Taglio code, per il tar del lazio no a divieto assoluto

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L’ufficio sportivo FIDC informa i cacciatori cinofili che pochi giorni fa il TAR Lazio ha accolto il ricorso di alcuni club di razza, allevatori e medici veterinari per l'annullamento del divieto di caudotomia come disciplinato dall'Ordinanza 23 marzo 2011 del Ministero della Salute e che era già stata sospesa dal TAR un anno fa.

Il Tribunale Amministrativo del Lazio si è pronunciato sul ricorso per l'annullamento dell'ordinanza "nella parte in cui vieta, all'art. 2 lett. d), gli interventi chirurgici destinati a modificare la morfologia di un cane o non finalizzati a scopi curativi, nonché alla lettera e) la vendita, l'esposizione e la commercializzazione di cani sottoposti agli interventi chirurgici di cui alla lettera d)".
L’ordinanza colpiva in particolare razze come Spinoni, Bracchi Italiani, Kurzhaar, Drahthaar, Spinger Spaniel ed altri destinati a svolgere attività sportiva e/o venatoria e conseguentemente allevatori, addestratori, cinofili e proprietari di esemplari appartenti a queste razze, ma anche gli stessi medici veterinari.

Il Tar ha ritenuto condivisibili i rilievi mossi dai ricorrenti riferiti ad un contrasto ("sintomatico d'illegittimità") delle disposizioni dell'ordinanza con la circolare interpretativa del Ministro della Salute in data 16.3.2011, emanata ad illustrazione della Convenzione Europea di Strasburgo del 13.11.1987 (ratificata con legge n. 201/2010 e poi entrata in vigore in Italia il 1°.11.2011).

Nella circolare del Ministro vengono "ritenuti legittimi e consentiti gli interventi preventivi di caudotomia, effettuati da un medico veterinario su giudizio motivato e certificato dello stesso, "sui cani impegnati in talune attività di lavoro, nonché in quelle di natura sportivo-venatoria spesso espletate in condizioni ambientali particolari, quali zone di fitta vegetazione che, comportando un elevato impegno motorio, espongono notoriamente l'animale al rischio di fratture, ferite, e lacerazioni della coda, con ripercussioni sulla salute e sul benessere psico-fisico dell'animale".

La circolare del Ministro "è pienamente coerente, d'altra parte, con l'art. 10 della ridetta convenzione europea, la quale, pur vietando in generale gli interventi chirurgici destinati a modificare l'aspetto di un animale da compagnia per scopi non curativi, li consente tuttavia "se un veterinario considera un intervento non curativo necessario sia per ragioni di medicina veterinaria, sia nell'interesse dell'animale".

L'Ordinanza impugnata era già stata sospesa dal TAR per mancanza dei presupposti di urgenza. In materia di caudotomia valgono quindi le disposizioni della Convenzione Europea, ratificata come legge dello Stato italiano.
 
Re: Taglio code, per il tar del lazio no a divieto assoluto

Integrale della sentenza
N. 07759/2012 REG.PROV.COLL.
N. 07164/2011 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7164 del 2011, proposto da:
Massimiliano Giardino, Domenico Muia' e Monica Oliva, rappresentati e difesi dagli avv.ti Massimo Occhiena e Aristide Police, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via di Villa Sacchetti, 11;

contro
Ministero della Salute, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di
Associazione Ente Protezione Animali (ENPA), non costituito;

per l'annullamento
dell'ordinanza con tingibile e urgente del 22.3.2011, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 13 maggio 2011, avente ad oggetto: "differimento del termine di efficacia e modificazioni dell'ordinanza del ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 3.3.2009, concernente la tutela dell'incolumita' pubblica dall'aggressione dei cani";

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Salute;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore designato per l'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2012 il Cons. Domenico Lundini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
I ricorrenti sono proprietari e allevatori di cani di razza dobermann ed impugnano, assumendo di esserne gravemente pregiudicati, l’ordinanza del Ministero della Salute in data 22.03.2011 (avente ad oggetto: “Differimento del termine di efficacia e modificazioni dell'ordinanza del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 03.03.2009, concernente la tutela dell'incolumita' pubblica dall'aggressione dei cani).
La contestazione involge, stando a una sostanziale lettura del ricorso che ne occupa, l’ordinanza predetta del 22.3.2011 nella parte in cui, nel modificare appunto la precedente ordinanza contingibile ed urgente del 3.3.2009, da un lato sostituisce, all’art. 2, comma 1, la lettera d), conseguentemente vietando “gli interventi chirurgici destinati a modificare la morfologia di un cane o non finalizzati a scopi curativi in conformità della Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, ratificata con la legge 4 novembre 2010, n. 201”, dall’altro, modifica la lettera e), vietando, oltre alla vendita e alla commercializzazione, la stessa esposizione dei cani sottoposti agli interventi chirurgici di cui alla precedente lettera d).
La specifica e prioritaria questione che viene in rilievo nel ricorso di cui trattasi, con riferimento alla contestata ordinanza, è quella del taglio di parti anatomiche dei cani (per i dobermann, in particolare, il taglio della coda e delle orecchie) che i ricorrenti assumono peraltro essere pratica seguita, nella prima settimana di vita dei cuccioli, per esemplari di certe razze di cani a pelo raso (come il bracco italiano o il dobermann), al fine di ovviare alle continue ferite difficili da curare che altrimenti il cane si procurerebbe nell’attività di ricerca da essi praticata e dovute a rovi, sterpi ed arbusti. Inoltre, precisano ancora i ricorrenti, le pratiche in questione rispondono agli stessi standard della razza canina specifica di cui è custode la Federazione Cinologica Internazionale ed il cui rispetto è fondamentale per chi si occupa, come appunto gli opponenti, di allevamento e riproduzione di cani. Di modo che, prospettano ancora i ricorrenti, è chiaro lo stravolgimento determinato dall’ordinanza impugnata che, apportando modifiche all’O. M. del 2009:
- vieta in tutto e per tutto il taglio delle code e delle orecchie, a fronte del rinvio all’art. 10 della Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, ratificata con L. 4.11.2010, n. 201 (art. 1, lett. b, primo trattino, dell’ordinanza impugnata);
- vieta anche l’esposizione, oltre che la vendita e commercializzazione, di cani sottoposti a conchectomia o caudotomia (art. 1, lett. b, secondo trattino, dell’ordinanza impugnata).
Ciò posto, gli istanti deducono, avverso l’ordinanza in impugnativa (la quale fa seguito ad una serie di precedenti ordinanze, contenenti peraltro disposizioni, in tema di caudotomia, non sempre radicalmente inibitorie, come invece quella che ne occupa, considerato, in particolare, che con ordinanza del 28.3.2007, confermata sul punto dalla successiva ordinanza del 3.3.2009, il Ministero, nel mantenere il divieto del taglio della coda dei cani, ha tuttavia inserito specifica eccezione al riguardo per i cani appartenenti alle razze canine con caudotomia prevista dallo standard, da eseguirsi e certificarsi da parte di un medico veterinario entro la prima settimana di vita dell’animale), nove articolati motivi di censura, ex adverso ai quali controdeduce tuttavia l’Amministrazione intimata e costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.
Tanto premesso, rileva il Collegio che l’ordinanza in contestazione (avente natura di ordinanza contingibile e urgente, essendo fondata sul concorrente richiamo delle esigenze di tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani e degli artt. 32 della legge n. 833/1978 e 117 del D.Lgs. n. 112/1998, in tema di sanità pubblica e polizia veterinaria) è stata già sospesa in via cautelare da questo Tribunale, nell’ambito del presente giudizio, con ordinanza n. 3967 del 27.10.2011, con riferimento, tra l’altro, sotto il profilo del fumus, alla contraddittorietà con altri provvedimenti, di poco antecedenti o successivi, della medesima amministrazione ed all’insussistenza, altresì, dei presupposti giustificativi dell’atto costituiti dalla sua indifferibilità ed urgenza.
Passando al merito, ritiene il Collegio di dover prioritariamente rimarcare che il proposto ricorso presenterebbe aspetti d’improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, dato che, nella stessa odierna camera di consiglio, dopo la discussione in pubblica udienza, è già stato esaminato ed accolto, con annullamento delle disposizioni dell’ordinanza del 22.3.2011 anche in questa sede oggetto d’impugnativa, altro ricorso (n. 6502/2011), avente ad oggetto analoga questione d’illegittimità del divieto generalizzato di taglio di parti anatomiche dei cani pur in presenza delle eccezioni consentite da altri coevi atti ministeriali e dalla stessa Convenzione Europea ratificata con L. n. 201/2010. Ebbene, tale annullamento potrebbe ritenersi giovare anche agli stessi proponenti il gravame in trattazione, sulla base del principio per cui la decisione di annullamento, che per i limiti soggettivi del giudicato esplica in via ordinaria effetti soltanto fra le parti in causa, acquista efficacia erga omnes nei casi in cui gli atti impugnati siano (come appunto nella concreta fattispecie all’esame) a contenuto generale inscindibile ovvero a contenuto normativo, nei quali gli effetti dell'annullamento non sono circoscrivibili ai soli ricorrenti, essendosi in presenza di un atto sostanzialmente e strutturalmente unitario, il quale non può esistere per taluni e non esistere per altri (cfr. CdS, sez. III, 20 aprile 2012, n. 2350).
Ritiene tuttavia il Collegio di poter prescindere da una definizione del ricorso de quo nei termini d’improcedibilità sopra cennati, poiché la valutazione favorevole, in punto di fumus boni iuris, dell’impugnativa mossa dagli istanti, già espressa nella fase cautelare, può essere confermata anche in questa sede di merito, nei termini qui di seguito sinteticamente esposti.
Invero, sono in particolare condivisibili i rilievi dei ricorrenti relativi alla mancanza, nell’atto impugnato (in parte qua), della grave, improvvisa ed impellente necessità pubblica che sostanzi nella specie i necessari caratteri dell’indifferibilità e dell’urgenza, trattandosi del divieto immotivato di una pratica seguita da lungo tempo per cani di determinate razze (e non quindi di esigenze improvvisamente e inaspettatamente intervenute) attraverso un provvedimento (peraltro di proroga di precedenti ordinanze ed incidente anche su aspetti –quali quelli di cui alla lettera e)- aventi riflessi economico imprenditoriali) destinato durare nel tempo per un periodo (di 24 mesi) che non sembra compatibile con la straordinarietà insita nelle ordinanze della specie. Al riguardo, va infatti considerato che il requisito della contingibilità -di cui anche all'art. 32 della legge 23 dicembre 1978 n. 833- implica che la situazione di emergenza sia oggettivamente tale da poter essere fronteggiata con un provvedimento la cui esecuzione non duri più di un breve lasso di tempo (cfr., al riguardo, CdS, IV, n. 605 del 06-12-1985). Né risulta adeguatamente specificato, nell’atto, l’eventuale pericolo per l’incolumità pubblica.
Sulla base delle considerazioni di cui sopra e con assorbimento di ogni profilo di censura non esaminato, il proposto ricorso dev’essere accolto, con annullamento, per l’effetto, dell’O. M. 22.3.2011, limitatamente alle disposizioni contestate e fatti salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
La peculiarità della questione trattata induce tuttavia il Collegio a ravvisare sufficienti ragioni giustificative per la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ed annulla, per l’effetto, il provvedimento impugnato, nei termini e limiti specificati in motivazione.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Italo Riggio, Presidente
Maria Luisa De Leoni, Consigliere
Domenico Lundini, Consigliere, Estensore
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 
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