58beppe

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Panie e vischio: per la cassazione è sempre reato di uccellagione, non caccia con mezzi vietati
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE


SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) *****
avverso SENTENZA del 04/05/2001 TRIBUNALE di PONTEDERA;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott.XXXX;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. XXXXX che ha concluso per: inammissibile il ricorso;
Udito il difensore Avv. **** (Roma).

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza 5.5.2001, il Tribunale di Pisa ha ritenuto l'imputato **** responsabile - condannandolo alla pena di giustizia - del reato previsto dall'art. 30 c. 1 lett. e) L. 157/1992 per avere esercitato l'uccellagione mediante l'uso di bastoncini cosparsi di una sostanza adesiva (panie).

Per l'annullamento della sentenza, **** ricorre in Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che manca qualsiasi prova circa l'efficacia del mezzo usato dal momento che nessun volatile è stato catturato;
- che, per la configurazione del reato di uccellagione, necessita che lo strumento utilizzato risulti potenzialmente suscettibile di una cattura indiscriminata con possibile impoverimento dell'avifauna;
- che tale situazione non era configurabile nel caso concreto per cui la fattispecie deve essere inquadrata nella diversa ipotesi di reato di cui agli artt. 13, 30 c. 1 lett. h) L. 157/1992 per la quale deve essere consentito all'imputato di accedere alla oblazione. Il Collegio ritiene che le deduzioni non siano meritevoli di accoglimento per cui il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. L'attività venatoria consentita e legale è solo quella diretta "all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impegno dei mezzi di cui all'art. 13" della L. 157/1992 (fucili con canna liscia o rigata con le limitazioni e specificazioni previste nello stesso articolo); per esclusione, deve intendersi attività venatoria illegale quella, sempre diretta all'abbattimento o alla cattura, ma effettuata mediante mezzi diversi dai ricordati. Tale condotta è sanzionata con la sola pena pecuniaria dall'art. 30 c. 1 lett. h) L. 157/1992, mentre la lett. e) dello stesso articolo punisce con arresto ed ammenda chi "esercita l'uccellagione". Dal contesto normativo, è chiaro che il Legislatore considera come attività distinte, che offendono diversamente il bene giuridico protetto e sono diversamente punite, la cattura di volatili con mezzi vietati e l'esercizio venatorio con strumenti da uccellagione. La linea di demarcazione tra la caccia in senso stretto e la uccellagione sta nello strumento usato in quanto con la fattispecie prevista dall'art. 30 c. 1 lett. e) L. 157/1992 il Legislatore ha inteso sanzionare in modo specifico i sistemi di cattura di uccelli, peculiari rispetto ad altri metodi, che comportano sofferenza per i volatili e possono determinare depauperamento della fauna a prescindere dalla circostanza che, in concreto, gli animali siano stati abbattuti; per la integrazione della fattispecie, è sufficiente l'esercizio effettivo della tecnica speciale di cattura dei volatili vietata dalla legge. Tanto premesso, il problema che il ricorrente pone consiste nello stabilire se il metodo di cattura in concreto usato dall'imputato rientri nella nozione di uccellagione. Sul punto, il Collegio ritiene che la conclusione del Giudice di merito sia condivisibile in quanto la cattura di uccelli con mezzi fissi di impegno non momentaneo e, comunque, diversi da armi da sparo (reti, panie ecc.) ha, rispetto ad altre forma di caccia, una potenzialità offensiva più indeterminata con conseguente pericolo, sia pure parziale, di impoverimento della fauna selvatica e comporta maggiore sofferenza biologica per i volatili.
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P.Q.M.
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La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 16 marzo 2004.
 
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