La consigliera regionale Di Meo chiede lo stop agli abbattimenti. L’assessore interviene.
“Fermare la pratica barbara e incivile della caccia alla volpe”. È la richiesta che arriva in Regione da parte della consigliera dei VerdiGabriella Meoin merito al piano di abbattimento di 350 volpi sul territorio ferrarese, che ha sollevato durante l’ultima settimana numerose critiche da forze politiche dei vari gli schieramenti.
Dopo l’interrogazione in provincia giunta dal gruppo Pdl, questa volta è la rappresentante in Regione dei Verdi a interrogare la giunta – in sede regionale – chiedendo di sospendere una pratica che giudicata, “oltre che contraria all’etica, anche controproducente”. “Voglio ricordare che la caccia in tana è un qualcosa di davvero crudele: si svolge utilizzando mute di cani che scavano nelle tane, trascinano via, sbranandoli, i cuccioli con i loro genitori, mentre ai fuggiaschi è riservato il fucile, appena usciti allo scoperto. Ed il periodo autorizzato, da gennaio a luglio, coincide proprio con la gravidanza, la nascita e lo svezzamento dei cuccioli di volpe. Ma la caccia alla volpe non è solo feroce, è anche poco intelligente: la volpe, se lasciata viva, potrebbe ridurre notevolmente gli emolumenti che le Province devono pagare ogni anno per i danni all’agricoltura provocati da fagiani e lepri”.
Argomenti di fronte ai quali Calderoni obietta che “in questa situazione non stiamo parlando di caccia alla volpe, ma di un’attività di contenimento dei danni che vengono provocati da questa specie all’agricoltura e agli allevamenti. Le volpi provocano innanzitutto un rischio idraulico, legato alle tane che, un po’ come le nutrie, scavano negli argini dei canali, indebolendone la tenuta. Bisogna poi considerare i danni che questi animali creano negli allevamenti degli animali di bassa corte, ad esempio il pollame, e il rischio di contagio di alcuni morbi particolarmente insidiosi, come la trichinella e la rabbia silvestre: se anche un solo animale di un allevamento di suini venisse contagiato, determinerebbe la distruzione di tutti i capi presenti”.
Calderoni però non issa dei muri, anzi. Si dice disposto “ad aprire un confronto nel merito delle modalità di intervento”. E questo nonostante “non sia arrivata mai una opposizione alla delibera; sono pronto a confrontarmi su forme di prevenzione ecologiche e non cruente”. Anche perché, fa notare sempre l’assessore provinciale, le soluzioni diverse dall’abbattimento, come l’utilizzo di esche vaccinanti (per eliminare i contagi) o sterilizzanti (per tenere sotto controllo la popolazione) “risolvono solo un ambito del problema ma senza toccare gli altri. Ad esempio l’utilizzo di esche non eliminerebbe il rischio idrico per gli argini, o i danni provocati agli allevamenti di pollame. Posso assicurare che da parte nostra, prima dell’attuazione del piano, abbiamo verificato che fossero state adottate su tutto il territorio misure di prevenzione ecologiche – ad esempio le recinzioni negli allevamenti o la manutenzione dei canali – che giustifichino il ricorso a questo mezzo estremo dell’abbattimento dei capi. Siamo disponibili a discutere con tutti i cittadini sulle modalità con cui portare avanti il controllo delle volpi sul territorio, che però d’altro canto non possiamo evitare di effettuare”.
Oggi intanto Calderoni ha incontrato anche i responsabili dell’associazione animalista Lav, che sul proprio sito internet ipotizzava di denunciare la Provincia di Ferrara alla Procura della Repubblica. Un’idea appoggiata anche dalla Di Meo, ma di fronte alla quale l’assessore si mostra sicuro. “Peccato che queste modalità di intervento vengano decisi dalla Regione, e credo che la consigliera debba relazionarsi anche con l’ente di competenza. Non per niente le stesse attività di controllo della volpe sono in vigore anche a Modena, Bologna e Reggio Emilia. Per quanto riguarda una eventuale denuncia, le cose vengono archiviate quando non sono fondate, e in questo caso non c’è alcuna fattispecie di reato. E anche dal punto di vista amministrativo l’iter ormai è concluso: c’erano 60 giorni di tempo per fare ricorso al Tar e 120 per presentarlo al presidente della Repubblica, ma da dicembre, quando è passata la delibera, nessuno l’ha impugnata. Eppure le associazioni avrebbero dovuto sapere che stava per entrare in atto, vista che viene riproposta ogni tre anni”.