ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1098 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Alberto Zaina, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Rossella Gallo in Torino, corso Re Umberto 42;
MINISTERO DELL'INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;
Visti i ricorsi e i relativi allegati;Visti gli atti di costituzione in
entrambi i giudizi del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Relatore nella
camera di consiglio del giorno 6 novembre 2014 il dott. Ariberto Sabino Limongelli
Sentita le stessa parte presente in udienza ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm., in ordine ad una possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, sussistendone i presupposti di legge;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
sul ricorso numero di registro generale 1099 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Alberto Zaina, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Rossella Gallo in Torino, corso Re Umberto 42;
MINISTERO DELL'INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;
FATTO e DIRITTO
1. Con i ricorsi in esame,ritualmente proposti, il ricorrente ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe con cui, rispettivamente, il Prefetto di Asti gli ha vietato di detenere armi, munizioni e materiale esplodente, e per l’effetto il Questore di
Asti ha disposto la revoca della licenza di collezione di armi comuni da sparo e della licenza di porto di fucile per uso caccia intestate al ricorrente, rigettando altresì l’istanza di rinnovo della predetta licenza di porto di fucile.
1.1. Il provvedimento prefettizio si è fondato sulle seguenti
considerazioni:
- del nucleo familiare del ricorrente fa parte anche il figlio convivente B.E., il quale, in occasione di un controllo dei carabinieri in data
18 agosto 2013, è stato trovato in possesso di 0,2 grammi di sostanza stupefacente di tipo hascish, e per tale motivo segnalato dalla Prefettura all’Ufficio N.O.T. ai sensi dell’art. 75 D.P.R. 309/90;
- alla luce di tale circostanza, il Prefetto ha ritenuto che non vi sia “sufficiente garanzia che le armi detenute dal ricorrente possano venire nella disponibilità del figlio, in forza della situazione di coabitazione, ed usate per compiere azioni illecite”.
1.2. Il provvedimento del Questore ha fatto seguito, quale atto sostanzialmente vincolato,a quello prefettizio, sul rilievo che “il provvedimento amministrativo di divieto di detenzione armi sopracitato non consente di mantenere il possesso di un autorizzazione di polizia come quella in argomento che abilita alla detenzione di armi da sparo…”.
2. Attraverso due motivi di ricorso, il ricorrente ha dedotto l’illegittimità degli atti impugnati per violazione di legge e per eccesso di potere sotto i profili sintomatici del difetto di istruttoria, difetto di motivazione, travisamento del fatto e illogicità;
ha lamentato inoltre la violazione dell’art. 7 L. 241/90 per mancata comunicazione di avvio del procedimento.
3. Il Ministero dell’Interno si è costituito in entrambi i giudizi depositando documentazione e resistendo ai ricorsi con memoria dell’Avvocatura dello Stato.
4. All’udienza in camera di consiglio del 6 novembre 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.
5. I ricorsi, che vanno riuniti per evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, sono fondati e vanno accolti.
5.1. E’ noto che in materia di detenzione e porto d’armi l’autorità di pubblica sicurezza gode di un’amplissima discrezionalità nel valutare la sussistenza dei presupposti di affidabilità del soggetto interessato, a tutela della pubblica incolumità.E’ altrettanto noto, peraltro, che tale discrezionalità, per non trasformarsi in arbitrio, deve esercitarsi sulla scorta di un’attività istruttoria adeguata, svolta nel rispetto delle garanzie partecipative spettanti all’interessato, e deve esplicarsi attraverso provvedimenti la cui motivazione dia conto in modo congruo del giudizio conclusivo formulato dall’Autorità in ordine all’affidabilità (o alla mancanza di affidabilità) del soggetto interessato, ancorando tale giudizio in modo logico e ragionevole agli esiti dell’istruttoria procedimentale. Ritiene il collegio che nel caso di specie le censure formulate dal ricorrente con il primo motivo siano condivisibili.
5.2. Nel caso di specie il Prefetto ha ritenuto che il ricorrente non dia adeguate garanzie di affidabilità in ordine alla custodia delle armi, e tale giudizio è stato desunto unicamente dalla circostanza che
del nucleo familiare del medesimo fa parte il figlio convivente, il quale nell’anno 2013 è stato trovato in possesso di una modica quantità di stupefacente per uso personale; in tale contesto, secondo il Prefetto, non vi sarebbero sufficienti garanzie sul fatto che il figlio non possa impossessarsi delle armi “per compiere azioni illecite”.
5.3. Si tratta, secondo il collegio, di una valutazione obiettivamente non ragionevole alla luce degli esiti dell’istruttoria, oltre che contraddittoria rispetto altri provvedimenti della stessa Autorità. L’episodio in cui è rimasto coinvolto il figlio ventenne del ricorrente è rimasto, allo stato degli atti, isolato nella condotta di vita del medesimo, sicchè inferire da questa sola circostanza che il medesimo possa impossessarsi delle armi del padre “per compiere azioni illecite”, quasi si trattasse di un soggetto dedito abitualmente
al consumo di stupefacenti (circostanza che gli elementi istruttori non consentono di presumere neppure lontanamente) appare un sillogismo obiettivamente azzardato, irragionevole e non giustificato allo stato degli atti. Del resto, lo stesso episodio contestato al figlio non ha avuto alcun esito sotto il profilo penale, dal momento che, alla luce della modica quantità di stupefacente trovata in possesso del giovane, lo stesso Prefetto si è limitato ad adottare nei suoi confronti un provvedimento ai sensi dell’art. 75 comma 14 d.p.r. 309/1990 (invito a non fare più uso delle sostanze stesse), e ciò sull’espresso presupposto che la particolare tenuità del fatto consenta di presumere che l’intimato si asterrà in futuro dal commettere fatti analoghi. Ritiene il collegio che sia palesemente contraddittorio, da parte della stessa Autorità, da un lato
presumere che il figlio si asterrà in futuro dal commettere fatti analoghi, e dell’altro ritenerlo capace, sulla base di quel medesimo (ed unico) episodio, di impossessarsi indebitamente delle armi del padre al fine di commettere azioni illecite. A ciò si aggiunga che nessun riscontro istruttorio induce a ritenere che le armi in possesso del padre non siano adeguatamente custodite presso la sua abitazione e rese in ogni caso inaccessibili dal figlio convivente, a prescindere da ogni ulteriore considerazione.
5.4. Alla luce di tali rilievi, il provvedimento prefettizio impugnato dal ricorrente è viziato da eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà e illogicità, mentre il
provvedimento questorile è viziato da illegittimità derivata in quanto scaturito direttamente, quale atto vincolato, dal provvedimento prefettizio.
6. I ricorsi in esame vanno quindi accolti e per l’effetto va disposto l’annullamento degli atti impugnati.
7. Le spese di lite possono essere compensate per giusti motivi, in considerazione della peculiarità della vicenda esaminata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi indicati in epigrafe, previa riunione dei medesimi, li accoglie e per l’effetto annulla gli atti
impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela
dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi della parte ricorrente, manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE Ariberto Sabino Limongelli
IL SEGRETARIO