È stato approvato pochi minuti fa, con i voti favorevoli di Lega e M5S, contrari di Pd, Leu e Forza Italia e l’astensione di Fratelli d’Italia, il parere della I commissione (affari costituzionali) alla Camera (relatore il leghista Gianluca Vinci, in foto), con le raccomandazioni per il governo sul recepimento della direttiva 2017/853.
Tra i contenuti del parere, ve ne sono alcuni sicuramente molto positivi in merito all’eliminazione di inutili aggravi burocratici e/o adempimenti vessatori sui possessori di armi: uno su tutti, quello indicato al punto “f” che suggerisce l’eliminazione in toto della previsione dell’avviso ai famigliari conviventi per il rilascio di un porto d’armi o di un nulla osta, con la motivazione che “tale disposizione, oltre a risultare assolutamente generica nelle forme e nei termini, darebbe adito alle più varie interpretazioni in una materia con molteplici profili di rilevanza penale che deve essere caratterizzata dalla certezza e non è inoltre in alcun modo contemplata nella direttiva”.
A nostro avviso positiva anche l’indicazione (non presente nella bozza di recepimento votata dal consiglio dei ministri lo scorso 11 maggio, ma presente nella direttiva) al punto “g” di introdurre una interconnessione tra le banche dati dei detentori di armi e quelle del servizio sanitario nazionale, allo scopo di consentire una immediata rilevazione di patologie o assunzioni di farmaci incompatibili con il possesso di armi: questo dovrebbe consentire un rafforzamento della sicurezza pubblica, senza costi aggiuntivi per i possessori di armi, oltre alle già gravose visite mediche per il rilascio o il rinnovo di un porto d’armi.
Molto positiva anche l’indicazione contenuta nel punto “i” di prevedere la detenzione di armi di categoria A6 e A7 anche ai soggetti in possesso di licenza di collezione.

A fronte di queste indicazioni sicuramente condivisibili, ve ne sono però altre che potrebbero dar luogo a difficoltà per il settore: una di queste è quella contenuta nel punto “h”, nella quale si auspica il ripristino del “diretto controllo sull’immissione delle stesse (le armi, ndr) nel territorio nazionale da parte del ministero dell’Interno (come esercitato in passato mediante il catalogo nazionale di cui all’art. 7 della predetta legge n. 110/75, anche al fine di chiarire l’interpretazione per le categorie dei collezionisti e dei tiratori sportivi”. Una “commissione consultiva centrale bis” o, in alternativa, una gestione ministeriale della classificazione delle armi in luogo del Banco di prova porterebbe al ripetersi di ben precise situazioni limite che si erano verificate fino al 2011 (anno in cui fu soppresso il catalogo), prima fra tutte l’enorme dilatazione dei tempi occorrenti per la definizione delle pratiche da parte di produttori e importatori, che potevano anche arrivare a un anno.
È probabilmente condivisibile il fatto che si suggerisca al governo di prevedere apposite licenze di polizia per i vettori autorizzati al trasporto di armi, certo però è penalizzante per le A6 e A7 che si preveda che le armi di categoria “A” sia obbligatoria la scorta da parte delle guardie giurate (punto “l”). I costi di tali armi, quindi, sarà prevedibile che aumentino.
Appare anche poco comprensibile l’indicazione di cui al punto “c” del documento, nel quale si consiglia che lo schema di decreto mantenga la facoltà di determinare il numero massimo di munizioni acquistabili nel periodo di validità della licenza di porto d’armi “in capo al ministero dell’Interno”: il ministero per la verità non ci risulta abbia mai avuto a livello “centralizzato” tale facoltà, che è sempre stata riconosciuta all’autorità locale di Ps in base all’articolo 9 del Tulps (come peraltro riconosciuto dallo stesso ministero in una apposita circolare sulla materia).
Per quanto riguarda la custodia delle armi, si suggerisce di prevedere “l’adozione di misure minime di tutela delle armi uniformi sull’intero territorio nazionale, salvi i poteri in materia già previsti in capo all’autorità di pubblica sicurezza” (punto “m”).
La nota maggiormente stonata, a nostro avviso, è costituita dall’ultimo punto, cioè il punto “n”: “valuti infine il governo, anche in relazione ai recenti fatti che hanno messo in luce i rischi di un abuso di tali strumenti, l’opportunità di inserire disposizioni concernenti la tracciabilità delle armi da sparo a modesta capacità offensiva”.
Al di là del fatto che i “recenti fatti” non riguardavano l’eventuale “clandestinità” delle armi ad aria compressa, bensì un loro impiego improprio, è opportuno sottolineare che oggi è già prevista una tracciabilità di tali strumenti, atteso il fatto che i primi acquirenti devono necessariamente essere identificati in armeria (con annotazione sul registro delle operazioni giornaliere) e che ogni successivo passaggio di mano deve essere effettuato mediante scrittura privata.
Non vi è traccia, infine, di suggerimenti correttivi in merito alle evidenti sperequazioni tra la legislazione italiana e quella degli altri Paesi Ue, in particolare relativamente alle armi corte in 9 parabellum e alla disciplina delle armi bianche. Si dirà che tali materie non erano contemplate nella direttiva, ma d’altronde non lo è neppure quella delle aria compressa di modesta capacità offensiva, fermo restando che le semplificazioni e razionalizzazioni della circolazione delle merci in ambito Ue può, anzi deve, sempre trovare accoglimento negli ordinamenti interni.

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Fonte by armi e tiro
 
Lo schema di decreto di attuazione della direttiva europea 2017/853 approvato in via preliminare dal consiglio dei ministri lo scorso 11 maggio su alcune materie è decisamente “soft”, su altre sembra obbedire alla logica delle fisime storiche del ministero, su altre ancora… decide di non decidere. Come per esempio sulla disciplina delle scacciacani “front firing”, ovvero le repliche a salve con il foro di sfiato dei gas coassiale alla canna anziché orientato verso l’alto. Libere in tutti i Paesi dell’Unione europea, solo in Italia sono considerate “armi” a tutti gli effetti. Riguardo a questo aspetto, il forum italiano sulla pirotecnica ha rilasciato un comunicato ad Armi e Tiro nel quale manifesta il proprio disappunto sulla stesura della bozza di recepimento, preannunciando una viva opposizione nelle sedi competenti, con argomenti decisamente interessanti. Ecco il testo integrale del comunicato:
“Confermiamo il nostro totale dissenso circa i contenuti della bozza-schema di Dgls pubblicato dal governo uscente per la rifusione nel territorio dello Stato della Direttiva (UE) 2017/853.
Contestiamo fortemente il passaggio della relazione Illustrativa ove viene specificato che: “Non sono state recepite le definizioni di “arma d’allarme e da segnalazione” in quanto gia presenti nel nostro ordinamento e fornite di specifica regolamentazione in linea con le disposizioni della direttiva cosi da non richiedere di essere trasposte”. Al contrario, tale passaggio disattende totalmente le disposizioni della Direttiva.
Come noto, gli articoli 2 e 5 della legge 110/75 rappresentano una totale stortura della Direttiva 91/477/Cee in quanto, già da anni, gli strumenti di segnalazione che possano lanciare artifici pirotecnici o da segnalazione non sono mai stati contemplati e/o categorizzati e/o classificati tra le armi da fuoco (esclusi al punto III lettera A dell’allegato 1). Infatti negli altri Stati della Ue (Francia, Spagna, Germania, Repubblica Ceca, Polonia, Belgio, Olanda, Austria, Portogallo eccetera) tali strumenti, che in Italia sono conosciuti impropriamente come “lanciarazzi”, sono (correttamente) NON considerati armi, sono di libera vendita per maggiorenni e non sono assoggettati al possesso di alcuna licenza di porto d’arma. Per tale ragione neanche il Banco nazionale di prova, dovendosi attenere alla classificazione europea delle armi da fuoco, può classificare questi “strumenti”, così come specificato all’interno del regolamento dell’Ente.
Ricordiamo che In Italia tali strumenti non vengono commercializzati, in quanto (la cosa è paradossale) necessitano di possesso di licenza di porto d’arma. Non vi è quindi richiesta. Ricordiamo inoltre, cosa ancor più paradossale, che molti dei produttori mondiali di tali strumenti, sono italiani, con il 100% delle produzioni inviate all'estero.
Come altrettanto noto, con la direttiva 2017/853, vi è stato un ulteriore aggiornamento relativamente agli “strumenti d’allarme o da segnalazione” che possano lanciare piccoli artifizi pirotecnici ed è stato precisato, anzi ribadito, che tali strumenti NON rientrano nella categoria della armi da fuoco e non sono inseriti alle lettere “A”, “B” o “C” della “classificazione” purché non siano armi a salve convertite da precedenti armi da fuoco, o armi a salve potenzialmente trasformabili in armi da fuoco.
A rafforzamento di quanto sopra la Direttiva, all’articolo 10 bis terzo comma specifica che: “La Commissione adotta atti di esecuzione per stabilire specifiche tecniche relative alle armi d'allarme e da segnalazione fabbricate o importante nell'Unione successivamente al 14 settembre 2018 in modo da garantire che non possano essere trasformate per espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l'azione di un propellente combustibile. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 13 ter, paragrafo 2. La Commissione adotta tale primo atto di esecuzione entro il 14 settembre 2018”. Ci risulta che la Commissione abbia gia effettuato e stia effettuando vari tavoli tecnici di confronto con i produttori. Ci risulta inoltre che i produttori italiani siano attualmente bloccati in attesa delle definizioni tecniche di produzione in via di definizione al tavolo della Commissione, di concerto con gli altri produttori europei, in un contesto nel quale gli strumenti "top firing" sono pressoché sconosciuti al resto dell'Europa. Una totale confusione proprio a causa del nostro art. 2 della legge 110/75. Ricordiamo che gli strumenti a salve cosiddetti lanciarazzi (pistole pirotecniche) front firing (ma anche nella versione top firing) possono esclusivamente camerare cartucce a salve di libera vendita, utilizzo e detenzione (articolo 98 Reg. Tulps) nei calibri 6mm flobert, .22 a salve, 8 mm a salve, 9 mm a salve, .320 a salve e .380 a salve. Le versioni lanciarazzi (che razzi non sono, ma artifici pirotecnici) hanno la canna con sfogo dei gas anteriore parzialmente ostruita da un inserto in acciaio, con la volata filettata dove poter allocare un tromboncino avvitabile che possa contenere il “razzo” del diametro di 15mm, accesso e “sparato” dalla detonazione della cartuccia a salve. È assolutamente pacifico nonché accertato anche da recenti vicende giudiziarie (con sentenza di piena assoluzione per porto abusivo e detenzione di arma comune da sparo, Tribunale di Foggia, Giudice Zeno) come tali strumenti sono idonei all’offesa alla persona solo se utilizzati come oggetto contundente. Gli strumenti lanciarazzi, sopratutto nei calibri più piccoli del tipo 6 mm Flobert, sono poco più che giocattoli, in alcun modo possono arrecare danni alla persona in quanto la cartuccia a salve ha una potenza cosi ridotta da poter “lanciare” in aria e a pochi metri di distanza solo ed elusivamente un piccolo razzo pirotecnico di cartone dal peso irrisorio. Si precisa inoltre che le cartucce pirotecniche in questione, cosiddetti “razzi” i quali possono avere effetti detonati, fischianti,illuminanti o crepitanti, dallo scopo chiaramente ludico, sono classificati nella categoria Ce P1 del decreto legislativo n. 123/2015, omologati da organismi di certificazione europea in tale categoria perché assolutamente innocui e infatti di libera vendita per maggiorenni, già oggi in commercio ma nella pratica non utilizzabili.
Non ci sono motivazioni, sia di carattere normativo sia soprattutto tecnico-balistico per continuare a classificare tali strumenti tra le “armi comuni da sparo”. Riteniamo assolutamente ridicolo che strumenti come per esempio la mini pistola Berloque calibro 2 mm a salve venga classificata come arma da fuoco, e che si continui a farlo disattendendo totalmente la Direttiva 477. La cosa è paradossale. Riteniamo assolutamente ingiusto, da ogni punto di vista, che le armi ad avancarica monocolpo, letteralmente letali, siano di libera vendita, e le pistole front firing lanciarazzi, letteralmente innocue siano paragonate giuridicamente a una 9x21. Riteniamo altresì una aberrazione che al confine di Ventimiglia, per esempio, nello spazio di un solo metro si passi dal divertimento e dalla libera detenzione, all'arresto e al processo penale. Pretendiamo quindi solo ed esclusivamente il rispetto della Direttiva e la corretta rifusione e attuazione nel nostro ordinamento.
Abbiamo quindi richiesto ufficialmente al ministero dell’Interno il recepimento obbligatorio dei contenuti generali della Direttiva attraverso la modifica degli art 2 e 5 della legge 110/75 o attraverso un decreto ministeriale ad hoc che, liberalizzando come normativamente giusto tali strumenti, ne regolamenti la messa in commercio”.


Fonte by armi e tiro
 
La bozza definitiva di recepimento della direttiva europea 2017/853, che sembra possa essere discussa dal Consiglio dei ministri questa sera stessa, contiene indubbiamente alcuni aspetti positivi per il nostro settore, primo fra tutti l'estensione del limite dei colpi nei caricatori a 10 per le armi lunghe e 20 per le armi corte. Molte delle cose che ci si attendeva che fossero inserite, come per esempio l'abolizione del limite alla commercializzazione delle armi corte in 9 parabellum, sono invece apparentemente (e inspiegabilmente) assenti, nonostante l'Italia sia ormai da decenni l'unico Paese in Europa ad avere siffatta limitazione. Ma l'aspetto più deleterio per tutto il settore, che impone di chiedere alla politica di FERMARE assolutamente l'approvazione di questa bozza, è contenuta nell'articolo 7: nell'originaria formulazione, in questo articolo si consentiva ai questori e ai prefetti di introdurre un limite al numero di munizioni acquistabili nell'arco di validità del porto d'armi; con la riformulazione eseguita (non si sa da chi), addirittura al posto di una facoltà per i questori si arriverebbe a un vero e proprio automatismo, del tutto svincolato da qualsiasi esigenza di sicurezza pubblica, arrivando così a una vera e propria incostituzionalità. Come si sia arrivati a questo punto è lecito domandarselo, dopo tutte le audizioni e i commenti espressi dai parlamentari sulla non attinenza di questo articolo rispetto al recepimento della direttiva. Per questo motivo si auspica che sia possibile NON discutere il recepimento questa sera e rinviare a settembre l'approvazione del documento, dopo le necessarie riflessioni.


Fonte by armi e tiro
 
Tra tutte le bozze di conversione della direttiva Europea in fatto di armi che sono girate negli ultimi mesi,questo decreto mi sembra il male minore.A prima lettura si riduce il tutto in un'anno in meno di validità del PDA,da 6 a 5 ,la riclassificazione di alcune armi,che poco interessa i cacciatori forse in parte alcuni tiratori,un'autocertificazione che i tuoi familiari sappiano che possiedi un'arma,questa mi fa sorridere...alcune questure già la chiedono e a cosa serva...bo!!
dopo vedremo tra qualche mese in fase di conversione in legge cosa succederà,ma penso sia una buona base da cui partire.
 
Esame in corso


Le commissioni competenti di camera e senato hanno cominciato l’esame in sede consultiva dello Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (Ue) 2017/853 che modifica la direttiva 91/477/Cee, relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi (n. 23). Relatore alla camera nella 1ª Commissione Affari costituzionali della presidenza del consiglio e interni, Gianluca Vinci, della Lega–Salvini Premier, mentre relatore in XIV Commissione Politiche dell’Unione europea è Andrea Crippa, dello stesso partito. Nella 1ª commissione Affari costituzionali presieduta da Stefano Borghesi (Lega), relatore è lo stesso Borghesi.
Nella 14ª Commissione permanente (Politiche dell'Unione europea), presieduta da Ettore Antonio Licheri, relatore è invece Fabio Di Micco, senatore del M5s e militare di carriera, la vicepresidente Cinzia Bonfrisco (nella foto, Lega-Salvini premier) ha già sollevato le questioni di legittimità, sui principi violati nell’emanazione della direttiva, in particolare la violazione del principio di attribuzione già oggetto di impugnazione da parte di Repubblica ceca e Polonia, sul principio di certezza del diritto e di non discriminazione.
Come è ormai noto, la direttiva è stata adottata sulla base dell’articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell’Ue, sebbene l’obiettivo che essa persegue non sia la rimozione degli ostacoli del mercato interno, bensì la prevenzione del crimine e del terrorismo. Ebbene, in tale campo il legislatore dell’Unione non ha il potere di adottare misure di armonizzazione. Pertanto, è illegittimo per violazione del principio di attribuzione l’utilizzo dell’articolo 114 quale base giuridica della direttiva.
Il legislatore dell’Unione ha, poi, adottato misure manifestamente sproporzionate, consistenti nel proibire determinati tipi di armi semiautomatiche, nell’inasprire la regolamentazione di determinate armi di pericolosità minima (riproduzioni d’epoca ovvero armi ormai definitivamente disattivate) e nel sanzionare, infine, il possesso di determinati caricatori; le categorie di armi vietate, come pure la disposizione che sanziona il possesso di caricatori oltre una certa misura, sono del tutto prive di chiarezza e non consentono agli interessati di conoscere con esattezza i loro diritti e doveri.
L’articolo 7, paragrafo 4bis, ossia la “clausola dei diritti quesiti”, finirebbe peraltro con l’imporre agli Stati membri l’adozione di norme interne aventi effetto retroattivo.
Il parlamento dovrà anche valutare la questione delle coperture finanziarie, che non sono state in alcun modo determinate. Le commissioni entreranno nel merito dei singoli punti dello schema, non è ancora chiaro se congiuntamente tra camera e senato.
I parlamentari della Lega-Salvini premier, in ogni caso, hanno manifestato una grande attenzione ai diritti dei cittadini appassionati di armi. In particolare i senatori Roberta Ferrero, Massimo Candura e Simone Pillon che sono anche praticanti degli sport del tiro e della caccia.


Fonte by armi e tiro
 
La 14[SUP]a[/SUP] Commissione permanente (Politiche dell’Unione europea) ha concluso l'esame del decreto Ue 2017/853 che modifica la direttiva 91/477/Cee, relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi (n. 23). Il relatore Fabio Di Micco (M5s, nella foto) ha formulato parere favorevole al recepimento, con alcuni rilievi.
"- Vista la frammentarietà della normativa nazionale in tema di acquisto e detenzione di armi, ai fini di una più chiara implementazione della direttiva in oggetto e una sua uniforme applicazione in tutti gli Stati membri, è auspicabile un preciso recepimento nell’ordinamento giuridico interno dell’allegato I alla direttiva 91/477/Cee, come novellato, che identifica le categorie delle armi A, B e C, prevedendo una revisione di quanto disposto dagli articoli 1 e 2 della legge 18 aprile 1975, n. 110, al fine di eliminare il disallineamento tra ordinamento nazionale e normativa comunitaria, e salvaguardando le categorie dei collezionisti e dei tiratori sportivi;
- con riferimento alle nuove misure di custodia per la detenzione delle armi, il testo della direttiva (Ue) 2017/853, che modifica l’articolo 5 bis della direttiva 91/477/Cee, dispone che gli Stati membri stabiliscano norme in materia di adeguata sorveglianza delle armi da fuoco e delle munizioni e norme in materia di custodia e sicurezza, commisurate al numero e alla categoria delle armi e delle munizioni detenute, mentre il testo dello schema di decreto legislativo, all’articolo 5, comma 1, lettera f), lascia ampio margine di discrezionalità all’Autorità di pubblica sicurezza nell’imporre le adeguate misure di custodia delle armi e delle munizioni. Si segnala, quindi, la necessità di una riformulazione dell’articolo 5, comma 1, lettera f), dello schema di decreto legislativo, in modo più aderente al dettato della direttiva (Ue) 2017/853 tale da garantire uniformità di disciplina su tutto il territorio nazionale;
- l’articolo 7 dello schema di decreto legislativo attribuisce alla Autorità di pubblica sicurezza la facoltà di determinare, caso per caso, il numero massimo di munizioni acquistabili nel periodo di validità della licenza di porto d’armi. Tale disposizione, che non trova riscontro nel testo della direttiva, è già presente nell’ordinamento nazionale; con l’articolo 7 dello schema si introduce l’indicazione espressa dell’autorità competente a stabilire il numero massimo di munizioni e si viene a commisurare la relativa valutazione a particolari esigenze di sicurezza. Non essendo stati previsti, nella norma di delega, criteri direttivi specifici, si ritiene opportuno che lo schema di decreto si limiti al solo recepimento del testo della direttiva, rinviando a un possibile riordino organico e omogeneo della materia la revisione delle disposizioni specifiche del diritto interno;
- in relazione al divieto di vendita di armi comuni da sparo per corrispondenza e per contratto a distanza, previsto dall’articolo 5, lettera e), dello schema di decreto legislativo, che modifica l’articolo 17 della legge n. 110 del 1975, si osserva che, anche in questo caso, la disposizione non risulta essere prevista dalla direttiva (Ue) 2017/853. Il testo della direttiva non vieta la compravendita mediante contratto a distanza, ma stabilisce che questa tipologia di transazione commerciale sia subordinata al controllo dell’identità della persona che acquisisce l’arma da fuoco e, laddove richiesto, del possesso della necessaria autorizzazione all’acquisto e alla detenzione, da effettuarsi ad opera di soggetti autorizzati quali armaioli, intermediari autorizzati o di pubbliche autorità, prima o al momento della consegna delle armi. Si segnala, pertanto, l’opportunità di riformulare la disposizione di cui al citato articolo 5, lettera e), dello schema, in senso meno restrittivo per le suddette tipologie di transazioni commerciali e più aderente al dettato della direttiva (Ue) 2017/853;
- si osserva, infine, che l’articolo 3, comma 1, lettere c) ed e), dello schema di decreto legislativo, che modifica gli articoli 35 e 42 del Tulps, introduce una disposizione non prevista dalla direttiva (Ue) 2017/853, prevedendo l’obbligo, in capo al soggetto che richiede, a qualsiasi titolo, il nulla osta all’acquisto di armi o la licenza di porto d’armi, di produrre una dichiarazione sostitutiva, ex articoli 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, con la quale si attesti di aver informato i familiari conviventi maggiorenni, compreso il convivente more uxorio, indicandone le relative generalità, dell’avvenuta consegna del documento richiesto. Nell’ottica di una maggiore tutela di tutti i soggetti coinvolti, si segnala la necessità di valutare una riformulazione della norma, prevedendo garanzie di tracciabilità della comunicazione effettuata dal soggetto interessato ai familiari conviventi maggiorenni, compreso il convivente more uxorio."

Come si vede è passata la linea di recepire solo quanto stabilito dalla direttiva. Soddisfa che sia espressamente indicata l'esigenza di "salvaguardia" delle "categorie dei collezionisti e dei tiratori sportivi". Non convincono, invece, appieno le previsioni di riformulazione sulla custodia di armi e munizioni, con prescrizioni in realtà già previste in base alle singole situazioni, e la "garanzia di tracciabilità" della comunicazione ai familiari che potrebbe ingenerare storture e aggravio burocratico. A quanto riferiscono, il ministero dell'Interno, presente con suoi delegati alla seduta, avrebbe voluto aggiungere ulteriori elementi, ma il tentativo è stato scongiurato dalla vigilanza della vicepresidente della commissione, la senatrice della Lega, Anna Cinzia Bonfrisco.

Scarica gli allegati AG_23_Detenzione_armi_Parere.pdf



Fonte by armi e tiro
 
Se dovesse andare in porto......spero di no!!!!!........Voglio vedere se un famigliare decide di non volere armi in casa...........oltre alle altre porcate che hanno deciso
Come la mettiamoooooooo............
 
non penso servirà l'autorizzazione dei familiari per detenere un'arma,ma solo nel caso si richieda il porto d''armi un'autocertificazione che si è informato i familiari che si vuole detenere un'arma...
 
Sarà la commissione speciale sugli atti urgenti del Governo, in sede consultiva, a occuparsi dello schema di recepimento della direttiva 2017/853. Questo perché le commissioni parlamentari “normali” ancora non risultano costituite. Il motivo principale, tuttavia, è che i tempi sono stretti, anzi strettissimi, visto che la legge 234 del 2012 che disciplina le regole dei decreti legislativi dà solo 40 giorni di tempo alle commissioni parlamentari per formulare le proprie osservazioni, dopodiché il testo può essere approvato così come è. Tanto è vero che, a fronte di una trasmissione al senato datata 14 maggio, il termine assegnato alla commissione per l’esame è il 23 giugno.
È opportuno ricordare che la commissione è presieduta dal senatore Vito Crimi, esponente di M5S e che il movimento creato da Grillo e Casaleggio nella commissione ha la maggioranza relativa, con 9 membri. Seguono Lega e Forza Italia con 5 membri ciascuno, Fratelli d’Italia con 2 membri, il Pd con 4 membri, il gruppo per le Autonomie con 1 membro e Liberi e uguali con 1 membro. Ragionando in termini di ideologia anti-armi, un eventuale (ripetiamo, eventuale) asse M5S-Pd-LeU potrebbe portare a conseguenze ulteriormente spiacevoli per gli appassionati; d’altro canto in questi giorni l’asse più solido dell’attuale legislatura sembra essere costituito, invece, da M5S e Lega e quest’ultimo partito è senz’altro a noi favorevole.

Fonte by armi e tiro
 
Fanculo.....sta corda intorno al collo che ci hanno messo dal 92 ogni anno ne stringono sempre un po'... tra poco ci chiederanno anche di inviare giornalmente le analisi del sangue e se la nostra moglie o compagna si oppone non possiamo manco più cambiare il calibro del fucile!!!dicono per recepimanto di una normativa europea dello scorso anno....manco se al bataclan ci fossero andati con mitra legalmente detenuti!!!
 
Lo sgambetto sulla retroattività per le A6, A7 e A8


Il grido d'allarme lo ha lanciato il Comitato direttiva 477, e possiamo confermare che c'è un problema non da poco: il testo dello schema di recepimento della direttiva 2017/853 votato dal Consiglio dei ministri l'11 maggio presenta lievi differenze rispetto a quello finora diffuso, datato 10 maggio. Differenze lievi, sì, ma purtroppo assai significative per quanto riguarda i possessori delle armi che ricadranno nelle categorie A6 (demilitarizzate), A7 (semiauto con caricatori "maggiorati") e A8 (armi lunghe riducibili a una lunghezza inferiore a 60 cm con il ripiegamento o lo smontaggio del calcio, mantenendo la funzionalità). [h=2]Al 13 giugno 2017...[/h]
In sostanza, rispetto alla prima stesura dello schema, si è deciso (come avevamo temuto in tempi non sospetti) di introdurre l'obbligo di iscrizione a una federazione sportiva non già dall'entrata in vigore del decreto legislativo, bensì dall'entrata in vigore della direttiva europea, vale a dire dal 13 giugno 2017 anziché dal 14 settembre 2018. Questo significa, in pratica, introdurre nell'ordinamento giuridico nazionale una norma che ha valore retroattivo. E la cosa è particolarmente grave (al punto da essere a rischio incostituzionalità) in particolare per le armi della categoria A8, per le quali dopo l'entrata in vigore del decreto non sarà più ammessa la commercializzazione... ma sempre retroattivamente al 13 giugno 2017! Per di più non è chiaro cosa dovrebbero fare a questo punto coloro i quali le hanno comprate tra il 13 giugno 2017 e il 14 settembre 2018: le dovrebbero rottamare? Ma in tal caso la Costituzione prevede l'obbligo di congruo indennizzo! E poi, quali armi sono A8? Bisognerebbe che il Banco riesaminasse centinaia di modelli di armi per capire se togliendo il calcio si scenda sotto i 60 centimetri mantenendo l'utilizzabilità. Rischia di essere una mattanza...
[h=2]Le altre differenze[/h]
Rispetto alla prima stesura dello schema, la versione approvata dal consiglio dei ministri prevede un ulteriore aggravamento delle conseguenze in caso di dichiarazione mendace sull'obbligo di informare i conviventi maggiorenni del fatto che si è richiesta una autorizzazione in materia di armi: oltre al rischio di vedersi ritirare il porto d'armi (già presente nella prima stesura), risulta aggiunta una pesantissima sanzione pecuniaria, tra 2 e 10 mila euro.
Positiva, invece, la modifica della questione relativa alla rottamazione delle armi: i relativi costi non ricadranno su cittadini e armerie, bensì sarà previsto un fondo annuo di 300 mila euro.
Nella nuova stesura è anche prevista una precisa copertura finanziaria per gli oneri relativi all'istituzione del sistema informatico di tracciabilità, consistenti in 500 mila euro per il 2018, un milione per il 2019 e 300 mila euro dal 2020 in avanti.

Per leggere la stesura dello schema effettivamente votata dal consiglio dei ministri CLICCA QUI.


Fonte by armi e tiro
 
L’estensore del parere è stato il presidente della I Commissione affari costituzionali, Stefano Borghesi. Per commentare un parere decisamente positivo noi siamo riusciti a raggiungere, per ora, il senatore Massimo Candura, trevigiano, 44 anni (nella foto), che è effettivamente anche un appassionato di tiro sportivo e frequentatore di poligoni privati e del Tsn e ha seguito l’attività delle commissioni.
Senatore, adesso cosa succede?
«Dopo i pareri delle commissioni di camera e senato la palla passa al governo, al ministro Matteo Salvini e al sottosegretario Stefano Candiani. Loro potranno recepire le raccomandazioni delle commissioni, mentre le condizioni fissano confini della delega».
Mi ha detto che è soddisfatto…
«Sono soddisfatto per quello che reputo l’inizio del lavoro. L’eliminazione di limiti come quello dei caricatori, tra l’altro non previsto dalle direttiva, è per me importante come lo è per la categoria degli appassionati, categoria cui mi onoro di appartenere. Oppure l’ampliamento a 12 del numero delle sportive detenibili, anche se io avrei preferito che fossero illimitate... Siamo riusciti a lavorare molto bene con tutte le associazioni che ci hanno fornito contributi e ci hanno dato la dimensione corretta, non penalizzante per gli appassionati. Siamo all’inizio del percorso perché le leggi sulle armi, la 110, la direttiva 477 e le successive modificazioni si sono stratificate, grazie a non felici scelte dei legislatori del passato. Questo a detrimento della certezza del diritto. Ci sono ancora troppe zone d’ombra».
Avete subito tante critiche immotivate. Evocando il rischio del Far west.
«Non c’è nessun rischio di Far west. Non si può accettare questo clima di caccia alle streghe! E non si può accusare gli appassionati di essere terroristi. È ora di finirla: chi ha il porto d’armi è una brava persona. È incensurato e subisce una disamina severa per ottenerlo. Chiariamo questo equivoco di base: stiamo parliamo di un hobby sano e di sport che portano risultati a livello internazionale che non vanno dimenticati. Dal Tiro a volo, a quello accademico e al Tiro dinamico. Sono sport che richiedono un talento particolare e che sono ben regolamentati, sono meno pericolosi di molti altri sport».
Il decreto 2017/583 deve essere riscritto…
«La rispettiamo, è vincolante, ma non impedisce di inserire precisazioni senza che si pensi di aggirarla. La tracciabilità, per esempio, in Italia è scontata, altrove in Europa no. Tornando ai limiti della capienza dei caricatori, quella è stata un’invenzione italiana, che non ha nulla a che vedere con il contrasto al terrorismo. Il precedente decreto è stato creato dal governo precedente».
Le raccomandazioni sulla custodia e l’emanazione del regolamento sui poligoni privati hanno cerato qualche perplessità. Si ricorda che il regolamento predisposto dal ministero era molto penalizzante?
«Non ho nessuna intenzione di considerare quel regolamento. Ad agosto il senato si prende una pausa, ma noi lavoreremo comunque su una bozza di regolamento che poi confronteremo con tutti per verificarla. Partiamo ex novo, con l’ottica di dare certezza ai destinatari, avendo in mente che le attività non vengano danneggiate, che si possano svolgere con serenità e con sicurezza. Non vogliamo perseguitare nessuno, vogliamo semmai rendere più moderne le regole, anche quelle del Tsn che è carico di storia, ma anche del peso di normative inadeguate. Utilizzeremo lo stesso atteggiamento anche per la custodia: affidarsi alla discrezionalità di questori o prefetti creerebbe una vera giungla e disparità di trattamento sul territorio. E non vogliamo neppure incidere troppo sul portafoglio dei cittadini».

Fonte by armi e tiro
 
Gianluca Vinci è deputato della Lega, eletto nel collegio plurinominale Emilia-Romagna 04, e in queste ultime settimane il suo nome è girato parecchio tra gli appassionati di armi e tra gli addetti ai lavori del comparto armiero, in quanto è stato relatore nella commissione di cui è vice presidente, la 1[SUP]a[/SUP] Affari costituzionali, del parere di recepimento della normativa europea 2017/853. A differenza di quello che qualche suo detrattore ha tentato di far passare, Vinci non ha legami con il mondo delle armi e a spiegare il perché si sia candidato al ruolo di relatore è lui stesso: «Ho fatto per parecchi anni l’avvocato e mi è spesso capitato di avere a che fare con le criticità della normativa italiana. Io sono convinto che chi ha il porto d’armi sia un cittadino trasparente e irreprensibile e, quindi, ho messo a disposizione il mio contributo per migliorare il quadro normativo».
Lo abbiamo sentito in una pausa dei lavori della camera e gli abbiamo chiesto se sia soddisfatto della maratona che ha portato la commissione a licenziare il parere richiesto dal governo: «Abbiamo fatto cose di buon senso, attenendoci al perimetro imposto dalla direttiva europea, con l’obiettivo di non deprimere il settore nel suo complesso e senza alcun approccio preconcetto. L’esatto opposto di quanto fatto dal governo Gentiloni: in quel caso, il documento partorito era palesemente sbilanciato a sinistra. Noi lo abbiamo ripulito da incrostazioni ideologiche, dando vita a un parere più tecnico e con un profilo molto più istituzionale».

Qual è stato il contributo del settore armiero?

«Credo si sia trattato di uno dei rari casi in cui l’apporto di idee del settore coinvolto è stato positivo, concreto, chiaro. Abbiamo dato la parola ai produttori, agli armieri, agli sportivi e a tutti quelli che potessero offrire un valido contributo, compresi i tecnici del ministero dell’Interno. Sui giornali sono state scritte cose false e la condivisione anche con le altre forze politiche è stata superiore a quanto si possa credere guardando da fuori il lavoro svolto».

Però, siete stati accusati di voler favorire la lobby delle armi...

«Ma quale lobby delle armi! Abbiamo ascoltato esperti, mica potevamo dare la parola agli agricoltori o ai pescatori! Dirò di più: alcuni esponenti del pd hanno voluto buttare tutto in caciara, ma all’interno della commissione chi ha rappresentato il partito democratico mi ha dato atto del fatto che sia stato svolto un buon lavoro e che alcune delle decisioni prese andavano incontro anche alle loro aspettative. Anche il tormentone delle vendite on-line delle armi è stato costruito a tavolino, un caso mediatico creato apposta che si appoggiava sul nulla. Il problema è che il pd, quando governava, era abituato a presentarsi in commissione con la pappa già pronta, mentre la nostra modalità è stata totalmente diversa: ci siamo confrontati, abbiamo discusso e ascoltato gli esperti, poi abbiamo messo a punto un documento che stesse nel solco della direttiva europea, senza ulteriori restrizioni non richieste, come fatto in precedenza dal pd».

Quali sono i punti del parere espresso dalla commissione che ritiene più interessanti?

«Sono riuscito a far ricredere Gennaro Migliore e tutto il pd sulla volontà di inserire la necessità di avvisare il convivente del possesso di un’arma. Lo strumento dell’autocertificazione, in questo caso, sarebbe stata un’arma a doppio taglio, che avrebbe finito per penalizzare i possessori di armi. E poi, è già prevista dal decreto 204/2010, inutile sovrapporre un’ulteriore norma. Credo sia molto più utile l’indicazione che abbiamo fornito al governo di creare una banca dati aggiornata sui possessori e incrociare questi dati con quelli delle Asl, per monitorare in tempo reale le condizioni psicofisiche di chi detiene armi. Su questa mia proposta, lo stesso pd ha dovuto ammettere che si stava andando verso la direzione giusta, senza introdurre inutili vessazioni e appesantimenti burocratici per gli appassionati di armi e gli sportivi. Molto importante è stato anche il passaggio sulle A6 (armi demilitarizzate, ndr) e sulle A7 (le future B9, oggi B7, con caricatore di capacità maggiorata, ndr): trovo giusto e logico aver inserito che possano essere detenute anche a fini collezionisti e non soltanto per l’impiego sportivo».

Su questo controverso punto o su altri avete subito pressioni da parte del ministero?

«Nessuna pressione, è stata rispettata la sovranità del parlamento e abbiamo avuto libertà di manovra a 360°. In un primo momento, sulle A6 il ministero sembrava chiudere, poi ho spiegato i motivi perché si doveva introdurre anche la possibilità di collezionare questa tipologia, primo su tutti il fatto che si tratta di una prerogativa prevista dalla stessa direttiva europea. E io non ho permesso che fossero introdotte misure penalizzanti oltre a quanto previsto dalla direttiva. Aggiungo, per chi non l’avesse capito, che terroristi e criminali comuni le armi le trovano facilmente, ma, di certo, non attraverso i canali del commercio legale di armi».

Che cosa ci dobbiamo aspettare ora dal governo in fase di recepimento?

«Ci tengo a ricordare che i pareri richiesti alle commissioni non sono vincolanti e nulla cambia se nel documento si parli di pareri o di osservazioni, come qualcuno ha voluto far credere in riferimento al parere espresso dalla commissione del senato. Il governo ci ha garantito che si atterrà a quanto è contenuto nei pareri delle commissioni di camera e senato e per questo credo che a recepimento avvenuto il settore armiero si ritroverà in una situazione migliore, senza questioni in sospeso. Il decreto di recepimento emanato dal governo presenterà qualche restrizione in più rispetto al passato, ma sempre nei limiti indicati dalla direttiva europea e, soprattutto, mai frutto della volontà di punire e deprimere il settore. Anzi, il nostro parere è stato obiettivo e frutto della consultazione con i rappresentanti del settore armiero, niente a che vedere con i governi precedenti che elaboravano documenti conseguenza del capriccio ideologico del politico di turno».

C’è un passaggio, però, che preoccupa: si parla di assegnare al ministero dell’Interno il compito di classificare le armi da immettere sul mercato italiano.

«Questo punto è stato fortemente caldeggiato dal Movimento 5 stelle. Si tratterà di verificare attraverso quale strumento di controllo centralizzato sarà reso operativo. L’importante è non ricreare un carrozzone burocratizzato come accadeva prima del 2011».


Fonte by armi e tiro
 
Veramente è per il momento uno schema preliminare (ovvero bozza di decreto legislativo che dovrebbe ora passare all'esame dell'apposita commissione), pertanto attualmente non è ancora in vigore.
 
Assoarmieri incontra la sua "base"


Si è svolto il 09.07.2018 a Castelfranco veneto (Tv) il primo appuntamento organizzato da Assoarmieri per incontrare le armerie sul territorio (in questo caso, nell’area del Triveneto): tema conduttore, la situazione della legislazione e della burocrazia in materia di armi in concomitanza con l’attualità dell’iter di recepimento della direttiva europea 2017/853, e gli aspetti pratici della nuova normativa europea sulla privacy. Relatori, l’esperto balistico Emanuele Paniz; Fulvio Cenci, responsabile da oltre due anni della segreteria tecnica di Assoarmieri e del filo diretto di assistenza “pronto Assoarmieri”; Ruggero Pettinelli, caposervizio di Armi e Tiro. Durante i lavori si sono affrontate diverse problematiche: dalla Direttiva armi alla legittima difesa, con un interessante e gradito intervento anche da parte del senatore Massimo Candura (Lega Nord).
Agli armieri presenti che hanno partecipato attivamente al confronto, Assoarmieri ha distribuito documenti di lavoro inerenti alla difesa legale contro le revoche e sospensioni delle licenze con pronunce e decisioni del Tar e Consiglio di Stato per meglio comprendere la situazione normativa.
“Con questa nuova attività”, ha commentato il presidente Antonio Bana, “Assoarmieri ha ripreso la sua attività divulgativa sul territorio, molto importante per confrontarsi con il settore; tra le prossime iniziative ricordo l’incontro presso la Beretta a Gardone Val Trompia, lunedì 16 luglio, con il procuratore generale di Brescia dottor Dell’Osso, la magistratura e l’università di Milano. Verrà, inoltre, organizzato con lo studio legale Ruccellai e Raffaelli di Milano, tra i massimi esperti sul territorio, un incontro presso la sede di Milano con un tavolo di lavoro interattivo sulla Privacy e il nuovo regolamento (Gdpr) attraverso una nuova collaborazione legale con le armerie e il comparto armiero. Ringrazio vivamente tutti i consiglieri del Veneto che hanno reso possibile questo primo incontro!”.

Fonte by armi e tiro
 
I Familiari sino a che grado di parentela?
Una volta avvisati che faranno decideranno se venire a casa mia o meno?
E agli amici che vengono a farmi visita no?
Che str.......ta.
 
Scusate,si tratta di decreto legislativo,non decreto legge,quindi non ha bisogno dei 60 gg per essere confermato,ma è una legge valida nella sua pienezza.



siamo sicuri ci sia differenza, perché molte volte si tratta solo di diversi modi per indicare la stessa cosa, ad ogni modo son cazzi......
 


Imbarazzante!!!
Siamo più o meno sul livello delle leggi in materia di sicurezza sul lavoro in Italia.....
Sull'onda emotiva delle tanti...troppe...morti sul lavoro si reagisce emettendo nuovi leggi in materia che altro non sono che il continuo...e inutile..recepimento di leggi vecchie di 50-60 anni...
Si perchè le ns normativa è avanti anni luce rispetto alla media europea...l'applicazione un pò meno....
 
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