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[h=1]Svensmark: Il Global Cooling è cominciato, godetevi il Global Warming finchè dura! (seconda parte)[/h]
In un articolo pubblicato sulla rivista Principia Scientific International, scritta dallo stesso Svensmark, viene criticato l’approccio climatico dell’IPCC, che non tiene in alcun conto la variazione dell’attività solare nell’ultimo secolo (o nei secoli precedenti).
Ricorda le variazioni del clima nel passato, durante il quale la temperatura della Terra è variata considerevolmente, passando, ad esempio, dal clima caldo medievale, tra il 1000 ed il 1300, quando la Groenlandia era abitabile, e la Cina raddoppiò la sua popolazione.
Mentre, dopo il 1300, cominciò la ben nota Piccola Età Glaciale, con i frequenti cattivi raccolti in Europa, l’avanzata dei ghiacciai sulle montagne di tutto il mondo.
La Piccola Età Glaciale terminò dopo la metà del XIX Secolo, quando il Sole ricominciò ad avere un’attività sempre più forte, tanto che quella degli ultimi 50 anni viene considerato il periodo di massima attività solare degli ultimi 1000 anni!
Secondo Svensmark, tale periodo è coinciso con quel Global Warming che gli scienziati del clima attribuiscono interamente all’incremento di CO2 nell’atmosfera.
La ragione per la quale l’IPCC non crede all’influenza dei cambiamenti dell’attività solare sul clima, sta nel fatto che il solo valore considerato è quello della radiazione solare, mentre, secondo la teoria dello scienziato, a cambiare è soprattutto il flusso di raggi cosmici, che contribuiscono alla formazione degli aerosol, che a sua volta provocano un incremento della nuvolosità sul nostro Pianeta.
Gli esperimenti hanno dimostrato che durante una grande Eruzione Solare, quando il vento solare è fortissimo, crolla il livello dei raggi cosmici che impattano sull’atmosfera terrestre, e la copertura nuvolosa può calare di oltre il 4%, e la quantità di vapore acqueo del 7%.
Il crollo dell’attività magnetica del Sole che sta avvenendo a partire dagli anni Duemila, potrà dunque, stando a Svensmark, essere determinante per causare un imponente raffreddamento climatico sulla Terra, che contrasterebbe fortemente con le previsioni modellistiche che danno al contrario un forte riscaldamento in arrivo.
Nell’immagine, il Mare del Nord congelato nel Febbraio del 1658, un periodo di attività solare completamente nulla.
Freddofili
In un articolo pubblicato sulla rivista Principia Scientific International, scritta dallo stesso Svensmark, viene criticato l’approccio climatico dell’IPCC, che non tiene in alcun conto la variazione dell’attività solare nell’ultimo secolo (o nei secoli precedenti).
Ricorda le variazioni del clima nel passato, durante il quale la temperatura della Terra è variata considerevolmente, passando, ad esempio, dal clima caldo medievale, tra il 1000 ed il 1300, quando la Groenlandia era abitabile, e la Cina raddoppiò la sua popolazione.
Mentre, dopo il 1300, cominciò la ben nota Piccola Età Glaciale, con i frequenti cattivi raccolti in Europa, l’avanzata dei ghiacciai sulle montagne di tutto il mondo.
La Piccola Età Glaciale terminò dopo la metà del XIX Secolo, quando il Sole ricominciò ad avere un’attività sempre più forte, tanto che quella degli ultimi 50 anni viene considerato il periodo di massima attività solare degli ultimi 1000 anni!
Secondo Svensmark, tale periodo è coinciso con quel Global Warming che gli scienziati del clima attribuiscono interamente all’incremento di CO2 nell’atmosfera.
La ragione per la quale l’IPCC non crede all’influenza dei cambiamenti dell’attività solare sul clima, sta nel fatto che il solo valore considerato è quello della radiazione solare, mentre, secondo la teoria dello scienziato, a cambiare è soprattutto il flusso di raggi cosmici, che contribuiscono alla formazione degli aerosol, che a sua volta provocano un incremento della nuvolosità sul nostro Pianeta.
Gli esperimenti hanno dimostrato che durante una grande Eruzione Solare, quando il vento solare è fortissimo, crolla il livello dei raggi cosmici che impattano sull’atmosfera terrestre, e la copertura nuvolosa può calare di oltre il 4%, e la quantità di vapore acqueo del 7%.
Il crollo dell’attività magnetica del Sole che sta avvenendo a partire dagli anni Duemila, potrà dunque, stando a Svensmark, essere determinante per causare un imponente raffreddamento climatico sulla Terra, che contrasterebbe fortemente con le previsioni modellistiche che danno al contrario un forte riscaldamento in arrivo.
Nell’immagine, il Mare del Nord congelato nel Febbraio del 1658, un periodo di attività solare completamente nulla.
Freddofili